Inutile girarci intorno: ci attendono due mesi e mezzo di campagna elettorale al veleno. E solo la sera del 31 maggio potremo capire se e quale alternativa si può disegnare al governo Renzi. Sarà il vaglio elettorale a definire chi ha più filo da tessere. E ogni mossa da qui a quella data andrà interpretata in quest’ottica.
Il centrodestra sembra davvero all’anno zero. Il big bang è partito da Verona, dove è ufficialmente andato in frantumi il partito che rivendicava la guida del centrodestra al posto dell’agonizzante Forza Italia. Adesso la confusione è massima. A contendersi l’eredità di un Berlusconi che è tornato libero di muoversi e non ha alcuna intenzione di farsi da parte non c’è solo la destra lepenista di Salvini. C’è Fitto che vuole ricostruire la balena azzurra, ma soprattutto c’è Tosi che guarda più al centro, verso Alfano, Cesa e Passera, che a destra.
Senza dubbio il fatto nuovo è costituito dal sindaco di Verona. Leghista eretico da molto tempo, è finito in rotta di collisione con Salvini perché non ha accettato di cedergli il passo. La svolta nazionale Tosi l’ha fatta prima di Salvini, proprio con quella fondazione che è diventata ragione della sua espulsione. Ma i sondaggi erano tutti dalla parte di Salvini, e la rottura è diventata inevitabile.
Quella di Tosi è dichiaratamente una scommessa nazionale, e la sua strada potrebbe incrociarsi presto con quella di Fitto. Di sicuro finirà per incontrarsi con quella di Alfano e Passera. Agli occhi dell’elettorato tradizionalmente leghista queste compagnie sono però piombo nelle ali, ed è difficile che Tosi non se ne renda conto. E’ più realistico pensare che sua intenzione sia staccare una piccola parte dell’elettorato del Carroccio, lanciandosi alla conquista degli orfani del Pdl, da nord a sud.
Nella contesa veneta Tosi rischia seriamente di non vincere, ma neppure di impedire la vittoria di Zaia. Una sconfitta, inevitabilmente, ne ridimensionerebbe le ambizioni. Conseguire, invece, il risultato minimo di far perdere Zaia gli consentirebbe di mettere in crisi il piano di Salvini di conquistare la guida del centrodestra, ed esercitare una grande forza attrattiva nei confronti di quanti oggi rimangono sotto l’insegna di Alberto da Giussano in base a calcoli di convenienza e di potere.
In Veneto, infatti, Salvini e Zaia si giocano il tutto per tutto. Il rischio per il capo leghista è di scoprire di avere ampliato a dismisura il proprio bacino elettorale al sud, scoprendosi indebolito nella più tradizionale delle roccaforti del Carroccio. Al momento i sondaggi gli danno ragione. Il più pessimistico darebbe il 38% a Zaia, il 35 alla Moretti e il 12 a Tosi. Sarà quindi battaglia all’ultimo voto, e tutto può succedere. La disfida veneta ha assunto un tale valore nazionale che sarà all’ultimo sangue. E l’antipasto si vede nell’offensiva sulle quote latte sferrata in grande stile dal Pd a livello nazionale con l’obiettivo evidente di mettere Zaia in cattiva luce.
In questi mesi Salvini è stato il maggior beneficiario del vuoto venutosi a creare con la marginalizzazione di Berlusconi, ristretto a Cesano Boscone e dintorni. Con parole d’ordine chiare e facili come lotta alla disoccupazione, uscita dall’euro e stop all’immigrazione clandestina, ha conquistato consensi sino a ieri impensabili. Dichiaratamente il suo modello è quello di Marine Le Pen, una destra d’ordine e nazionale. Uno spostamento verso l’estrema che fa dire ai renziani che il leader del Carroccio sarebbe l’avversario più facile da battere alle elezioni politiche. Un altro 12-15% in frigorifero alla Grillo, o giù di lì.
Smentire questa immagine non sarà facile per Salvini, così come superare Berlusconi senza rompere con lui. Il ritorno dell’ex Cavaliere sulla scena costituisce un ulteriore elemento che rimescola le carte. Il dilemma che egli si trova di fronte è arduo: o tornare a dialogare con Renzi, oppure imboccare in maniera risoluta e definitiva la via dell’opposizione a braccetto con Salvini.
Il leader leghista è convinto che i moderati in Italia siano talmente arrabbiati dalle scelte della sinistra da non essere più affatto moderati. Berlusconi non è dello stesso avviso, ma la sua indecisione condiziona le scelte di tutti gli attori della politica. La sede di Forza Italia è in via di dismissione, i dipendenti tutti licenziati, la sensazione è quella di un graduale abbandono del campo. Per non essere cancellato l’ex premier ha bisogno di una impossibile quadratura del cerchio, far vincere Zaia in Veneto e Caldoro in Campania. Allearsi quindi con Salvini al nord e con Alfano a sud. L’ipotesi di mollare Zaia e sostenere Tosi è semplicemente improponibile perché avrebbe l’unico effetto certo di consegnare la vittoria ad Alessandra Moretti. In più, e da tempo, gli azzurri veneti hanno già scelto Zaia, senza se e senza ma.
L’Amleto di Arcore ha dunque 75 giorni circa per decidere del proprio ruolo futuro. All’indomani del voto saranno i numeri a indirizzare le scelte. E potrebbero andare anche in direzioni molto sgradite al leader di Forza Italia.