Man mano che passano le ore dopo i risultati ufficiale delle elezioni in Spagna 2015, l’ipotesi di un governo Popolari in una coalizione allargata con altre forze politiche vive sempre meno speranze. Cresce invece con forza l’ipotesi di asse e accordo per un possibile governo di sinistra tra Podemos, il partito anti-casta e anti-sistema di Pablo Iglesias e Psoe, i socialisti di Pedro Sanchez. Detto questo, avendo vinto le elezioni comunque Rajoy, tocca a lui tentare di formare un governo in prima battuta ma difficilmente riuscirà, come ha detto il segretario socialista Cesar Luena. Il problema è convincere Podemos, per il Psoe, a sedersi ad un tavolo e trovare l’accordo con quel partito così tanto odiato in questi anni di contestazioni al sistema. L’unica alternativa per i popolari sarebbe accantonare Rajoy, sul quale i socialisti hanno messo un veto grosso come una casa, e proporre un altro nome. Fanta politica? I prossimi giorni ci diranno (forse) la verità, intanto la situazione governabilità in Spagna non si fa davvero rosea.
I risultati delle elezioni in Spagna 2015 sono piuttosto chiari: è chiaro che ora non c’è nulla di chiaro, questo il dilemma. Hanno vinto ma non hanno vinto i popolari di Rajoy, vincenti ma senza la maggioranza assoluta, questo perché Ciudadanos che sembrava dovesse stravincere, sono arrivati quarti. Psoe tallonato da Podemos potrebbe formare il governo, l’unico in grado, con i vari accordi ma il problema sono proprio gli accordi. E poi Podemos, vincitore morale ma che per governare sarà costretto all’accordo con il partito super-sistema di Sanchez, i socialisti odiati da tutti i “grillini” di Spagna. Dunque come risolvere il tutto? Bella gatta da pelare per il re Felipe Vi, e intanto Matteo Renzi commenta in questo modo i risultati delle elezioni: «Tutti dicono di aver fatto un buon risultato, tutti dicono che bisogna fare accordi per creare un governo di coalizione tutti dicono che servono riforme: è la Spagna di oggi ma sembra l’Italia di ieri. Ma con la legge elettorale abbiamo cancellato ogni balletto post-elettorale». Con l’Italicum, sostiene Renzi, si avrà un vincitore certo dopo il ballottaggio tra i primi due partiti: questo dal punto di vista elettorale è assolutamente vero, con il sistema italiano questo stallo non si avrà, anche per un ballottaggio ci apriranno i soliti dubbi e questioni sulla legittimità di un partito che con meno voti potrebbe ritrovarsi maggioranza del Paese. Ma questa è un’altra storia.
Si potrebbe dire una vittoria di Pirro per i popolari di Rajoy dopo queste elezioni in Spagna 2015 che consegnano dei risultati piuttosto scostanti. Vince il Pp, secondo il Psoe e terzo Podemos ma paradossalmente sono proprio i popolari ad essere i più bloccati per formare il governo, dato che il partito forse ideale per formare una coalizione che possa tenere, Ciudadanos, ha preso troppi pochi voti (arrivati quarti i “cittadini” di Albert Rivera, forse il flop di queste elezioni) e non ci sono i numeri. E allora l’ago della bilancia delle prossime settimane saranno i socialisti di Pedro Sanchez che da secondo partito se stringessero un accordo sia con Podemos che, in alternativa, con le larghe intese assieme al Pp poterebbe la Spagna ad un governo stabile. Il problema sono le alleanze: la scelta è tra la sinistra post sistema, anti-casta e con i separatisti catalani, dall’altra l’accordo con i popolari, storici rivali dopo la caduta del franchismo, ma voluto dall’Europa che teme le teorie anti-Europa di Iglesias di Podemos. Quindi che fare? Bel dilemma, con probabilmente la seconda via che verrà battuta inizialmente ma con il forte rischio di un’emorragia di consensi per un accordo choc con i rivali conservatori. Una bilancia scomoda per Sanchez, non c’è che dire. Vedremo ora i primi passi di Rajoy per capire se questa teoria potrà diventare pratica.
Un bel dilemma quello che si apre in Spagna dopo i risulti delle elezioni politiche 2015 di ieri che hanno visto vincere ma non trionfare i popolari del premier uscente Mariano Rajoy, con Psoe secondo partito di poco, e con Podemos di Iglesias che ha spaccato il sistema diventando il vero ago della bilancia. Terzo partito, anti-casta e anti-sistema oltre che anti-Europa, una sorta di Tsipras alla spagnola che mette con le spalle al muro il Psoe di Pedro Sanchez che avrebbe i numeri assieme a Podemos per la maggioranza, l’unica combinazione al momento con i numeri, ma che sarebbe un problema molto grosso per l’Europa che non vuole “il codone” di Iglesias a capo di una nazione con le banche indebitate salvate da Bruxelles. I prossimi passi elettorali a livello istituzionale? Tocca al re Felipe Vi il difficile lavoro di diplomazia e di scelta sul da farsi: il Parlamento è convocato per il 13 gennaio, se non emergeranno novità, il re proporrà come candidato premier Rajoy e a quel punto è richiesta prima la maggioranza assoluta ma se non arriva servirà quella semplice. Se il governo non nasce neanche così, restano due mesi di tempo di trattative per evitare nuove elezioni: economia, finanza e instabilità, con la questione catalana che brucia, tutto questo la Spagna non può permettersi di affrontarlo senza un governo per mesi. Quale dunque la soluzione? Al momento resta difficile ogni combinazione, forse la più sensata a livello europeo sarebbe un accordo tra Pp e Psoe, ma sono i rivali storici in Spagna, lo faranno davvero?
Anche se è vero che i due partiti saldamente ai vertici dei risultati elettorali in Spagna di oggi risultano ancora, come negli ultimi 40 anni, i due protagonisti del sistema bipolare, Pp-Psoe, da sempre alternati alla guida del paese iberico, i risultati delle elezioni in Spagna, di Podemos in primo luogo e Ciudadanos in misura minore, rischiano di scardinare un sistema consolidato come quello spagnolo con un’inaspettata ventata di novità. Se il Pp con il suo 28,7%, ormai consolidato dagli ultimi scrutini, si conferma leader, pur non ottenendo la maggioranza, il 20,6% in particolare di Podemos insidia da vicino la posizione del partito dei socialisti, che dovrebbe essere il contraltare designato del sistema bipolare spagnolo. Nuovi interlocutori quindi, con molti deputati persi per entrambi gli schieramenti una volta dominanti e molti guadagnati per le forze che si stanno affermando sulla scena politica spagnola. Ecco quindi che i due partiti anti-casta formati appena un anno fa, dichiarano di essere determinati a restare per rottamare i ‘vecchì Pp e Psoe, una proposito che ricorda le minacce, relativamente recenti, di Grilliana, ma anche di Renziana, memoria. Non resterà che vedere quelle delle due sorti, ben diverse fra loro, toccherà ai partiti di rottura che oggi si sono affermati sul suolo spagnolo.
Si va verso una definizione dei risultati delle elezioni in Spagna 2015, con il 23,11% delle sede scrutinate che per ora cambia le proiezioni dei sondaggi precedenti, tramite exit poll. Se non c’e’ ancora niente di definitivo, i popolari e il PSOE rimangono comunque saldamente ancorati al comando, con 125 seggi i primi e 95 seggi il secondo. Segue non molto lontano, secondo gli attuali scrutini, Podemos, con 75 seggi, con Ciudadanos che scivola dietro con 30 seggi. Intanto, Maria Elena Boschi, dal suo account Twitter si esprime così “Mai come stasera è chiaro quanto sia utile e giusta la nostra legge elettorale #italicum” dimostrando approvazione per il nostro sistema e gli attuali risultati spagnoli. Il Tweet dell’esponente del PD potete leggerlo qui.
Tutto ancora aperto, tutto da valutare, ma secondo gli ultimi exit poll le urne stanno incoraggiando Podemos, che non arresta affatto la sua corsa ma sembra anzi vicino a poter superare i socialisti del Psoe. Il risultati degli Exit poll infatti, forniti da Atresmedia, vedono il partito di Pablo Iglesias Turrión, fondatore e segretario di Podemos al 20%, per un numero stimato di seggi dai 70 ai 74, rovesciando il precedente sondaggio che dava a Ciudadanos 69 seggi e a Podemos 46. Le nuove indicazioni dei recenti sondaggi lasciano ora al diretto concorrente del nuovo partito, Ciudadanos, il 14% per un numero di seggi stimato che va da 46 a 50. Ma il vero dato interessante è la situazione dei socialisti, il PSOE infatti, secondo il più recente sondaggio starebbe intorno al 21%, 79-83 seggi stimati, distaccandosi quindi da Podemos per solo un 1%. Saldo in testa il PP al 28%, sempre secondo le indicazioni degli exit poll.
Ha appena votato nella sua sede elettorale, per queste elezioni Spagna 2015, il leader di Podemos, il partito anti-Casta di sinistra, Pablo Iglesias. Personaggio molto particolare, dal grande carisma e che in pochi anni ha portato un’autentica rivoluzione in Spagna andando contro il bipartitismo tra Popolari e Socialisti che ai alternavano dalla fine del franchismo. Una novità che sta segnando la contemporaneità del paese iberico, che ora si appresta con le politiche di oggi a rinnovare ed eleggere il Parlamento e il nuovo premier. In testa nei sondaggi ancora Mariano Rajoy (Pp, primo ministro uscente) ma senza maggioranza assoluta: «oggi in Spagna si vota per cambiare la storia», ha affermato un sorridente Iglesias alle centinaia di giornalisti che incuriositi dal personaggio lo hanno seguito durante il voto. Podemos è stato fondato nel gennaio del 2014 dallo stesso giovane con il codino, 37 anni giornalista e accademica nonché popolare presentatore di giornalismo televisivo. Nei sondaggi El coleta (Il codino il suo soprannome) sembra aver portato Podemos dal 14% al 20% e punta a superare i socialisti: uno scenario tutto nuovo in queste elezioni dunque, con i partiti, anche Ciudadanos è sulla stessa linea ma verso destra, anti-Casta che rischiano il clamoroso successo in attesa dei risultati di questa notte.
Sono in corso da questa mattina le Elezioni in Spagna per questa fine 2015 con il rinnovo di numerosi organi della monarchia parlamentare spagnola, ora vediamoli nel dettaglio. Quelle che si tengono oggi sono le 12esime elezioni da quanto la Spagna è un paese democratico, ovvero nel periodo post dittatura del generale Francisco Franco: si eleggono oggi il nuovo Parlamento (Cortes Generales), ovvero la composizione delle due camere, il Congresso dei Deputati (Congreso de los Diputados) e il Senato (Senado). Come da legge elettorale vigente, il Congresso e il Senato rimangono in carica per un massimo di quattro anni: è poi il Parlamento formato e rinnovato che voterà il primo ministro e dunque risultano decisive le ipotetiche coalizione nel momento in cui non ci dovrebbe essere una maggioranza assoluta. Il Congresso ha 350 membri eletti in ogni provincia in base ad un sistema proporzionale con liste bloccate e senza premio di maggioranza, mentre i senatori saranno 208 secondo un sistema maggioritario plurinominale con le provincie delle isole iberiche che ne eleggono 4 a testa, le altre invece i rimanenti 188. Spetta poi al re, Felipe VI firmare il nuovo governo e confermare il voto del Parlamento con il nuovo premier.
Una giornata storica per un voto storico: oggi Elezioni Spagna in questa fine 2015 con il Paese chiamato alle urne da questa mattina. Storico per via della possibile, ormai data da tutti come certa, fine del duopolio Partito Popolare e Psoe (socialisti) che si sono alternati alla guida del Paese della fine del franchismo. Sono infatti i nuovi partiti anti-casta di sinistra, Podemos, e centro destra, Ciudadanos, che minano il “regno” dei popolari e dei socialisti. Nei sondaggi questa sera al termine delle elezioni, il premier del Pp Mariano Rajoy dovrebbe comunque avere la maggioranza ma non assoluta e dunque sarà fondamentale capire come organizzare le coalizioni visto per formare la vera maggioranza in Parlamento, che sarà poi protagonista della elezione del nuovo premier. Il Psoe di Pedro Sanchez, erede di Zapatero, insegue a qualche punto di distanza, ma è sopratutto il partito anti-casta e anti Europa Podemos di Pablo Iglesias a non far dormire sonni tranquilli a Merkel e compagnia a Bruxelles. In più, la sorpresa di Alberto Rivera, leader assai carismatico di Ciudadanos che sale nei sondaggi e potrebbe essere decisivo, vista lo schieramento ideologico, per formare un governo con i popolari. Da oggi in Spagna si cambia, vinceranno i popolari ma a che prezzo?