Sembrerebbe un’ottima idea quella introdotta nel disegno di legge delega fiscale licenziato dalla commissione Bilancio del Senato: un emendamento del Pd prevede la detraibilità di una serie di spese per le quali, attualmente, non è prevista. Così facendo, il cliente sarebbe incentivato a richiedere scontrini e fatture, obbligando il venditore, o l’operatore che ha erogato un determinato servizio, a emetterli. Le minori entrate provocate dagli sgravi sarebbero compensate dal maggior gettito derivante dalla regolarizzazione di numerose attività. Per il momento, la legge delega non definisce, nei particolari, le spese cui applicare la norma, rinviando tale definizione a provvedimenti successivi. Sembrerebbe un’ottima idea, dicevamo. Ma Gilberto Muraro, professore di Scienza delle finanze presso l’Università di Padova, spiega a ilsussidiario.net perché non lo è affatto. «Essendo ancora una legge delega, non ne conosciamo i dettagli. E i dettagli, in campo fiscale, sono fondamentali. A livello di principio, tuttavia, la detraibilità è normalmente da sconsigliare. Facilmente e comunemente, infatti, è elusa laddove il venditore sia più ricco del compratore (e le aliquote Irpef sono quindi differenti)». Si tratta proprio del caso che si vorrebbe colpire. «Mi spiego meglio: il venditore, o il prestatore d’opera, è spesso in grado di effettuare uno sconto – che il compratore giudica conveniente – purché il compratore rinunci alla fattura o allo scontrino; laddove il compratore, invece, sia più ricco del venditore, ed esiga lo scontrino o la fattura, si tratterebbe, a quel punto, di un cattivo affare per lo Stato; che guadagnerebbe l’imposta da parte del venditore, ma perderebbe quella del compratore, la cui aliquota Irpef è presumibilmente elevata».
In linea generale, secondo Muraro, detrazione e deducibilità sono un cattivo affare per lo Stato. «Non funzionano nei casi più rilevanti o, addirittura, producono delle perdite». Eppure, ci sono dei campi in cui tali misure vengono applicate. E si ritiene con successo: quello edilizio e quello sanitario. «Nonostante il ragionamento generale sconsigli di entrare nel campo della agevolazioni fiscali per le spese – spiega il professore -, vi sono, effettivamente, delle eccezioni. Nel campo dell’edilizia lo scopo è quello di portare alla luce operatori, prevalentemente lavoratori autonomi, che altrimenti resterebbero nell’ombra. Una volta emersi dal nero, da lì in avanti saranno costretti a lavorare sempre alla luce del sole. Nel caso delle ristrutturazioni, oltretutto, entriamo nel campo non solo della politica fiscale, ma anche di quella economica. L’obiettivo, infatti, è quello di rilanciare le aziende in crisi».
Veniamo al mondo sanitario: «Tra i casi ove più comunemente vengono applicate queste forme di sgravio fiscale, vi è quello degli acquisti in farmacia. Qui, la base documentale è tale per cui difficilmente si possono verificare problemi. Che, al contrario, si possono produrre nel caso delle visite mediche. Per i medici vale il discorso generale. Facilmente, infatti, un medico può chiedere al paziente se vuole o meno la fattura».
(Paolo Nessi)