Le più funeste previsioni sulla nostra economia, si sono rivelate corrette; a breve, saremo in recessione. Di nuovo. L’Ocse, per il 2012, ha tagliato le stime di crescita. L’incremento del nostro Pil avrebbe dovuto corrispondere all’1,1%. E, invece, calerà dello 0,5%. Mezzo punto in negativo, quindi. «Una situazione estremamente complicata, che renderà ancora più arduo e, al contempo, ineludibile il compito principale di questo governo, chiamato a ripristinare la credibilità e la fiducia nel nostro sistema: il pareggio di bilancio nel 2013», afferma, interpellato da ilSussidiario.net Giovanni Marseguerra, professore di Economia politica all’Università Cattolica di Milano. Secondo li quale, a peggiorare il quadro, vi è il fatto che, contestualmente, si sono prodotti tre fenomeni negativi: «la revisione al ribasso di tutte le previsioni di crescita; la revisione al ribasso anche delle previsioni sull’andamento delle entrare derivanti dalle lotta all’evasione; l’andamento dello spread, che sta rendendo la spesa per pagare gli interessi dei nostri titoli sempre più elevata». Tre fattori, quindi, che congiurano contro il pareggio di bilancio nel 2013.
«Di fronte ad essi – continua – il governo Monti non può che raccogliere risorse con quegli strumenti che tutti, ormai, danno insistentemente come certi: ad esempio, la reintroduzione dell’Ici, con l’adeguamento delle rendite catastali, l’introduzione del “pro rata contributivo” per eliminare le pensioni di anzianità, l’aumento dell’Iva e, probabilmente, una patrimoniale».
Misure severe che, laddove dovessero essere effettivamente portate a termine, non garantirebbero, in ogni caso, una rivisitazione delle previsioni di crescita in senso positivo. «Almeno per il 2012, questo è altamente improbabile». Cosa comporterà, quindi, tutto ciò? «Gli effetti delle recessione – spiega – li abbiamo appena vissuti. Inizia a manifestarsi con il calo degli ordini. Il che determina un decremento della produzione e, da qui, la decrescita dell’occupazione è breve». Una spirale perversa: «la disoccupazione determina il calo dei consumi che, a sua volta, provoca un ulteriore calo della produzione». Secondo Marseguerra, «l’unica speranza è che, questa volta, la recessione sia minore rispetto a quella precedente». Difficile, del resto, che il governo possa fare più di quanto non abbia già messo in conto. «L’esecutivo nasce sull’onda dell’emergenza economica. Quanto certificato dai dati Ocse era già stato previsto. Le misure da mettere in atto sono, quindi, quelle già identificate. Tuttavia, per provvedimenti quali gli ammortizzatori, mancheranno, sostanzialmente, le risorse». La soluzione, quindi, non può che risiedere in ambito europeo.
«Non siamo gli unici a versare in una simile situazione. Per questo motivo, gli Eurobond sarebbero uno strumento privilegiato, ad esempio, per ridare fiducia ai mercati. E se la turbolenza finanziaria e l’attacco all’euro dovessero ridursi, gran parte dei problemi in atto sarebbero ridimensionati». Come è noto, ad opporsi a questo genere di obbligazioni, è prevalentemente la Germania. Che teme di rimetterci di tasca propria. «Sarebbe sufficiente – conclude Marseguerra – legare l’accesso agli Eurobond a comportamenti finanziari e legati ai conti pubblici virtuosi».