Dieci punti di distacco tra Bersani e Renzi al primo turnodelle primarie del centrosinistra. E’ il risultato delle primarie, che ora saranno decise dal ballottaggio. Il segretario del partito ha portato a casa un milione e 393.990 voti, pari al 44,9 per cento, contro il milione e 103.790 preferenze del sindaco di Firenze, che corrispondono al 35,5%. In tutto hanno partecipato alle primarie 3 milioni e 107.658 persone, preferendo Bersani in tutte le regioni tranne Toscana, Umbria e Marche, che invece hanno scelto Renzi. Ilsussidiario.net ha intervistato Aldo Cazzullo, inviato ed editorialista del Corriere della Sera e autore del libro “L’Italia s’è ridesta”, dedicato appunto alle primarie e al relativo senso di partecipazione e di riscossa che l’autore auspica possa coinvolgere anche il Pdl.
Cazzullo, chi è il vero vincitore di questo primo turno, Bersani o Renzi?
Paradossalmente tutti e due. Da una parte Bersani ha dimostrato coraggio. Tutti i maggiorenti del partito gli avevano detto espressamente che non c’era nessun bisogno di tenere le primarie, in quanto lo statuto del partito garantisce al segretario di presentarsi come candidato premier. Bersani però ha capito che occorreva una spinta maggiore, perché in questi anni nella politica italiana è cambiato tutto, e ci voleva quindi una legittimazione, una spinta popolare.
E dalla prima tornata esce più legittimato di prima?
Da parte di Bersani è stato un rischio calcolato, e vista l’affluenza si poteva anche pensare che questo rischio fosse particolarmente grave. Alla luce dei risultati definitivi, quella che sembrava essere la grande occasione per Renzi esce un po’ ridimensionata. D’altra parte l’esito del ballottaggio è tutto tranne che sicuro, perché non è detto che tutti i voti di Vendola andranno a Bersani, bisognerà capire quanti dei votanti al primo turno torneranno a votare e in quanti si registreranno adesso. La clausola in base a cui possono registrarsi per il secondo solo quanti sono stati impossibilitati a farlo per il primo, non è delle più trasparenti e giustamente Renzi protesta.
Il sindaco di Firenze come esce invece da questo primo turno?
Renzi esce bene perché ha ottenuto un suffragio significativo, avendo contro tutto l’apparato del partito, i funzionari, i sindacalisti e le stesse coop. Ora al ballottaggio ha una chance, per vincere dovrebbe riuscire a portare a votare un altro milione di persone. Non è facile, ma neanche impossibile.
Per quale motivo finora Renzi non è riuscito a scalzare Bersani?
Bersani è il segretario del partito, e quindi è evidente che lo zoccolo duro sta dalla sua parte. In queste settimane ha preso molto le distanze dalla nomenclatura del Pd, e in particolare da D’Alema, da Veltroni, da Marini, dalla Bindi, e questa scelta ha avuto delle ricadute positive perché ha tolto un’arma a Renzi. Bersani ha dimostrato di avere una caratura personale e politica notevole, anche se il suo limite è che fa fatica ad andare oltre i confini del centrosinistra. Il risultato di Renzi, che comunque rimane molto buono, si deve anche al fatto che una parte dei militanti di centrosinistra valuta che abbia maggiori probabilità di Bersani di vincere le elezioni politiche. Il paradosso è che per il sindaco di Firenze sarebbe più facile vincere le politiche che non il ballottaggio di domenica. La storia di Bersani è invece tutta dentro al Pci prima e all’epoca di Berlusconi poi: caduto il Cavaliere, anche i suoi oppositori tendono a fare la stessa fine. Se Bersani dovesse prevalere, condurrà il centrosinistra a un risultato magari positivo, ma non avrà comunque i numeri per governare da solo.
L’Ilva e le altre grandi questioni sociali influiranno sull’esito finale del ballottaggio?
Non credo. Purtroppo i focolai di frustrazione e di rabbia in Italia sono tanti. Io ritengo che la risposta più onesta da dare sia affermare chiaramente che in futuro la ricchezza della Puglia e della Sardegna non saranno né l’acciaio né il carbone.
Sul fronte opposto, Berlusconi parla di creare un suo partito. Lei che cosa ne pensa?
Berlusconi si trova di fronte a un bivio: concludere la sua carriera politica in modo dignitoso e da statista, oppure nella farsa. Mi auguro sinceramente per lui e per il Paese che finisca nel primo modo.
(Pietro Vernizzi)