Dopo meno di tre anni dai suoi primi voli a Malpensa, Lufthansa Italia saluterà a fine ottobre allo scalo lombardo, dove la casa madre tedesca sarà comunque ancora presente. Le sue rotte sono già coperte da altre compagnie, come ricorda Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, e dunque gli impatti negativi saranno ridotti. Dopo l’addio di Alitalia a Malpensa avvenuto nel 2008, quando ancora si parlava di una sua cessione ad Air France, alla compagnia tedesca, però, erano state affidate le speranze di poter ricreare un hub. «Su questa possibilità – ci spiega Renato Redondi, coordinatore accademico di Iccsai (International Center for Competitiveness Studies in the Aviation Industry) – ero abbastanza dubbioso, già all’epoca».
Per quale motivo?
Come Iccsai stiamo portando avanti uno studio, di prossima pubblicazione, in cui siamo andati a vedere cosa è successo in tutti i 37 casi mondiali di dehubbing dal 1997 al 2009: in nessuno di essi l’aeroporto ha riacquistato la sua funzione di hub grazie all’ingresso di altre compagnie. Quello che Lufthansa avrebbe dovuto fare a Malpensa, quindi, non è mai avvenuto in altre parti del mondo negli ultimi anni. E questo principalmente perché un hub deve essere geograficamente nel baricentro dei collegamenti che una compagnia aerea ha portato avanti nel tempo. Quindi se essa abbandona poi l’hub è difficile che questo possa andare bene a un’altra compagnia, che ha per forza di cose un network diverso.
Allora perché Lufthansa ha voluto provare questa strada?
Secondo me, le ragioni dei tedeschi erano altre. La prima era di portare avanti un interesse per il mercato aereo italiano, visto che Lufthansa aveva degli accordi con AirOne, che è finita poi fusa con Alitalia. La seconda è che la presenza di Lufthansa su Malpensa permetteva comunque di controllare la situazione, evitando che arrivassero altre compagnie a creare competizione con gli hub tedeschi. L’ultima, la più importante, era collegare meglio Malpensa con Francoforte e Monaco. Un’operazione che fa sì che l’addio di Lufthansa allo scalo lombardo non sia totale.
Si spieghi meglio.
Lufthansa non avrebbe nessun interesse a far venire meno la sua presenza su Malpensa proprio perché tutto il bacino di utenza del Nord Italia, non avendo più un adeguato network di collegamenti intercontinentali diretti, dovrà far scalo in un grande hub europeo, che i tedeschi vorrebbero fosse Francoforte. È quindi nell’interesse di Lufthansa restare comunque a Malpensa, se non altro per fare feederaggio sui propri hub. Qualcosa di simile a ciò che fanno Air France su Parigi, British Airways su Londra e Klm su Amsterdam. Ritengo comunque che fosse un po’ ingenuo aspettarsi che Lufthansa desse la priorità allo sviluppo di Malpensa
Perché?
Non bisogna dimenticare che Lufthansa Italia è stata creata appena prima della crisi economica e che nel frattempo la casa madre si stava integrando con altre compagnie aeree quali Austrian e Swiss. C’è stato dunque il problema di integrare gli hub di questi carrier nel proprio network. Due fattori che hanno sicuramente fatto passare il progetto di Malpensa in secondo piano. Inoltre, nello scalo lombardo è forte la presenza di Easyjet e per un vettore tradizionale è impossibile creare un hub in un aeroporto dove c’è una low cost così forte. Se non altro perché prima di creare i collegamenti di lungo raggio tipici di un hub serve una struttura di feederaggio. Ma tali collegamenti soffrivano già la concorrenza di Easyjet.
L’addio di Lufthansa Italia farà perdere tanto traffico a Malpensa?
I dati 2010 sui posti offerti a Malpensa (riassunti nella tabella 1) dicono che Lufthansa era il secondo vettore, con una quota del 14,1%, alle spalle di Easyjet (25,4%) e davanti ad Alitalia+AirOne (9,9%). La divisione italiana di Lufthansa pesa circa per il 56,2% dell’offerta complessiva del vettore tedesco. Il che vuol dire che i posti offerti “eliminati” sono circa il 7,9% del totale. La perdita di traffico non è quindi “drammatica”. Dato che Lufthansa Italia aveva probabilmente un load factor inferiore a quello di Easyjet, può darsi che a livello di passeggeri effettivamente trasportati, l’impatto negativo sia ancora più contenuto. Non è poi da escludere che Lufthansa potenzi i collegamenti con Monaco e Francoforte per le ragioni spiegate prima, compensando così una parte dei passeggeri persi.
Dopo l’addio di Alitalia, Malpensa aveva perso moltissimi passeggeri. L’arrivo di Easyjet, di Lufthansa Italia e di altre compagnie è riuscito a compensare quella perdita?
I dati (riportati in tabella 2) dicono che il picco massimo di Malpensa è stato nel 2007, anno precedente le dismissioni di Alitalia, con oltre 23,8 milioni di passeggeri. Nel 2008 si è scesi a 19,2 grazie all’addio di Alitalia e la situazione è poi peggiorata nel 2009, con 17,5 milioni. Livello quest’ultimo toccato anche nel 2002 e nel 2003 a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle e alla piccola crisi economica conseguente. Nel 2010 si è saliti fin quasi a 19 milioni di passeggeri, il 20,7% in meno rispetto al picco del 2007.
Qualcuno sostiene che il problema principale di Malpensa sia stato e sia tuttora Linate. È così?
C’è sicuramente del vero in questo, perché già da quando era stato creato l’aeroporto di Malpensa Linate era ben collegato con i principali hub europei. Alcune delle stesse destinazioni intercontinentali offerte da Alitalia erano raggiungibili, anche se con uno scalo e non direttamente, da Linate, che è più vicino e più comodo da raggiungere per chi vive a Milano. Quando si è deciso di far diventare Malpensa un hub non si è avuto il coraggio di fare ciò che è stato fatto in altri paesi: chiudere il vecchio aeroporto e spostare completamente il traffico sul nuovo. Non sto dicendo che Linate andasse chiuso, ma che la soluzione di compromesso che è stata usata era inedita nel panorama degli aeroporti internazionali e per questo le probabilità di successo non erano alte. C’è da chiedersi, in ogni caso, se Malpensa sia mai stato un hub fino in fondo.
Lei cosa risponderebbe?
Malpensa è in una posizione geografica che non è ottimale per fare hub nel mercato italiano. Un passeggero che parte da una città del Nord Italia diversa da Milano, infatti, non vola a Malpensa, ma direttamente su un hub europeo più a nord, dato che le rotte principali (Nord America e Asia) passano di lì. Al limite a Malpensa ci va in macchina. Un passeggero che parte dal Sud Italia, invece, non ha motivo di volare su Malpensa quando può raggiungere Fiumicino. È per questo che la percentuale di passeggeri in transito a Malpensa è sempre stata bassa, anche quando c’era Alitalia. E senza transito di passeggeri un aeroporto non si può considerare un hub. Al massimo potremmo dire che Malpensa sarebbe potuto essere un hub se non ci fosse stato Fiumicino.
Se Malpensa non è hub, Fiumicino lo è?
Fiumicino è un hub che funziona, ma solo per metà Italia. Passarvi ha senso, infatti, per chi parte da Sud, mentre per chi è a Nord, dato appunto che le rotte intercontinentali passano da nord, non avrebbe senso scendere a Fiumicino per poi ritornare su. Tanto più che gli aeroporti principali del Nord sono tutti collegati con i principali hub europei. Certo, ci sono anche destinazioni come l’America Latina dove Fiumicino può essere funzionale anche per chi viene dal Nord Italia, ma sono collegamenti intercontinentali meno usati rispetto a Nord America e Asia.
Unendo meglio il Terminal 2 di Malpensa, presidiato da Easyjet, con il Terminal 1, dove invece vi sono i voli intercontinentali delle compagnie tradizionali, si potrebbe favorire un maggior transito di passeggeri?
Questo è sicuramente possibile. Se questi due terminal fossero collegati meglio si potrebbe in teoria facilitare la possibilità di arrivare a Malpensa al Terminal 2 con Easyjet e di partire poi dal Terminal 1 con un volo intercontinentale. È quello che si chiama self hubbing, che già esiste, ma che potrebbe essere facilitato. Ci può però anche essere l’interesse a tenere scollegati questi due terminal.
Per quale motivo?
Già adesso la presenza di Easyjet sta mettendo in difficoltà le compagnie tradizionali e un collegamento più veloce tra i due terminal potrebbe aumentare ancora di più questa competizione. Questo è un dilemma che sta affrontando buona parte degli aeroporti europei. La maggioranza di loro ha visto negli ultimi anni un traffico in discesa, perciò ha aperto le porte alle low cost. Peccato che questo può mettere in difficoltà le compagnie tradizionali che operano in quegli aeroporti da anni. Gli aeroporti devono quindi trovare il compromesso tra l’esigenza di aumentare il proprio traffico e la difesa della presenza delle compagnie tradizionali.
Cosa cambia per i passeggeri quel che è avvenuto a Malpensa?
Da quando c’è stato l’addio di Alitalia è arrivato un operatore low cost e quindi il prezzo per viaggiare in Europa si è fortemente abbassato per chi parte da Milano. L’unico vero svantaggio è l’assenza di una connessione intercontinentale diretta, che si traduce in un allungamento dei tempi di viaggio, perché occorre fare scalo in uno dei quattro principali hub europei (Parigi, Amsterdam, Francoforte o Londra). Queste quattro possibilità, sebbene indirette, offrono connessioni a prezzi molto competitivi. Il vero svantaggio da ponderare è quindi la perdita di tempo che deriva dall’attesa per la coincidenza nello scalo intermedio, anche se le diverse alleanze tra vettori stanno diventando sempre più efficienti nel gestire questi periodi.
Quando AirOne l’anno scorso ha posizionato i suoi velivoli a Malpensa con rotte e tariffe competitive aveva tra i suoi obiettivi quello di limitare la presenza di Lufthansa. Visto quel che è successo, possiamo parlare di un successo per Alitalia?
Non sono convinto che il motivo dell’abbandono da parte di Lufthansa Italia sia stato AirOne. Certo, l’effetto certamente fa piacere ad Alitalia che avrà meno competizione, ma la causa principale dell’addio dei tedeschi è la competizione feroce di Easyjet.
In una precedente intervista su queste pagine, lei spiegava che Meridiana poteva essere una “preda” ideale per Lufthansa, vista la sua presenza sul mercato italiano. Quel che è successo a Malpensa cambia le cose?
Direi di sì, perché di fatto, sebbene Lufthansa continui a operare in Italia, attraverso anche Air Dolomiti, ci sarà una riduzione della sua presenza in Italia. Bisognerà cercare di capire se Lufthansa dal punto di vista strategico crede ancora nel mercato italiano. Ma non ritengo che possa essere ancora così interessata ad assorbire un network come quello di Meridiana, che allo stato attuale non si integrerebbe più così bene con quello che ha già in Italia.
(Lorenzo Torrisi)