Il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, ha risposto ad alcune domande in conferenza stampa. Una risposta in particolare desta un certo imbarazzo. Perché a una domanda sul Target2 ha ribadito che esso è un sistema di contabilità interno all’Eurosistema delle banche centrali e che, se le stesse banche centrali avessero un bilancio unico, non ve ne sarebbe nemmeno bisogno. E ha aggiunto che se un Paese membro abbandonasse l’euro, allora la banca centrale di quel Paese si assumerebbe la responsabilità di saldare i conti.
Già qui si rivela una doppia contraddizione. La prima e più evidente è la mancanza di “sintonia” con il governatore della Bce Mario Draghi, il quale anche recentemente ha ribadito che dalla moneta unica non si esce: il solito eterno dogma della nuova religione monetaria. Non è prevista una via d’uscita e quindi non si esce. Una situazione paradossale, poiché dalla Unione europea si può invece uscire (una unione di cui fanno parte anche 10 paesi che non hanno l’euro) come previsto dall’art. 50 del Trattato di Lisbona, proprio quello usato dalla Gran Bretagna per la Brexit. Nel caso paradossale un cui un Paese dell’unione monetaria volesse uscire dall’Unione europea vi sarebbe un Paese “straniero” che usa pure l’euro (oltre a una sua moneta nazionale) con tutti i vantaggi relativi a questa situazione, mentre gli eventuali svantaggi sarebbero tutti per la Bce e per chi si obbliga alle sue regole.
La seconda contraddizione è nel fatto che in caso di uscita dall’unione monetaria, come affermato da Constancio, la banca centrale di quel Paese si assumerebbe la responsabilità di saldare i conti, che per l’Italia assommerebbero a circa 450 miliardi (per ora). Quindi un macigno per Bankitalia, non per il governo, né per lo Stato o le casse pubbliche, né per i cittadini. In altre parole, se usciamo dall’euro e iniziamo a usare un’altra moneta, non abbiamo strettamente la necessità di Bankitalia, lo Stato potrebbe creare una nuova banca centrale per la nuova moneta italiana e la Bce si troverebbe creditrice nei confronti di una scatola vuota. Questa situazione paradossale è l’ennesima riprova di un’architettura finanziaria e monetaria concepita male e realizzata peggio.
A conferma ulteriore di come il sistema sia mal gestito è venuta fuori la notizia (da fonte Bloomberg) che il principale istituto bancario tedesco, Deutsche Bank, nella gestione dei propri derivati ha effettuato un bonifico sbagliato presso Eurex, trovandosi così un buco di 28 miliardi di euro. L’episodio è durato solo pochi minuti, il tempo di scoprire e correggere l’errore. Ma la dice lunga anche sulla debolezza intrinseca dei sistemi di gestione e controllo interni. Questo episodio rende anche più chiaro perché la tecnologia Blockchain suscita tanto interesse, anche nel mondo bancario. Se infatti i trasferimenti di denaro fossero gestiti su una rete Blockchain, in particolare facendo uso dei cosiddetti Smart Contract (che vuol dire “contratti intelligenti”), questi errori sarebbero semplicemente impossibili.
Tanto per fare un esempio su una situazione reale, uno Smart Contract potrebbe essere usato nella gestione di una fornitura, fino al pagamento del compenso fatturato: tramite lo Smart Contract il cliente potrebbe confermare la fine del lavoro e il fornitore potrebbe confermare l’emissione della fattura, a quel punto lo Smart Contract eseguirebbe in automatico il pagamento della somma pattuita (e per quella cifra precisa, senza possibilità di errori). Questo è il motivo per cui gli investimenti nel settore delle criptovalute non sono mai diminuiti e anzi sono in costante ascesa, nonostante i cali del Bitcoin da dicembre al mese scorso: anzitutto perché le criptovalute non sono solo il Bitcoin (ce ne sono altre millecinquecento) e poi perché sotto tutte queste criptovalute non c’è il nulla (come per le valute ufficiali, a parte irrisorie quantità di oro), ma c’è una tecnologia di grandissimo valore.
Per questo il Bitcoin e le altre criptovalute sono destinate a salire di valore: anzi dal mese scorso lo stanno già facendo.