La marcia finora trionfale di successo politico di Matteo Salvini e della sua Lega ha subìto un duro stop da parte del presidente Sergio Mattarella nella recente vicenda dello sbarco dei migranti a Trapani. Ciò ha due aspetti, uno istituzionale e l’altro di consenso.
Mattarella è intervenuto perché, ha detto, voleva evitare una crisi istituzionale, a dimostrazione che Salvini ha contro molte istituzioni dello Stato e una buona parte della “opinione che conta”, perché è vero che alle urne tutti i voti sono uguali, ma fuori dai seggi alcuni, nei fatti, contano più di altri.
Questi “alcuni”, anche se forse minoranza in termini assoluti, non possono essere semplicemente ignorati, anche perché avanzano argomenti non banali: in questo caso affrontare la questione migranti in maniera più concreta fuori dai facili slogan.
Inoltre c’è l’orrore per i neri in catene che, come ha scritto Francesco Merlo su Repubblica, ricordano la storia della schiavitù. Tra loro poi si è schierata il ministro della Difesa (in quota M5s) Elisabetta Trenta che ha ordinato alla Marina militare di raccogliere i naufraghi. La Marina stessa che dice “noi non ci sottrarremo a raccogliere naufraghi”, indica la distanza che c’è con Salvini anche nelle forze armate.
Dall’altra parte c’è l’opinione di tutti gli “eguali al voto” che è dalla parte di Salvini. In realtà ci sono pochi voti a stare con i migranti, anche perché gli oppositori del “razzismo” non sono riusciti ancora a elaborare una proposta realistica e elettoralmente “potabile” di fronte allo spavento crescente per la percezione di un flusso incontrollabile di gente che sta cambiando il tessuto sociale del paese.
Qui gli appelli al pietismo di certa opinione pubblica paiono insultanti a molti. Questi molti solo qualche anno fa erano classe media e ora si sentono precipitati a un livello di vita inferiore a quella dei nuovi arrivati.
Gli appelli alla carità e all’accoglienza da parte della Chiesa sono destinati a non spostare molti consensi. L’Italia da secoli è il luogo della distanza tra quello che si predica in chiesa e quello che si fa in casa, anche se tutti pensano che la predica giusta sia necessaria.
Quando Stefano Folli parla di mancanza di sintesi politica della Lega forse si riferisce anche a questo, al fatto che Salvini finora non ha costruito un ponte tra la sua opinione pubblica e molte istituzioni. E prima di mettersi a costruirlo Salvini ha parlato troppo, proprio come fece Matteo Renzi a suo tempo. Salvini semplicemente non aveva bisogno di intervenire sulla questione dello sbarco a Trapani.
Inoltre mentre Renzi arrivava al potere con la benedizione delle istituzioni, le élite interne e estere, Salvini non ha alcuna di queste dotazioni e ha quindi spazi di manovra minori.
Se non c’è e non ci sarà tale sintesi il governo rischia di sfaldarsi. L’azione di Mattarella poi pare sia solo la punta dell’iceberg. C’è una lite sotterranea, vera o presunta, tra Lega e M5s, dove l’uno è all’inseguimento dell’altro, con una girandola di voci su possibili agguati elettorali reciproci. C’è la confusione dell’azione di governo. Quando il vice premier Luigi Di Maio grida al complotto dei poteri forti per il suo errore oggettivo nel presentare una legge, dimostra solo di non sapere guidare la macchina. Inoltre le buche onnipresenti a Roma, che non possono essere nemmeno riempite dai volontari, diventano quasi simbolo dell’incapacità di amministrare da parte di Raggi-M5s.
La disputa poi non avviene in isolamento. C’è l’incognita di come si comporteranno i giudici, da oltre vent’anni un potere dirimente del paese. Qui già si è aperto un fronte: la questione dei 49 milioni della Lega. Il sequestro di questi beni rende oggi più difficile l’azione nel territorio della Lega, ma potrebbe essere solo l’inizio. La Lega potrebbe avere altre beghe. Certo, oggi il governo è forte perché l’opposizione non c’è. Ma la politica, come la fisica, non sopporta vuoti, e qualcuno colmerebbe prima o poi lo spazio lasciato libero da errori e confusioni.
Ciò detto, chiunque, governo o nuova opposizione, si appresti ad affrontare i problemi non potrà prescindere da alcuni punti fermi.
Al di là dei facili slogan, l’Italia ha interessi oggettivamente opposti a quelli dei sovranisti, per pure questioni geografiche. I sovranisti europei sono nord europei, vivono in paesi senza coste sul Mediterraneo, e possono chiudere gli accessi di terra. L’Italia ha oltre cinquemila km di costa, è una lingua di Europa infilata al centro del Nord Africa, e non può chiudere alcunché.
Quindi o l’Italia riesce a sviluppare con la Francia e la Ue una politica africana e ad articolare una politica estera molto strutturata, oppure rimane schiacciata tra Africa ed Europa.
Inoltre c’è una crescita dell’islam radicale in Africa. Qui proprio in una visione di real-politik il ruolo del Papa nel tendere una mano agli immigranti stempera molte tensioni. Stalin, che negli anni Venti voleva esportare l’eversione, vedeva con acutezza realista che i peggiori nemici dei rivoluzionari comunisti erano gli accomodanti social-democratici, non gli altrettanto eversivi fascisti o nazisti.
Inoltre la questione dei migranti moltiplica le tensioni che arrivano già oggi con la minaccia della Brexit, che sta infierendo sulla stabilità del governo britannico. Il voto di Brexit è stato deciso dagli emigrati, non dall’euro, ma la realtà del Brexit avrebbe riscontri anche sull’euro e sulla fragile Italia.
Infine c’è l’altro corno del problema. “L’opinione che conta”, la burocrazia, le regole pure del mercato non possono però prevaricare la volontà democratica, come ha sottolineato il ministro Paolo Savona in un recente convegno. È una questione pratica: se la volontà democratica del popolo non trova spazio nelle istituzioni, se le istituzioni non si adattano, si scivola verso un golpe fascista, dove prevalgono le élite, o una ribellione del popolo.