Perché sulle carceri Renzi non si muove? Luigi Manconi, giornalista e deputato del Pd, esperto di questione carceraria, una spiegazione ce l’ha.
Tutto è nuovamente partito da Napolitano: il destro gli è stato offerto dalla telefonata di papa Francesco a Pannella, in sciopero della sete per protestare contro le condizioni dei detenuti nelle nostre carceri. “È ora – a distanza di oltre sei mesi dal messaggio da me rivolto al Parlamento a questo proposito – di fare il punto sulle misure adottate e da adottare, anche in ossequio alla nota sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”. La Corte di Strasburgo, nella sentenza Torregiani dell’8 gennaio 2013, aveva stigmatizzato il malfunzionamento cronico del nostro sistema carcerario, dando tempo all’Italia fino al 28 maggio per prendere misure efficaci, pena il pagamento di sanzioni pesantissime.
L’intervento di Napolitano risponde così anche alle istanze contenute nell’appello sottoscritto da tutti i soggetti sociali che operano nel mondo del carcere e che in questi giorni continua a raccogliere adesioni. Manconi è anche tra i promotori dell’appello.
Onorevole Manconi, partiamo dal comunicato del presidente Napolitano.
Il presidente mostra tutta la sua malinconica determinazione… Dico così così perché il comunicato di domenica è davvero il segno della sua volontà di sfidare l’indifferenza, per non dire l’ottusità, della classe politica. Quasi una sorta di spes contra spem. Rendiamoci conto: il Quirinale fa una nota per dire che il capo dello Stato ha ringraziato papa Francesco che ha telefonato a Marco Pannella. È la rappresentazione plastica di una speranza disperata, oserei dire…
Contro che cosa?
Contro le resistenze, le ipocrisie, i tabù che sembrano dominare il problema. Colpisce il fatto che il capo dello Stato, il capo della Chiesa cattolica e un leader politico 84enne, rappresentante a tutt’oggi del partito più vecchio che ci sia in Italia perché tutti gli altri hanno nel frattempo cambiato nome e natura, assumano la difesa di un diritto fondamentale come la dignità dell’uomo anche in condizione di privazione della libertà.
Lei è un sostenitore dell’indulto. Perché?
Serve una misura straordinaria, che operi nell’immediato per tamponare l’emergenza. Il sistema penitenziario è un “corpaccione” affetto da una febbre altissima, per curare il quale non funzionano le terapie ordinarie. Va abbassata drasticamente la temperatura con una misura straordinaria, come sono amnistia e indulto. Quando la febbre sarà calata drasticamente, a quel punto le terapie ordinarie di lungo periodo potranno funzionare.
Come spiega che il ministro Orlando sia irremovibile e difenda una linea contraria all’amnistia e all’indulto?
Guardi, io penso che Orlando sia vittima di una situazione. Arrivo a ipotizzare che la sua soggettiva volontà sia diversa, ma questa, ripeto, è solo un’ipotesi…
Sta dicendo che il governo è spaccato?
Non mi permetto di entrare nel merito di possibili contrasti all’interno dell’esecutivo; non vedo però in Orlando un atteggiamento ostile. È successo però che il capo del governo e la responsabile giustizia del Pd (Alessia Morani, ndr) abbiano escluso risolutamente il ricorso a questi provvedimenti, che vengono trattati alla stregua di ipotesi bizzarre e semilegali quando invece appartengono per intero alla nostra carta costituzionale e sarebbero sacrosanti.
Forse sotto elezioni amnistia e indulto non sono molto popolari, non crede?
Sono misure impopolari prima, durante e dopo le elezioni… in ciò riflettono un’opinione che corrisponde al senso comune, è vero. Io però ritengo che compito della classe politica sia quello di assumersi la responsabilità anche di provvedimenti impopolari.
Quindi?
Si dovrebbe aver la forza morale e politica di prendere decisioni che, se condivise dalla maggioranza del Parlamento, contribuirebbero anche ad abbattere anche i costi. Se invece ci si preoccupa del fatto che due partiti autoritari e antiliberali come Lega e M5S possano lucrare elettoralmente, beh, certo, a quel punto si agisce di conseguenza…
Dia una ragione a Renzi e Berlusconi per fare qualcosa.
Se un provvedimento di indulto fosse condiviso dall’intera maggioranza di governo più Forza Italia, anche i costi elettorali sarebbero divisi tra questi partiti. Secondo me il senso di responsabilità dovrebbe indurre a correre questo rischio.
Cosa pensa dell’appello sottoscritto unitariamente da enti, singoli e associazioni che chiedono cambiamenti radicali nell’approccio e nella conduzione del sistema carcerario italiano?
Avrei difficoltà a parlar male di un prodotto che ho contribuito a creare. Penso che sia importante lo sterminato elenco di associazioni che aderiscono e che non smettono di farlo, perché l’elenco si sta allungando. Ci sono tutti quelli che in Italia si adoperano per fare del carcere non solo un luogo di degradazione dell’umanità.
Questa volta la politica è stretta tra papa Francesco e Napolitano da una parte, e la società civile dall’altra. Che sia la volta buona?
Purtroppo credo che nemmeno questa morsa non basterà a superare la resistenza impermeabile opposta da un ceto politico decisamente pavido.
Giovanni Tamburino, capo del Dap, ha dichiarato a Repubblica che molto è stato fatto: “abbiamo rimediato con grande fatica al problema dei 3 metri quadri”; e ancora, “sotto il profilo dello spazio ce l’abbiamo già fatta”. È d’accordo?
Quei termini usati da Tamburino mi paiono decisamente impropri. Se avesse detto che il problema era in via di risoluzione o: ancora alcuni mesi e lo risolveremo, sarebbe stato più aderente a una prospettiva, non dico alla realtà. Si vada a controllare a San Vittore, a Marassi e a Poggioreale.
Tamburino dice anche che manca la riforma della custodia cautelare.
Sia chiaro, Tamburino non dice cose profondamente sbagliate; dice cose parziali. I provvedimenti assunti negli ultimi due anni non sono errati, sono drammaticamente limitati. Aggiungo: vanno tutti nella stessa direzione, per questo sono poco incisivi. Quando Tamburino dice che “ci sono stati dati 3mila posti carcere, ma ne attendiamo almeno altrettanti”, è quell’almeno che è folle… Dice che abbiamo 9mila detenuti di meno rispetto al 2010, ma ridurre a quei 9mila il sovraffollamento è dimenticare che i detenuti hanno occupato spazi sottratti ad altre funzioni essenziali, come la socialità. È questo che viene costantemente dimenticato. No, per rendere dignità ai detenuti ci vuole altro.
(Federico Ferraù)