La prima pagina dell’edizione Saturday Sunday May 26/27, 2012, dell’International Herald Tribune ha in basso al centro la foto di un signore con la barba che scende le scale di un decrepito ballatoio. Il titolo è eloquente: “Divorced, and Homeless, in Italy” (Divorziati, e senzatetto, in Italia), e l’inizio altrettanto significativo di Elisabetta Povoledo: “The pain of Europe’s economic crisis is shared by almost everyone” (La sofferenza per la crisi economica dell’Europa è condivisa da quasi tutti). Ho pensato di proporre la mia riflessione, ormai settimanale con l’avanzare della crisi economica, citando quest’articolo, perché esso rende bene manifesta tanto la situazione materiale, quanto quella spirituale della crisi.
Quest’ultima sta trasformando le coscienze, e gli osservatori più avvertiti si rendono conto che l’ora della decadenza civile è iniziata, attraverso la riduzione del reddito e l’erosione delle speranze. Essa si abbatte in primo luogo su coloro che sono stati colpiti, direbbe Shakespeare, dalla zampogna della sfortuna: la rottura matrimoniale, le malattie degli anziani, i turbamenti dei figli che dilapidano il patrimonio di una vita non trovando lavoro. Insomma, coloro che dicevano che la crisi stava finendo, o che non era mai iniziata, e che verso di essa avevano e hanno un atteggiamento tecnico, ossia non morale, iniziano a trovarsi in difficoltà. La morale, infatti, spunta da tutte le parti.
Pensate al popolo greco. Il fatto di aver costretto alle dimissioni il vecchio Papandreu, che voleva sottoporre le misure proposte dall’arcigna Europa teutonica a referendum popolare, si è rivelato un evento terribile. Papandreu sapeva, e aveva ragione, che il popolo greco avrebbe votato e con grande maggioranza a favore dell’Europa, anche a costo di gravi sacrifici, ed era stato indotto a quella scelta elettorale per una spinta morale e politica, per non cedere a un comando tecnico, privo di legittimazione e spiritualità (cedere a questo comando è ciò che ha fatto l’Italia con le devastanti conseguenze davanti agli occhi di tutti).
Da quel momento la crisi greca si è trasformata da crisi economica in crisi morale e politica: il popolo ha perso ogni comunità di destino e si è frantumato in gruppi e quasi gruppi frammentati, peristaltici, vulnerabili e vulneranti, che hanno ancor più spezzato la sovranità greca. Il dramma è che mentre si continuerà a votare in Grecia, il parlamento europeo risponde sì politicamente alla crisi greca invocando sia attraverso il Pse, sia attraverso il Ppe, una politica neokeynesiana a cominciare dalla riforma della Bce. Ma alla commissione europea di questi voti e di queste invocazioni non cale un bel nulla.
Mi chiedo cosa ci stiano a fare i parlamentari europei. Dovrebbero dimettersi in massa. Tra Strasburgo, dove si riuniscono senza decidere nulla di rilevante, e Bruxelles, dove la Commissione bivacca con le sue migliaia di tecnici e di assunti clientelisticamente, c’è un abisso. A Bruxelles si decide tecnicamente, privi di senso morale e visione politica.
Da Milano siamo finiti a Bruxelles leggendo l’Herald Tribune International, e abbiamo così scoperto che l’Europa in verità non esiste. Esiste solo l’oligopolio finanziario mondiale. Ogni tanto si occupa dell’Europa per tosare alcune greggi di pecore a seconda delle nazionalità. Questa tosatura è possibile, ormai è chiaro, solo perché c’è l’euro senza politica. Io penso che al tosatore vada bene così. Sarebbe molto più difficile tosare le pecore travestite da tante diverse monete. Si dovrebbe ogni volta cambiare le forbici e ci sarebbe una gran confusione tra le balle di lana.
Quindi il problema non è quando la Grecia uscirà dall’euro, ma quando le pecore moriranno di fame. Allora non ci sarà più niente da tosare.