L’imposta sui dividendi di fondazioni bancarie ed enti non commerciali sarà aumentata con decorrenza a partire dal primo gennaio 2014. Un incremento retroattivo dell’imposizione fiscale che va contro lo Statuto dei diritti del contribuente, ma al quale il Parlamento può derogare attraverso una legge ordinaria. L’aggravio è contenuto nel disegno di Legge di stabilità, insieme alla scelta di portare il prelievo sui fondi pensione dall’11,5% al 20%. Qualora inoltre l’Ue decidesse di bocciare il recupero dall’evasione fiscale attraverso la “reverse charge”, scatterà una clausola che prevede un aumento dell’Iva pari a 988 milioni di euro. Abbiamo fatto il punto con Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
Che cosa ne pensa degli aumenti retroattivi sui dividendi delle fondazioni bancarie?
Gli aumenti retroattivi sui dividendi delle fondazioni vanni a colpire un settore del Paese che lavora a iniziative importanti di solidarietà e di impatto sociale in un momento così difficile per il welfare italiano. Non dobbiamo dimenticare che le fondazioni in questo modo finanziano il cosiddetto “dividendo sociale”, cioè il loro impegno sul territorio, per erogare beni e servizi pubblici.
Quali altri compiti hanno le fondazioni?
Le fondazioni bancarie svolgono iniziative importanti, tra cui quelle per la promozione del terzo settore e non ultimo il finanziamento della Fondazione per il Sud che nel Mezzogiorno fa da promotore e da attivatore di infrastrutturazione sociale. Le fondazioni cercano di fare crescere su quei territori iniziative importanti, beni e servizi pubblici che poi facciano anche da catalizzatore dell’economia. Ritengo quindi problematico andare a gravare sulle fondazioni con tasse più elevate.
Come valuta invece l’inasprimento dell’imposizione sui fondi pensione?
La dinamica dell’economia di questi anni e la deflazione stanno producendo una difficoltà nell’ottenimento dei rendimenti da parte dei fondi pensione. Aumentare l’aliquota in questo momento rappresenta una scelta delicata.
Quali altri aggravi fiscali saranno inseriti nella Legge di stabilità?
Un tema ancora da discutere è come reagiranno le Regioni alla spending review che le riguarda. Potrebbero infatti rispondere aumentando le imposte locali. La situazione è difficile e quando si parla del prelievo bisogna guardare complessivamente a tutti questi elementi.
In totale la pressione fiscale nel 2015 aumenterà o diminuirà?
Questo è difficile da dire, anche perché tagli e aumenti spesso si compensano a vicenda. La mia considerazione generale però è che se l’Italia vuole uscire da questo momento delicato non ce la può fare da sola. L’Italia ha bisogno di una cornice europea diversa, altrimenti sarà sempre più difficile rilanciare l’economia e abbassare le tasse.
Qual è il margine di manovra sul fronte del taglio delle tasse e della spesa?
Con i limiti previsti dalle regole Ue è difficile manovrare di più di quanto sia stato fatto. Ogni taglio della spesa finisce per essere una riduzione della domanda. Con la Legge di stabilità, Renzi ha giustamente attuato una serie di interventi espansivi tra riduzione delle tasse e aumento della spesa pubblica superiori alle misure di segno opposto. I margini di manovra sono però assolutamente minimi, anche perché il nostro rapporto deficit/Pil è al 2,9-3%.
Renzi sta rispettando le regole europee o sta cercando un’alternativa?
Renzi ha iniziato a dire che il Fiscal compact è stupido, aggiungendo: “Non voglio essere io a violare la regola, ma voglio che quest’ultima sia ridiscussa”. Sta cioè cercando di arrivare a una ridiscussione a livello globale, anche se di fatto il dibattito sulla flessibilità rende la regola obsoleta. Renzi sta lavorando in quest’ottica, bisognerà vedere quando questo confronto riuscirà a prendere piede.
La Commissione Ue alla fine approverà la Legge di stabilità?
Alla fine l’Italia la spunterà, ma il problema non è derogare alle regole, bensì ridiscuterle nel loro complesso.
(Pietro Vernizzi)