L’onorevole Itzhak Yoram Gutgeld ha scritto il programma economico di Matteo Renzi durante le primarie, dal titolo “Il rilancio parte a sinistra. Come fare ridere i poveri senza fare piangere i ricchi”. Ilsussidiario.net lo ha intervistato sulle posizioni del sindaco di Firenze sui grandi temi del welfare, dai voucher alla sanità, dall’assistenza sociale alla scuola.
Onorevole Gutgeld, qual è la sua posizione per quanto riguarda il rapporto tra sanità pubblica e privata?
In primo luogo credo fermamente nel modello europeo del Welfare State, nel quale lo Stato finanzia, governa e regola servizi come la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione. Sono a favore di questo modello, e non di quello americano, perché quest’ultimo è molto più costoso. Negli Stati Uniti un giorno in ospedale costa tra 4mila e 5mila dollari, in Italia tra 500 e mille euro.
Eppure anche la sanità italiana presenta sprechi e inefficienze. In che modo è possibile riformarla?
Occorre una modernizzazione profonda dello Stato sociale italiano. Per la sanità noi abbiamo un modello all’interno del quale la struttura fondamentale è l’ospedale. La sanità moderna va al contrario nella direzione dell’utilizzo di strutture territoriali e di tecnologia per la gestione della cronicità. Diabetici e cardiopatici devono poter essere curati a casa con servizi di telemedicina, in modo da offrire loro un livello di servizio migliore e ridurre il tasso di ospedalizzazione.
Che cosa ne pensa invece dell’attuale modello di assistenza sociale degli anziani?
Il nostro modello di assistenza sociale si basa sugli assegni Inps. L’anziano non autosufficiente riceve dallo Stato tra 500 e 800 euro, che poi vanno a una badante tendenzialmente straniera impiegata il più delle volte in nero. Si tratta di lavoratrici che non partecipano più di tanto all’economia italiana, in quanto spediscono buona parte dello stipendio al loro Paese d’origine.
Quali sono le proposte di Renzi?
Il programma di Renzi propone un modello basato su servizi di assistenza professionalizzata, anziché sugli assegni. In questo modo creo delle professionalità, possibilmente italiane, garantendo una maggiore qualità e riuscendo a risparmiare. Anziché avere una badante per un anziano, potrei avere gruppi di due o tre pazienti in modo da spendere meno soldi e permettere loro di socializzare.
Attraverso quali strumenti concreti è possibile favorire la libertà di scelta del cittadino?
Introdurre dei meccanismi di scelta è già di per sé un fatto positivo. In diversi Paesi ci sono vari modi per garantire scelta e offerta. Nel Regno Unito esistono diverse strutture sanitarie pubbliche e i cittadini decidono a chi rivolgersi sulla base di un’informazione trasparente sul rispettivo livello di performance. Quando un paziente britannico ha bisogno di un certo tipo di intervento, ha a disposizione tutti gli strumenti per orientare la sua scelta.
Quindi lei ha in mente i voucher o altri strumenti?
Io non sono contrario al meccanismo dei voucher in quanto tale, ma ritengo che non sia indispensabile introdurli in quanto esistono numerose alternative. In Italia del resto abbiamo degli ospedali privati che sono coperti dal servizio sanitario nazionale e che sono quindi erogatori di servizio. Non esiste quindi una differenza in quanto tale tra un ospedale privato e quello pubblico, e tra l’altro non mi entusiasma l’idea di pagare un cittadino perché si rivolga a una struttura privata. Il mio però è un approcciò pragmatico, se un certo meccanismo come quello dei voucher funziona dal punto di vista economico ritengo che vada difeso.
Qual è invece la sua posizione per quanto riguarda le scuole paritarie?
Nella logica che ho enunciato prima, prestatori di servizio pubblici e privati vanno finanziati ugualmente dallo Stato. E’ quindi giusto che una scuola privata che entra in questo schema sia sostenuta dal governo o dagli enti locali. Tutto ciò deve avvenire però a una condizione, e cioè che le scuole paritarie siano più efficienti di quelle pubbliche e consentano quindi allo Stato di risparmiare. Alla fine i numeri devono tornare. Io tenderei per questo ad andare verso un modello basato sulle scuole pubbliche. Ma laddove le paritarie consentano allo Stato di spendere meno è giusto che i genitori che le scelgono abbiano un vantaggio fiscale che corrisponda al risparmio per le casse pubbliche.
(Pietro Vernizzi)