L’Ingegnere sul pulpito. Carlo De Benedetti ha partecipato ieri a Roma alla presentazione di un libro di Antonio Polito, presente il gran mondo della politica e degli affari (detto per inciso: ma non hanno altro da fare questi signori che mettersi davanti a qualsiasi pubblico?) e, come è sua abitudine consolidata nel tempo, ha tenuto una lezione, o una predica. Ha detto un po’ di tutto: che bisogna ridare al Paese un orizzonte e per fare questo si deve assolutamente investire di più nella scuola; che i fondi necessari all’istruzione si possono trovare riducendo le spese militari (non ha citato gli F35, ma l’allusione era chiara) e delle missioni di pace. Ha poi parlato di due temi attualissimi: Ilva e patrimoniale. Sull’Ilva ha proposto una sorta di nazionalizzazione provvisoria, un sequestro conservativo per garantire che gli impianti vengano risanati pur continuando a produrre; sulla patrimoniale, invocandola per tutti i ricchi, ha citato lo storico americano Paul Kennedy.
Benissimo. Chi conosce a fondo Carlo De Benedetti per aver lavorato a lungo con lui in passato è l’attuale ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. Quando era amministratore di Banca Intesa aveva alla parete del suo ufficio un quadro con un gruppo di schiavi che disperatamente trasportavano un ciclopico cubo di marmo. Sopra ci stava un uomo che gridava per incitarli a fare più presto, a tirare di più. Stava sopra, aggravando il peso, non di fianco. A chi andava a trovarlo nel suo ufficio, Passera diceva indicando il signore urlante del quadro: “Ecco, quello è De Benedetti”. Nel senso che le cose utili e faticose l’Ingegnere è sempre stato abituato a farle fare agli altri, magari creando lui qualche disagio aggiuntivo.
Patrimoniale. All’imposta straordinaria sui grandi capitali fa spesso cenno il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, aggiungendo come un ritornello: “Chi ha di più deve dare di più”. Il responsabile economico del suo partito, il rissoso Stefano Fassina, quando ne parla in tv ha la bava alla bocca, come un pirata che trova finalmente il bottino. Ora un Paese con 2mila miliardi di debito pubblico, per oltre la metà in mano a investitori esteri, farebbe bene a trattare con cautela e trasparenza questa materia. Bersani, Fassina & C. dovrebbero smettere di parlare genericamente di patrimoniale: dovrebbero dire con chiarezza e precisione agli investitori che cifra, che percentuale hanno in mente di prelevare. Questo perché i politici, la sinistra possono pensare tutto il male del mondo dei mercati, luoghi satanici, ma, se andranno al governo, finché dovranno collocare 400 miliardi di debito pubblico all’anno, ogni settimana dovranno presentarsi con il cappello in mano sui mercati cercando di piazzare Bot e Btp. Meglio essere chiari con i mercati, perché indispettirli di solito costa caro.
Meglio anglicani? Alberto Gagliardi, per molti anni dirigente in aziende delle partecipazioni statali, ha scritto a giganomics una lettera sul ruolo della Chiesa nel capitalismo. Eccola: «L’articolo su Bruno Tabacci di mercoledì scorso mi conferma che anche da parte di un ex-esponente della sinistra dc, che dovrebbe comunque ricordarsi della feconda lezione di Giorgio La Pira, non c’è alcuna preoccupazione per la sorte della povera gente brutalmente aggredita dai provvedimenti del Governo Monti in linea con le “agende” del capitalismo finanziario internazionale. Della povera gente e della crescente disoccupazione di massa non sembra preoccuparsi neanche la “mia” Chiesa cattolica, indaffarata in Italia da mille problemi, che appare dimentica degli insegnamenti della Dottrina sociale e delle encicliche. Dimentica, in particolare, dell’enciclica “Quadragesimo anno” che in un contesto economico-sociale molto simile all’attuale aveva definito funesto ed esecrabile l’imperialismo internazionale della finanza. Eravamo agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso nel pieno del marasma causato dal crollo di Wall Street in conseguenza delle speculazioni finanziarie americane (come oggi). Mi sorprende, ma mi conforta, che dalla Dottrina sociale della Chiesa cattolica tragga invece ispirazione Justin Welby, nuovo arcivescovo di Canterbury, leader spirituale degli anglicani. Infatti, Welby la scorsa estate (era vescovo allora) non ebbe remore nello stigmatizzare l’avidità perniciosa dei banchieri, della finanza allegra e ladrona, insomma di quella sorta di apprendisti stregoni che stanno conducendo con il loro avventurismo superliberista il pianeta sull’orlo del baratro. A quanto pare la Chiesa anglicana non ha complessi reverenziali verso il premier conservatore inglese».
Buone notizie. La prima: è stato licenziato il giornalista della Rai che, facendo un servizio per la partita Juventus-Napoli, aveva detto che i tifosi napoletani si distinguono dalla puzza. La seconda: presentato un emendamento per fare pagare l’Imu anche alle Fondazioni bancarie.