Considerata l’attenzione che mostrano i grandi giornali e i grandi network televisivi, sembra che queste “primarie” del Partito democratico, o meglio del centrosinistra (ormai quasi ci si dimentica di ricordarlo), siano una sorta di “svolta” o di “rinascita” della democrazia italiana, una lezione di democrazia per l’intero Paese. Forse i termini usati sono un po’ troppo enfatici e, anche se i due candidati alternano fasi di correttezza e di understatement a toni duri di sfida e anche a insinuazioni di “gestione” non troppo ortodossa del voto e dei “verbali”, occorre dire che alla fine non si prevedono ricorsi a una ipotetica “Consulta” degli scontri politici. Ma c’è tuttavia da aggiungere che questo ballottaggio tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani ha messo in luce tante contraddizioni nella sinistra italiana, che probabilmente emergeranno ancora di più quando si saprà chi ha vinto, chi ha guadagnato i “galloni” di presentarsi come leader alle prossime elezioni politiche. Piero Ostellino è un “vecchio” liberale a 24 carati, un grande ex direttore de “Il Corriere della Sera”, e oggi è una delle poche voci originali e non in sintonia con il piatto conformismo mediatico che è calato sull’Italia.
Che giudizio si è fatto di queste “primarie” del Partito democratico?Detto con grande franchezza, mi sembrano un artificio. Si contano, stanno contando i voti tra di loro. Credo che alla fine vincerà Pier Luigi Bersani, vincerà il candidato del partito, dell’apparato.
Ma non c’è dubbio che l’operazione fatta da Renzi mette già adesso in difficoltà il partito. La “rottamazione” ha causato il ritiro di personaggi come Massimo D’Alema, di Walter Veltroni, il quasi oscuramento di un personaggio come Rosy Bindi, che è ancora il presidente del Pd.
Bersani dovrà fare i conti con questa nuova realtà. Tutto questo è vero. Ma alla fine sarà lui a guidare il centrosinistra e anche a vincere le prossime elezioni politiche. Di certo in una situazione precaria, magari costretto a fare delle alleanze, per formare una maggioranza, che stanno in piedi in modo veramente appiccicato. Come quelle che si fecero con Romano Prodi e quindi con risultati che non possono di certo garantire una buona governabilità.
Come giudica l’altro candidato, Matteo Renzi?
Non c’ alcun dubbio che abbia portato un poco di vitalità nello schieramento di sinistra, ma mi piacerebbe, detto piuttosto seccamente, conoscere quale è il suo programma per governare il Paese. Questo al momento non si è ancora ben compreso. Ripeto, non nego che Renzi abbia portato un po’ di vitalità. Forse bisognerà vedere dopo il risultato del ballottaggio, quali equilibri ci saranno all’interno del centrosinistra. Occorre aspettare e vedere. In questi giorni circolano strane voci, strani rumors. Un personaggio come Umberto Ranieri, storicamente appartenente alla vecchia “destra comunista”, presidente della Fondazione Mezzogiorno e Europa, vicino al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è schierato con Matteo Renzi con una motivazione secca: “E’ un sostegno vissuto come liberazione da un’oligarchia”.
C’è qualcuno che “forza” la proprietà transitiva e dice che anche Napolitano vedrebbe bene un successo di Renzi. E’ esagerato?
Non ho gli elementi per commentare simili voci. Io penso che un anno fa, quando si è dimesso Silvio Berlusconi, Napolitano pensasse a uno sfaldamento di entrambi gli schieramenti, sia quello di centrodestra che quello di centrosinistra. Poteva infatti indire le elezioni e non lo ha fatto, probabilmente proprio perché puntava a un rimescolamento degli equilibri politici italiani., appunto a uno sfaldamento dei due schieramenti. Anche se per essere precisi, ritengo che Napolitano puntasse soprattutto su uno sfaldamento del centrodestra. Bisogna vedere e aspettare.
C’è un altro aspetto che si può vedere in questo ballottaggio tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani. Qualcuno potrebbe vedere in Renzi un piccolo erede di quella che fu la storia della “destra amendoliana”, che si è battuta nel Pci per un partito unico di sinistra, democratico o laburista, fin dall’ottobre del 1964, due mesi dopo la morte di Palmiro Togliatti.
Altro contesto storico, altri uomini, di un’altra statura. Giorgio Amendola era un grande personaggio, figlio di una grande liberaldemocratico come Giovanni Amendola. E’ una storia del tutto diversa. Detto che Renzi ha portato un poco di vivacità e che può provocare equilibri differenti nel Pd, personalmente non ho ancora capito il suo programma per governare il Paese.
(Gianluigi Da Rold)