Ieri l’accordo è stato raggiunto. Federica Mogherini è il nuovo Alto Rappresentante della politica estera e di sicurezza comune. Il consenso è arrivato nel Consiglio europeo tenutosi ieri a Bruxelles, che ha avuto luogo dopo il vertice del Partito Socialista Europeo nel quale Renzi aveva parlato di “un consenso credo unanime tra i socialisti” sulla nomina a “Lady Pesc” del nostro attuale ministro degli Esteri, con François Hollande, presidente della Repubblica francese, che aveva confermato le parole del premier italiano. Abbiamo chiesto un commento al professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze.
Quanto conta il consenso incassato da Renzi sulla nomina della Mogherini?
La Mogherini in sé non è una personalità di spicco, e quindi Renzi ha commesso un grosso errore a mandare una figura che si distingue solo per il suo colore politico. In più la Mogherini non esce da una tradizione di sinistra: resto convinto che l’entrata del Pd tra i socialisti sia un artificio, perché il suo gruppo è piuttosto quello della sinistra cattolica. La tradizione del gruppo fiorentino di Renzi è piuttosto quello di La Pira, e quindi non può vantare un ascendente nei confronti del Partito Socialista Europeo.
La candidata italiana può contare su un curriculum internazionale di livello?
Da un punto di vista internazionale la Mogherini non ha un curriculum di rilevo, come potrebbe averlo avuto uno degli ambasciatori di cui poteva disporre Renzi nel suo entourage. La Mogherini non è inoltre dotata di un curriculum da cui si possano comprendere le sue simpatie dal punto di vista della politica internazionale, e si trova nella situazione di non avere espresso con chiarezza una linea sulle tre crisi in corso: quella ucraina, quella palestinese e quella irachena.
Ma il ruolo di Alto rappresentante europeo per la politica estera conta davvero qualcosa?
La capacità di agire in modo autonomo, in un ruolo come il ministro della Difesa europeo, dipende dall’autorevolezza che alla Mogherini manca. Il fatto che Renzi non abbia puntato sui commissari economici d’altra parte è comprensibile, perché non aveva speranza: se l’Italia avesse attuato riforme incisive come quelle spagnole, avrebbe avuto titolo, ma non avendole fatte ha fatto bene a evitare una sconfitta. Non gli restava che puntare sul commissario agli Affari esteri, fermo restando che la scelta della Mogherini, ripeto, è un ripiego.
Tra i problemi della Mogherini c’è anche la giovane età?
No, come non è il problema di Renzi. Anche Craxi quando iniziò il suo percorso politico era giovanissimo. Il problema è che Renzi non ha un pensiero innovatore, anzi il suo pensiero di partenza non c’è e questo è un grosso problema. Renzi sceglie tra le persone vicine a lui, in parte suoi coetanei. Comunque, fa bene a puntare sui giovani.
Ma con quali margini reali di azione?
Il premier ha un partito – il Pd – circondato da una sinistra giustizialista e quindi solo con una generazione nuova può fare un rinnovamento credibile. Il vero problema è piuttosto la mancanza, come dicevo, di un’ideologia precisa, se si esclude la volontà di cambiare pagina.