Hanno un bel dire Stefano Fassina e Giuseppe Civati, tra i più rappresentativi “giovani” del Pd, a bocciare l’ipotesi di un’alleanza con la lista civica fatta dai personaggi provenienti dall’area che gravita attorno a Repubblica. Più Saviano. Che nega la discesa in campo. Ma, sovente, in questi casi “no” vuol dire “sì”. In ogni caso: dicono, in sostanza, i due piddini, che si tratterebbe di una tutela culturale, un commissariamento, insomma, che certificherebbe una sorta di complesso di inferiorità del partito. Non hanno fatto i conti, tuttavia, con la triste realtà. E’ quello che sta facendo Bersani. Al segretario del Pd, l’idea di dover trattare con gli uomini di Barbapapà e, magari, da una posizione di inferiorità, non piace per niente. Teme, tuttavia, la debacle. E non vede alternativa per contrastare l’avanzata dei grillini. Certo, che l’attuale primo partito italiano (stando a proiezioni e sondaggi vari) abbia bisogno di un manipolo di giornalisti ed intellettuali per evitare figuracce, non è del tutto normale. «In effetti, si tratta di una vicenda curiosa. La lista civica viene presentata a Bersani come l’arma segreta per contenere Grillo. Questo, almeno, è il modo in cui viene dipinta dai suoi fautori. Non si capisce, tuttavia, perché degli elementi estranei al partito dovrebbero fornirgli armi invincibili gratuitamente», fa presente a ilSussidiario.net Paolo Franchi, giornalista esperto di politica. «E’ evidente – continua – che una lista del genere, di fatto, nasce per avere un forte potere di condizionamento nei confronti del Pd».
Detto questo, non è escluso che per il Pd, possa rappresentare un vantaggio. «L’alleanza tra società politica e società civile potrebbe essere l’unico modo per contenere la protesta della società civile». Fino a poco tempo fa, tuttavia, sembrava che il complesso d’inferiorità nei confronti del mondo culturale ce lo avesse solo la destra. «Non credo che il problema riguardi tanto il rapporto tra la sinistra e la cultura – dice Franchi -, quanto il rapporto tra il partito e il Gruppo Repubblica-L’Espresso. Il legame tra i due iniziò a stringersi negli anni ’80, nell’ultima fase del Pci berlingueriana (ma Berlinguer, nonostante fosse capace di fare accordi anche col Diavolo, aveva uno spessore tale che non era condizionabile); da allora il gruppo editoriale iniziò ad assumere un peso specifico sempre più rilevante». Il gruppo, ma anche De Benedetti. «Come è stato detto più volte e come lui, in passato, ha spesso ribadito, è pur sempre la tessera numero 1 del Pd. Con il quale ha un rapporto quasi trentennale. Seppur non consumato allo stesso modo con tutti i dirigenti del partito, dal Pc al Pd, passando per i PdS e i DS». Bersani, che sembra aprire all’ipotesi ma fino a ieri l’aveva definita una bufala, non impazzisce certo all’idea. «Non credo, personalmente, muoia dall’entusiasmo. Tuttavia, non può fare altro che prendere atto della situazione: sa bene che la concorrenza di Beppe Grillo può nuocere, in particolare, al suo partito. E, al contempo, sa bene che il Pd, di per sé, non ha alcuna carta vincente particolare da giocare per contrastare l’ondata di antipolitica e la protesta della società civile».
In ogni caso: «Se una lista civica costituita da autorevoli personaggi presenta una proposta di apparentamento, normalmente per un partito di sinistra non dovrebbe essere un problema. Ci si mette al tavolo e se ne discute, senza chiusure pregiudiziali. Qui, invece, sembra quasi che il Pd si senta minacciato dai “visitors”. Credo che, al fondo, la vicenda rifletta una questione sostanziale. Se il Pd, che è il principale partito di centrosinistra del Paese, si trova in questa situazione, è perché ha un problema politico-culturale e, soprattutto, identitario, grande come una casa».
(Paolo Nessi)