E’ iniziato il Renzi 2 alla guida del Pd. Il congresso ha dimostrato l’assenza di alternativa di leadership; meno chiari linea politica e contenuti programmatici. Soprattutto c’è una contraddizione di fondo che l’ex premier non supera: da un lato vuole rilanciare la sua leadership e dall’altro continuare a dimostrare che dopo il 4 dicembre l’Italia è ferma nella “palude”. Una contraddizione che Renzi al momento crede di risolvere concentrandosi sulla ripresa del potere e cioè mettere Palazzo Chigi e Parlamento in linea retta con il Nazareno. Il messaggio è: “il padrone di casa” è tornato. Ma se nel partito tale monito è ormai recepito, al di fuori del Nazareno c’è qualche problema.
Di certo il Renzi 2 deve fare i conti con una crisi di rigetto. La prima mossa dopo la rielezione a segretario del Pd è stata l’istituzione della “cabina di regia” (accompagnata dalla circolare Boschi per regolamentare il lavoro dei ministri). Ma l’ex premier come “premier ombra” non è solo un ridimensionamento del premier in carica e una sottovalutazione di “tecnici” e figure istituzionali del potere esecutivo e legislativo. La cabina di regia al Nazareno significa trattare il governo come un monocolore determinando così la reazione degli alleati. L’esordio della cabina di regìa è stato così il giorno della confusione sui vaccini, con i ministri della sanità e dell’istruzione in plateale divaricazione.
Subito dopo è esploso il caso Boschi che in pochi giorni è diventato Boschi-Delrio. E’ evidente che la questione verte sul fatto che Boschi senior sembra essere stato messo nel vertice della banca non per un eccezionale curriculum, ma perché un suo amico è diventato primo ministro e sua figlia è un influente ministro.
La reazione di Renzi in proposito è stata molto debole: de Bortoli è contro di lui perché non è diventato presidente della Rai. Così il leader del Pd ammette quel che aveva sempre negato e cioè che le nomine Rai — a cominciare dai vertici — dipendono da lui. Ma, soprattutto, è noto che l'”ossessione” di de Bortoli — il suo atteggiamento non positivo verso Renzi — non è recente e, soprattutto, non è un fatto personale, ma rispecchia umori anche più autorevoli. Per essere precisi la “rottura” tra Renzi e de Bortoli avviene — e diventa insanabile per Palazzo Chigi — nel febbraio 2015 quando il Corriere della Sera rivela che alla vigilia dell’elezione presidenziale Renzi mandò da Mattarella la Boschi per “una sorta di consultazione preventiva” e cioè assicurarsi l’assenso dell’allora giudice costituzionale al progetto di revisione costituzionale del governo. Un’iniziativa un po’ “padronale” (se non ricattatoria) e che dimostrava scarso rispetto istituzionale da parte di Palazzo Chigi.
La divaricazione con Mattarella è poi pubblicamente esplosa dopo il 4 dicembre, quando Renzi voleva andare alle elezioni anticipate gestendole con il suo governo dimissionario e il presidente della Repubblica ha posto la pregiudiziale di una nuova legge elettorale. Da allora Renzi insiste nel dimostrare che il Quirinale ha sbagliato e che si sta solo perdendo tempo in un Parlamento-palude.
In particolare, nel discorso fatto al momento della rielezione dopo le primarie Pd, forse Renzi ha esagerato nell’uso del tono “il padrone è tornato” anche nei confronti del presidente Mattarella (al limite della minaccia di sfratto anticipato dal Quirinale). Fatto è che Matteo Renzi, dopo aver portato avanti trattative parallele con Berlusconi e i 5 Stelle, alla fine si è trovato isolato e in minoranza nella commissione Affari istituzionali.
Di certo Renzi non può accettare il premio alla coalizione, perché ciò vanificherebbe la vittoria congressuale e lo costringerebbe a nuove primarie non più di partito. Come ultimo possibile alleato gli è quindi rimasto Salvini. Infatti il leader della Lega vuole a tutti i costi lo scioglimento anticipato delle Camere in quanto paventa il voto nel 2018 perché sarebbe abbinato alle elezioni regionali in Lombardia che lo costringono a un accordo con Berlusconi. Perdere la presidenza della Regione per chi guida la Lega significa la decapitazione politica immediata.
La legge elettorale si è così ingarbugliata. Adesso c’è la conferma della “palude”, ma Renzi sta perdendo il ruolo di “dominus” in materia e tutti attendono il ritorno di Mattarella in Italia per cercare la via d’uscita.