Credo che sbaglieremmo a riproporre, dopo il risultato elettorale, nel tentativo di spiegare il cataclisma accaduto, le ormai abituali categorie del populismo e dell’antipolitica. Il fenomeno di grandi maggioranze della popolazione che si lasciano trascinare emotivamente da una personalità che, interpretando gli stati d’animo profondi, li trasforma in fantasmatici paradisi terrestri è un fenomeno che ormai dopo la prima guerra mondiale ha caratterizzato più volte la scena politica europea. La questione non è, dunque, questa disponibilità gregaria di una parte della popolazione del paese, ma chi e come la usa e con quali messaggi viene canalizzata verso un risultato elettorale.
Non intendo sdrammatizzare populismo, antipolitica e astensionismo, che sono frequenti nel mondo contemporaneo, ma sottolineare che, sia pure quando assumono connotati patologici, non sono da soli sufficienti a determinare la disintegrazione di un sistema politico e sociale come sta accadendo in Italia. Bisogna piuttosto analizzare, in ciascun ambito in cui si manifestano queste spinte, le forze e gli interessi reali che esse rappresentano. Analizzando in questo modo i risultati appena comunicati, si può ricavare che l’analisi del voto mette in evidenza tre linee di frattura all’interno del nostro sistema-paese che ne minacciano drammaticamente l’integrità e sono comunque un serio e quasi insormontabile ostacolo a trovare una visione unitaria nella quale possono in parte essere risanate.
1. La prima linea di frattura riguarda il coagularsi in quest’ultimo anno di una profonda avversione verso le politiche del governo Monti e l’ossequio servile mostrato verso le direttive delle istituzioni finanziarie europee e del governo tedesco. Il M5S non è una protesta rabbiosa, come quella che si manifesta in certe manifestazioni di piazza turbate da lanci di fumogeni e sanpietrini, ma un orientamento diffuso tra le nuove generazioni e anche tra alcune parti delle generazioni di mezza età contro il montismo e ciò che esso ha rappresentato. Questo senso di ripulsa verso una politica che, con i guanti bianchi e lo stile felpato, si è mostrata totalmente insensibile ai sentimenti di frustrazione e di rabbia di chi ha dovuto pagare tasse su redditi minimi o non ha trovato alcun tipo di sbocco lavorativo, ha finito con il vedere nel governo Monti l’egemonia finanziaria della borghesia più ricca e potente d’Europa che non riesce a trovare alcun sentimento di solidarietà verso i più deboli e gli emarginati.
Un governo dell’indifferenza sociale che è stato sempre più arrogante e supponente verso gli italiani mostrando con la scelta di scendere in campo una volontà di sopraffazione che, nonostante lo stile soft, appariva francamente insopportabile. Tuttavia nell’immaginazione collettiva il governo Monti ha assunto i connotati più ampi dell’intero ceto politico che ha partecipato al suo governo e che non ha mostrato alcuna capacità di riforma, lasciandosi invece travolgere da scandali e pratiche illecite nella gestione di quasi tutte le strutture di comando del paese (dalla Finmeccanica al Mps).
2. La seconda frattura per certi versi è ancora più grave. Si tratta del formarsi di uno spirito nordista che aspira a fare delle tre regioni del Nord un vero e proprio territorio da annettere all’Austria e alla Germania, liberandosi della zavorra del Sud. L’alleanza tra Berlusconi e la Lega ha rilanciato quel mostruoso processo di secessione che per tanti anni ha minacciato l’unità del paese e ha provocato sacche di corruzione inaccessibili a ogni tipo di vigilanza. In questo risultato nazionale pesa, infatti, moltissimo l’effetto delle maggiori regioni del Nord che hanno seguito l’istinto della più brutale avidità nella corsa ad accaparrarsi le risorse pubbliche. La questione settentrionale, che è stata tanto evocata da importanti intellettuali italiani, ha avuto solo l’effetto di riproporre un dualismo sociale e culturale che si è manifestato in una continua accentuazione dei toni di sprezzante colpevolizzazione adoperata verso le popolazioni meridionali. Non è un caso, com’è stato sottolineato, che nella campagna elettorale non si è ascoltata nessuna parola rivolta agli elettori meridionali che provasse a capirne la disperazione e la rabbia.
3. La terza frattura, che per certi versi attraversa anche le altre, è tra chi continua a ritenere non inutile la forma destra-sinistra e chi cerca di appiattire tutto il problema del governo in una pura amministrazione contabile. Contrariamente a quanto alcuni intellettuali anche illustri hanno scritto, esistono le condizioni materiali per individuare una sinistra forse priva di consapevolezza politica, ma effettivamente oggetto di sfruttamento e sopruso. Tutto il mondo del lavoro, autonomo e dipendente, il mondo della forza lavoro non occupata, le donne e gli anziani, subiscono un’esclusione sociale dall’accesso ai beni e alla vita pubblica che ci fa tornare indietro nella scala della civiltà. Esiste una destra di professionisti che sfuggono alle tasse, che non danno ricevuta, che elevano le loro parcelle e le loro tariffe senza alcun riguardo alla condizione reale dei propri utenti. Ci sono enormi pezzi di borghesia di rendita che si limita a sprecare, per i propri consumi lussuosi, tutto ciò che sottrae all’attività produttiva. La questione della rendita sommata all’evasione fiscale costituisce da sempre un grande problema del nostro paese e rappresenta il nocciolo duro del consenso berlusconiano che cerca alleanze al Nord con le forme più spregiudicate dell’egoismo padano.
La composizione e scomposizione che, nel corso di una campagna elettorale, determina i movimenti delle tre fratture, chiarisce perché il problema del nostro paese è oramai quello della consistenza effettiva di una visione nazionale. Dopo questo catastrofico risultato elettorale si potrebbe dire che è stato inconsapevolmente celebrato il funerale dell’unità del nostro paese. Le urla di Grillo che vibrano nelle orecchie di tanti italiani e cha raggiungono persino le orecchie degli elettori siciliani non esprimono purtroppo nessuna linea di unificazione del paese. Il Sud continua a piangere sulle proprie miserie e il Nord continua ad accusarlo di parassitismo e di scarso amore per il lavoro.
Berlusconi nasconde sotto il suo prezioso mantello di superman gli interessi più loschi di quella borghesia italiana e di quel ceto medio che sognano soltanto di non pagare più nessuna tassa e di continuare a sfruttare tutto ciò che lo Stato di fatto fornisce loro fra infrastrutture e servizi. Monti e il montismo, a parte l’indecenza di vecchie candidature centriste, cerca di trasmettere al paese l’idea che soltanto chi parla l’inglese e indossa uno smoking ha il diritto di parlare in Europa, cantilenando con una cadenza da litania mortuaria le sue cifre che mettono al sicuro i soldi dello Stato.
Bersani ha fatto sicuramente uno sforzo immane per ridare al suo partito una fisionomia più incisiva che in passato e si è posto di fronte agli elettori con spirito di verità e serietà, ma dovrebbe anche riconoscere di non aver colto la profondità dei mali di questo paese e di non aver saputo segnare un punto di svolta e di discontinuità rispetto all’esperienza precedente. È rimasto intrappolato dentro le suggestioni montiane e dentro il coro della stampa italiana, che sin dall’inizio della campagna elettorale voleva Monti al governo. Il più grave errore di Bersani è stato quello di non interpretare come andava fatto il successo di Renzi, lasciando a casa non pochi dei capilista e dei fuori regola che sono stati ripresentati alle elezioni. I discorsi che si sono ascoltati per lo più hanno affrontato il tema dell’Europa, così come Scalfari aveva scritto, quasi che si trattasse di un referendum sul restare dentro l’Unione europea o venirne fuori. Non si è capito che l’Europa è ormai un mondo lontano e ostile. E quando Bersani ha provato a scendere nei dettagli delle sue proposte concrete, non è riuscito a trasmettere il carattere complessivo di una cornice che consente di riconnettere i vari tasselli. Cercando di dare molte risposte a molti problemi spesso ha riprodotto la frantumazione di una società che ha bisogno di un nuovo collante ideale.
Dire che il paese a questo punto appare ingovernabile è poco rispetto all’impressione deprimente che la campagna elettorale ha lasciato agli italiani. Il ruolo dei giornali e della televisione non ha certo impedito lo scivolamento della campagna elettorale in uno spot pubblicitario e in uno spettacolo di intrattenimento. Per fare una battuta, penso che Fazio invitando Crozza a Sanremo abbia fatto un enorme regalo a Berlusconi. Il domani è sicuramente denso di nebbia ma bisogna sperare sempre che il vento la porti via.