Chiusura buona per il titolo di Eni in Borsa, con Piazza Affari che fa registrare un generale rialzo dopo l’apertura ottima di Wall Street: timido l’avanzamento del Cane a sei zampe che finisce la seduta con un progresso dello 0,28%. Secondo il centro studi di Teleborsa, «Nella giornata abbiamo assistito ad un avvio con forza ed apertura a 14,44 Euro, vicino ai massimi della seduta precedente, seguito da un indebolimento che persiste nella giornata e chiusura in crescendo a 14,4 in prossimità dei massimi di seduta». La base settimane del trend di Eni invece si chiude in buona solidità, ben maggiore rispetto al FTSE MIB: in questo momento, nonostante i problemi giudiziari del numero 1 Descalzi, l’appeal degli investitori è rivolto con maggiore decisione ad Eni piuttosto che all’indice di riferimento italiano.
In Eni, mentre prosegue il problema sul fronte giudiziario con il processo richiesto per il caso Nigeria, continua ovviamente la constatazione in Borsa che anche per quest’oggi non brilla ma non perde neanche gravi impennate al ribasso a Piazza Affari. Stando all’analisi del rischio, prodotta da Teleborsa con gli ultimi dati finanziarie, la compagnia Eni appare piuttosto stabile come trend in questo ultimo periodo. Il livello di volatilità giornaliera è contenuto a 1,727. Secondo l’Ufficio Studi di Teleborsa, «I volumi giornalieri pari a 15.409.855, risultano superiori alla media mobile dei volumi ad un mese fissata a 13.551.642, situazione che invoglia ad un’operatività di medio periodo per l’interesse mostrato da parte degli investitori».
A processo per tangenti: gli ultimi giorni di Eni sono alquanto agitati dopo la notizia arrivata due giorni fa del processo richiesto contro l’attuale ad di Eni, Claudio Descalzi e anche per l’ex ad Paolo Scaroni. «Processate il numero uno di Eni», è la sostanziale richiesta dei pm di Milano, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. Il motivo? L’amministratore delegato, in scadenza di mandato, è accusato di concorso in corruzione internazionale, per circa un miliardo e 300 mila dollari di tangenti versate – secondo l” ipotesi accusatoria – all’ex governo nigeriano per ottenere, insieme alla Shell, i diritti esclusivi di sfruttamento del giacimento Opl245. In Borsa le azioni continuano in saliscendi al momento non preoccupante ma il mercato vuole ancora sapere quali saranno i prossimi step dell’azienda italiane tra le più influenti al mondo. Come riporta Repubblica, la richiesta dei Pm va anche oltre: «Oltre a Descalzi, la medesima richiesta è stata indirizzata ad altre 10 persone fisiche e due enti, Eni e Shell, appunto. Tra gli imputati, anche il predecessore di Descalzi, Paolo Scaroni, alcuni manager della società del cane a sei zampe, e diversi mediatori, tra cui Luigi Bisignani, ed ex componenti di spicco del governo africano. Descalzi – difeso dall’ ex ministro della Giustizia, Paola Severino – è stato interrogato per ben due volte nell’estate scorsa dalla procura, respingendo sempre l’ accusa».
La replica della Eni è arrivata nella giornata di ieri, dopo le clamorose novità sul caso tangenti in Nigeria riportate dai pm di Milano: piccata, dettagliata e al momento smentendo le notifiche della Procura. Attualmente non ci è stato notificato alcun provvedimento. Teniamo a ribadire la correttezza dell’operazione relativa all’acquisizione della licenza del blocco opl 245, conclusa senza l’intervento di alcun intermediario, da eni e shell con il governo nigeriano”. Così un portavoce di Eni nelle ore immediate alla notizia del possibile processo; ha poi aggiunto come la società Eni non appena è venuta a conoscenza dell’esistenza di una indagine avente ad oggetto la procedura di acquisizione del blocco opl 245, «ha incaricato uno studio legale americano, di rinomata esperienza internazionale, del tutto indipendente, di condurre le più ampie verifiche sulla correttezza e la regolarità della predetta procedura». Al momento, da questa indagine approfondita secondo i vertici di Eni «è emersa la regolarità della procedura di acquisizione del blocco opl 245, avvenuta nel rispetto delle normative vigentì», conclude la nota della compagnia petrolifera.