L’arresto a Messina del neodeputato appena eletto alla Regione siciliana Cateno De Luca torna a fare esplodere le polemiche e apre a numerosi scenari politici inediti.
Inserito nella lista dei presunti “impresentabili” redatta dal Movimento 5 Stelle perché sotto processo per il così detto “sacco di Fiumedinisi” (paese della provincia di Messina di cui è stato sindaco) nell’ambito del quale per lui è stata avanzata una richiesta a 5 anni di pena, De Luca non si è mai scomposto. E non lo ha fatto neanche dopo l’arresto per evasione fiscale. Una vicenda parzialmente diversa da quella contestata.
Occorre prima di tutto comprendere il personaggio De Luca, conosciuto, fino ad ora, più per le sue proteste eclettiche che per le vicende giudiziarie. Per ben due volte, infatti, per ottenere attenzione alle sue manifestazioni ha scelto di protestare “in mutande”. La prima volta da sindaco di Fiumedinisi si spogliò a Palazzo dei Leoni, sede dell’allora provincia di Messina. In seguito, approdato all’Ars come deputato del Movimento per l’autonomia, si spogliò in sala stampa coprendosi solo con la bandiera della Regione siciliana e con una coppola in testa, portando in mano un pupazzo di pinocchio e una Bibbia per protestare contro la sua mancata elezione a presidente di una commissione parlamentare.
Dimessosi da Mpa fonda il movimento Sicilia Vera, che chiude l’accordo con l’Udc nel quale si candida il 5 novembre per essere rieletto deputato regionale dopo un anno di stop, anche se lui punta a diventare sindaco di Messina alla prossima tornata amministrativa.
Sul fronte giudiziario non si scompone di fronte alle accuse dei 5 Stelle né alle richieste di condanna. Ha una vasta esperienza. Sotto processo per ben 14 volte, è stato assolto in 13 casi e non si fa scrupoli nel dire che lo sarà anche stavolta.
Arrestato e posto ai domiciliari stavolta per evasione fiscale, consegna a Facebook la sua difesa irridendo la magistratura e offrendo ai suoi contatti il “caffè del galeotto” per poi, in un successivo video social, spiegare anche che sapeva che sarebbe stato arrestato per impedirgli di fare il sindaco di Messina. Glielo avrebbe detto un avversario politico imparentato con diversi magistrati.
Questo il personaggio e gli elementi che sollevano qualche dubbio sulle vicende giudiziarie che lo riguardano.
Alla luce di ciò non appare mediaticamente fortissimo l’assioma in base al quale l’arresto di De Luca è la dimostrazione del condizionamento del voto anche se il dubbio permane ed è decisamente forte sul fronte politico.
La vicenda de Luca, alla fine di questa giornata, non ci consegna un quadro definito ma l’ennesimo quadro nebuloso nel quale i giustizialisti possono, a ragione, vedere condizionamenti, inopportunità alla candidatura, rischi per la democrazia. Al contrario i garantisti possono vedere dubbi di legittimità sulle tante accuse mosse, istrionismo del personaggio, forzature giudiziarie. E i complottisti possono perfino credere alla pista del condizionamento massonico anti De Luca per impedirgli di proseguire nella candidatura a sindaco.
Di certo c’è soltanto che la nuova Ars parte col piede sbagliato e già macchiata da un arresto. Manca circa un mese a proclamazione e insediamento. In questi giorni De Luca dovrà chiarire la sua posizione ed ottenere la scarcerazione. Se non dovesse riuscirci l’Ars dovrà insediarsi non con 70 deputati ma con 69 e solo dopo la commissione verifica poteri potrà nominare il primo dei non eletti dell’Udc di Messina, Danilo Lo Giudice, deputato supplente in attesa che la vicenda De Luca giunga a conclusione. Un’assoluzione gli permetterebbe di tornare all’Ars, una condanna lo escluderebbe definitivamente confermando il posto a Lo Giudice.
Intanto Nello Musumeci, neopresidente della Regione, si trova costretto a partire in salita promettendo che d’ora in poi dirà molti no agli alleati per evitare altri guai, per giusta prudenza istituzionale, a iniziare dalla composizione della sua giunta.
Manlio Viola è direttore di blogsicilia.it