Con North Stream e South Stream la Russia avrebbe tre condotte per portare la sua energia ai paesi europei, le due nuove e quella attuale che passa attraverso l’Ucraina. Con tre condotte la Russia è in grado di dividere e governare a piacimento l’Europa, che non è un’entità politica unitaria, ma un collage variegato di una trentina di stati con mire strategiche spesso nulle o molto confuse. È teoricamente vero, come hanno rilevato alcuni difensori del progetto russo, che gli europei sono fornitori di denaro alla Russia, senza i soldi europei la Russia muore un minuto dopo che l’Europa muore senza energia russa. Ma nella realtà questo sarebbe vero se l’Europa fosse unita politicamente: allora potrebbe trattare da pari a pari con la Russia. In realtà l’Europa è disunita, e ci sono tre condotte russe di gas: ciò significa che Mosca può calibrare forniture e pressioni ai vari stati minimizzando il rischio di restare senza soldi. Cioè, per esempio, può togliere gas alla Germania o alla Polonia, senza influenzare le forniture ad altri paesi che rimangono amici, e soprattutto senza tagliarsi le vene privandosi completamente di flussi di denaro.
In altre parole, South Stream diventa un’arma strategica con cui la Russia può dominare l’Europa. In altre parole, come per i migliori scacchisti, una situazione di difesa, per l’arrivo di Nabucco, può trasformarsi in una posizione di attacco per la Russia con cui non solo si consolida il vecchio territorio ex sovietico, non solo si approda al Mediterraneo, dopo tre secoli di fallimenti, ma si arriva a dominare l’Europa.
South Stream è sostenuto dallo stato russo, non ha quindi problemi di finanziamenti, a differenza di Nabucco che è un progetto commerciale. Quindi la semplice spinta in avanti di South Stream da parte della politica e dei media, può fare naufragare Nabucco, che di per sé ha mille problemi politici e tecnici di realizzazione. Per esempio c’è la grande questione di come passare per il Caspio, se non si ha l’accordo preciso dei paesi rivieraschi. Una volta naufragato Nabucco poi South Stream prende sempre più forza.
Senza Nabucco e con solo South Stream, la Russia ha uno strumento anche per negoziare da un punto di grande forza con altri paesi produttori di gas e petrolio a cui potrebbe convenire accodarsi alla cordata russa di forniture all’Europa. Insomma esso potrebbe essere il collante di una specie di super Opec imperniata sulle condotte e sulla Russia. Le forniture con condotte sono strategicamente importanti perché sono un patto di lungo termine fra stati, non come le forniture per nave, che in teoria possono essere dirottate verso un altro porto a piacimento. Le condotte sono molto care e impegnano per decenni i rapporti fra stati. Non possono essere cambiate facilmente.
Ci sono conseguenze globali dell’operazione. Se la Russia chiude il mercato delle forniture europee di idrocarburi ha un forte elemento in più per determinare i prezzi globali degli idrocarburi verso l’America o verso l’Asia, grande consumatore in crescita di energia.
La Russia poi non è un paese europeo come gli altri, anche a parte la sua storia. Le sue dimensioni territoriali (la Russia è più grande di tutta l’Europa) e demografiche (quelli che parlano russo come prima lingua in Europa sono oltre il doppio di quelli che parlano la seconda più diffusa lingua europea, il tedesco) ne fanno un super gigante se paragonato con gli altri paesi europei. Il suo livello di ricchezza media, inferiore a quello degli europei avanzati, crea un senso di profonda disparità con i “colleghi” europei: i russi si sentono più grandi, più forti degli europei singolarmente, mentre rimangono più poveri. South Stream potrebbe cambiare il rapporto.
L’Eni in questa situazione ha colto un’opportunità commerciale, inserirsi in un tentativo di chiudere il mercato europeo degli idrocarburi, e diventare di fatto monopolista mondiale con Gazprom. La storia degli idrocarburi è una storia di monopoli. Ci sono state le “sette sorelle”, le aziende petrolifere anglo americane che dominarono il mercato dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’70, ci fu poi l’Opec dagli anni ’70. Ma entrambi i tentativi di monopolio erano alleanze con molti attori, almeno sette grandi aziende petrolifere per le sette sorelle, e decine di stati produttori per l’Opec. Inoltre l’Opec, nato anche sull’onda terzomondista degli anni ‘60, ma privo di un forte sostegno politico militare naufragò di fatto in pochi anni, le sette sorelle durarono invece per quasi un trentennio sulle spalle del potere politico militare anglo americano.
L’alleanza Eni-Gazprom per durare avrebbe bisogno storicamente quindi di un forte appoggio politico. Ma la Russia ha il peso politico-militare per esercitare la protezione su Eni-Gazprom? E se non ce l’ha cosa è disposta a fare per ottenerlo? Cosa è disposta a fare se qualcuno le sbarra la strada?
Inoltre, le sette sorelle erano sette, non due compagnie, e si basavano sulle due potenze vincitrici del conflitto mondiale, Usa e Gran Bretagna, non sulla potenza sconfitta nella guerra fredda, Russia, e una media potenza, l’Italia. Qual è poi l’interesse dell’Italia? In un’alleanza con la Russia sarebbe partner minore, senza potere di leva verso il partner maggiore e sottoposto a suoi eventuali cambi di umore politico, un po’ come nell’alleanza tra Mussolini e Hitler. Interesse dell’Italia è invece quello di avere energia al prezzo più basso possibile (che si ottiene con più fornitori in competizione fra loro), che spingano la sua forza industriale di Paese da terziario avanzato, e non vivere delle rendite di petrolio.
Infine occorre ricordare una regola basilare di mercato. Dall’inizio del capitalismo una influenza malvagia sul mercato è stata quella dei monopoli, che drogano i prezzi, creano disservizi per i consumatori, e creano atmosfere drogate per le aziende. In altre parole i monopoli tentano di riportare l’economia capitalista verso un’economia feudale. L’alleanza Eni-Gazprom va in questa direzione.
(2 – continua)