“L’accordo era nell’aria, ma è nella storia. Governiamo insieme da 21 anni, governiamo l’Italia, governiamo e abbiamo governato regioni centrali per l’Italia come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto. Quindi l’accordo è nella storia e sarà nel futuro di Forza Italia e della Lega. Si tratterà adesso di costruire, attraverso un cantiere, il programma comune per le prossime elezioni politiche”. Lo ha detto il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, commentando l’accordo tra Forza Italia e Lega nord per la candidatura di Giovanni Toti come presidente della Regione Liguria. Subito però Matteo Salvini lo ha stoppato: “A livello politico se si votasse domani la Lega andrebbe da sola”. Ne abbiamo parlato con Stefano Folli, editorialista di Repubblica.
Perché questa mossa di candidare Toti in una Regione di sinistra come la Liguria?
Berlusconi sta cercando di dare un ruolo operativo a Toti, spostandolo da quello di portavoce e di numero due del partito, nell’ottica di un rimescolamento delle carte di quello che resta di Forza Italia. Significa che Toti non è già più il suo numero due.
Che cosa ha in mente Berlusconi per Forza Italia?
Vuole rimescolare tutto e trovare qualche figura nuova, che non sia già compromessa con la gestione del potere di questi ultimi anni. E’ un’operazione nel perfetto stile della Rivoluzione culturale di Mao Tse Tung, che scatenò i giovani per fare fuori la vecchia guardia del partito.
Che cosa ne pensa dell’accordo Forza Italia-Lega nord?
Era un passaggio obbligato, perché la Lega non poteva rischiare di trovarsi in Veneto un candidato di Forza Italia che le avrebbe sottratto dei voti, tanto più dopo lo strappo con Tosi. Salvini non può permettersi di perdere il Veneto, perché sarebbe la fine della sua carriera politica. L’accordo del resto va più a vantaggio della Lega che di Berlusconi, anche se in qualche modo l’idea è che le due regioni che contano siano Veneto e Campania e che i due partiti di centrodestra se ne prendano una a testa.
Con Delrio alle Infrastrutture intanto cambiano gli equilibri di governo?
Il presidente del Consiglio ha indicato una figura di sua assoluta fiducia, e ciò prefigura quello che sarà il governo Renzi dopo le elezioni. Stiamo andando verso una lista unica che prenderà il premio di maggioranza, per formare un governo renziano. Ne vediamo già le premesse. Scelta civica si è già dissolta, il peso di Alfano è sempre minore, la sinistra dem poteva essere considerata un partito nel partito ma ormai ha una rilevanza modestissima, tanto è vero che non è riuscita a incidere rispetto alla scelta del nuovo ministro per le Infrastrutture.
Maria Elena Boschi resterà dov’è?
Se resta dov’è non sarà un rimpasto, se si sposta invece sì. Renzi però sembra che voglia evitare un rimpasto perché gli creerebbe dei problemi, ma nello stesso tempo vorrebbe dare un ruolo politico più significativo alla Boschi. Fatto sta che Renzi si limiterà a muovere alcune caselle.
L’obiettivo del premier è andare a elezioni anticipate?
Renzi vuole innanzitutto portare a casa l’Italicum, perché senza la legge elettorale non ci sarà nessun voto. Ma non scommetto sul fatto che si andrà avanti fino al 2018, perché finirei per perdere tutti i miei risparmi.
L’accelerazione sull’Italicum è fine a se stessa?
Renzi ragiona da politico e ciò che vuole è avere in tasca delle carte, che poi a seconda dei casi sceglierà se giocare o meno. L’Italicum gli consentirebbe di giocare la carta delle possibili elezioni anticipate. Finché non c’è la nuova legge elettorale invece non si andrà sicuramente al voto, perché ci si troverebbe con un parlamento affollato da cespugli e altri partitini minori: nell’ottica di Renzi sarebbe una follia. L’Italicum è una pistola già carica che Renzi si mette in tasca, l’uso che ne farà dipenderà poi dalle circostanze politiche.
Quanto durerà ancora la decomposizione di Forza Italia?
Difficile dirlo. Durerà finché non ci sarà una capacità vera, e non puramente mediatico-propagandistica, di ricostruire un centrodestra che abbia un’identità e delle persone in grado di rappresentarlo. Siamo lontanissimi da entrambi gli obiettivi, e questa situazione può durare anche a lungo, perché le manovre dei politici possono essere anche molto lente. Ma in Italia c’è bisogno di un bilanciamento.
In che senso?
Il Paese non si può permettere di avere un Pd di Renzi molto forte e dall’altra il vuoto, perché in questo modo si crea uno squilibrio pericoloso. E’ indispensabile che si torni ad avere un certo bilanciamento, anche se nessuno sa quando ciò accadrà. Dipende dalla fantasia politica, dalla capacità di riorganizzare un mondo che ha veramente bisogno di riscoprire una sua identità. Al momento non ci sono segnali del fatto che ciò possa accadere rapidamente.
(Pietro Vernizzi)