Lo screzio tra il vice premier Luigi Di Maio e il ministro dell’economia Giovanni Tria non su una questione di linea politica ma su una scelta da prima repubblica, da basso impero, il nuovo capo della Cassa Depositi e Prestiti, sottolinea la fragilità del governo.
Il miraggio delle mani sulla Cassa, che solo nel nome suona come il forziere d’Italia; insieme alle liti sulle stime dell’Inps di Boeri; insieme alle ipotesi di una flat tax “ma progressiva”; di un reddito di cittadinanza come rimescolamento di carte tra sussidi esistenti; insieme alle minacce “o Tria o Troika”, sembra avvicinare il sogno del Pd o di FI.
Il sogno è come il gol al 90esimo minuto dopo una partita giocata male, grazie a un assist dell’arbitro “cornuto”: che senza fare niente, perché gli avversari sono troppo scarsi, e noi abbiamo lo stadio dalla nostra, questo brutto sogno del governo Lega-M5s sparisca come è nato.
È una ipotesi, ma non crediamo che sia così, perché la temperatura registrata dal pallottoliere italiano, i sondaggi di opinione, non registrano inversioni di tendenza. Lega e M5s continuano a navigare col vento in poppa, mentre gli altri continuano il loro triste declino. Ma è solo momentaneo, dicono gli oppositori immobili, questa cascata di sciocchezze sta cambiando l’atmosfera. Forse sì, ma forse anche no.
Prendiamo lo “scandalo Paolo Savona” il ministro per gli Affari europei accusato di usura insieme ai vertici dell’Unicredit per una vicenda di oltre dieci anni fa. Persino Giuseppe Turani, non amico di Savona o del governo, ammette che il can-can si basa sul niente, e che Savona si deve dimettere non perché “usuraio” ma perché pericoloso, in quanto vicino a chi propone il famigerato “piano B”.
Ma con questi argomenti, non è facile pensare per molti che si stia semplicemente cercando di fare entrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta? Che cioè Savona è oggetto di accuse speciose mirate a minarlo, che si usa la magistratura, di nuovo, per raggiungere obiettivi politici, con ciò minando l’autorevolezza dei giudici, e quindi il risultato netto di questo processo è che si rafforza Savona e il piano B?
La stessa cosa vale per il leader della Lega Matteo Salvini. Astutamente negli ultimi giorni sta lasciando la controversa e difficilissima vicenda degli immigrati e si è lanciato in problematiche dichiarazioni filo-israeliane, a favore del riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele.
Il ministro degli Esteri Enzo Moavero è intervenuto per mettere paletti. In realtà Salvini che si schiera con Israele crea un’immediata rete di supporto internazionale a favore della sua Italia. La causa palestinese è sempre più minoritaria nel mondo islamico e nello stesso mondo arabo. Sauditi e giordani vogliono abbandonare i palestinesi al loro destino ed essi trovano appoggio solo dall’Iran, che da oltre un mese non ha nemmeno l’acqua da bere e si sta svenando in una inutile guerra in Siria. In Medio Oriente tutti stanno correndo alla corte israeliana e solo pochi radical-chic occidentali non se ne rendono conto.
Quindi un goal al 90esimo non è in vista, è in vista un altro tiro in porta che aggiungerà vantaggio ai punti già da parte.
C’è però altro. Per decenni l’Italia era la questione meridionale e la mafia. La stessa Lega era nata negli anni 80 in reazione alla corruzione al Sud, e quindi era una prova ulteriore della gravità per l’Italia del mezzogiorno. Oggi tali problemi sono spariti. Secondo Vincenzo Scotti, ex ministro degli Interni e presidente dell’università Link, è perché Sud e mafia sono problemi di medio termine che restano dimenticati e affogati nelle valanghe di twitter all’inseguimento dell’attimo fuggente.
In realtà governo confuso o opposizione immobile vinceranno solo se sapranno occupare lo spazio della politica a medio-lungo termine, spazio che finora è rimasto abbandonato da anni.