Dati positivi per l’Italia dall’Istat e dalla Commissione Ue, che hanno rivisto al rialzo le previsioni di crescita per il 2015 allo 0,9%. Le previsioni per il 2016 sono invece dell’1,4% per l’istituto di statistica e dell’1,5% per Bruxelles. Dati subito accolti trionfalmente dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui “si moltiplicano giorno dopo giorno i dati positivi sulla nostra economia. Crescita più forte del previsto, ripartono i consumi e, attenzione, nelle previsioni cala la curva del debito”. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Professore, i dati di Istat e Commissione Ue significano che la politica economica del governo sta producendo i risultati sperati?
La politica economica di Renzi è sostanzialmente centrata dal lato dell’offerta, cioè del sistema produttivo. È un pacchetto forte di agevolazioni per rimettere in movimento il sistema delle imprese. Poiché l’economia è in una situazione di ristagno, nel giro di un anno o due assisteremo a una diminuzione delle quote della distribuzione primaria del reddito. La vera questione è se questa politica economica, in prevalenza centrata sull’offerta e in misura minore dal lato della domanda, sia quella che effettivamente può dare dei risultati.
Lei quali riserve ha rispetto al fatto che effettivamente possa produrre dei risultati?
Una politica di questo tipo implicitamente punta sulle esportazioni a basso contenuto di valore aggiunto, con salari quindi che non sono in aumento ma che quando va bene rimangono stabili. Di conseguenza potrebbero esserci margini genuini di sviluppo dal lato delle esportazioni, ma il contesto mondiale non è di crescita. Anche se gli ultimi interventi della Bce tenderanno a favorire ulteriormente le esportazioni perché l’euro si sta valutando.
Il Pil italiano però torna a crescere. È merito anche delle manovre del governo Renzi?
In una situazione europea di rallentamento, di ristagno o al meglio di crescita debole, la Legge di stabilità comporta un impegno di risorse molto rilevante che per il momento sta dando risultati modesti. Con una crescita del Pil italiano dell’1% annuo, ci vorranno forse 15 anni per tornare ai livelli pre-crisi del 2007.
Che cosa non sta funzionando in questa politica economica?
La politica del governo, essendo fortemente sbilanciata dal lato dell’offerta, risulta inadeguata sul piano della distribuzione della domanda interna se non attraverso meccanismi di spesa che attingono ai risparmi. A ciò si aggiungono le spese indispensabili, come è avvenuto quest’anno con il rinnovo del parco circolante che ha portato ad aumentare le vendite di automobili.
Per Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, stiamo assistendo a una crescita endogena. È così?
Non abbiamo ancora imboccato una strada di genuina crescita endogena che poi si propaga sull’estero. Ci sarà un debole aumento, ma il vero test dell’efficacia della manovra sarà l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie, e quindi della domanda interna. Quando quest’ultima riprenderà a crescere con vigore, si potrà dire che la situazione sta realmente migliorando.
Secondo alcuni osservatori, lo sguardo può benevolo dell’Ue verso l’Italia è anche conseguenza di una Germania che appare come “frastornata”. Condivide questa chiave di lettura?
La Germania è frastornata da molti punti di vista. La crisi della Merkel, il rallentamento della produzione e degli sbocchi sui mercati asiatici. Pensare che se la Germania rallenta l’Italia non registri una conseguenza è un po’ come negare l’Unione europea stessa.
Quanto sono interconnesse le due economie?
L’interconnessione tra le economie esiste, quindi un eventuale rallentamento tedesco influirebbe inevitabilmente sull’Italia e in particolare sul Nord. C’è stato dunque un enorme sforzo dal lato dell’offerta, comprovato peraltro anche dal fatto che Confindustria non sa che cos’altro chiedere al governo, in quanto quest’ultimo ha dato molto di più di quanto era stato chiesto.
Lei come vede il futuro dell’economia italiana?
Ciò che davvero mi preoccupa è che a fronte di questi sforzi del governo, i risultati nelle esportazioni che a questo punto dovrebbero essere particolarmente brillanti ancora faticano a vedersi. Sul fronte interno anche la ripresa dell’occupazione va misurata nel momento in cui ci saranno le agevolazioni molto generose nei confronti delle imprese. Quello che possiamo sperare è che nel frattempo la situazione interna del Paese migliori.
(Pietro Vernizzi)