Matteo Renzi ha avuto coraggio? Ne ha avuto: si è messo apertamente contro gli apparati e la gloriosa macchina da guerra allenata da 60 anni di propaganda, ha scelto una comunicazione nuova, ha osato criticare i padri e le madri storiche del suo partito. Suo? Nonostante le affermazioni non richieste e quindi sospette, di appartenenza e fedeltà, sappiamo bene che il Pd, che viene dopo i Ds, che viene dopo il Pci, non è il suo partito. Troppo giovane, troppo liberale, troppo disinvolto, perfino cattolico. Un autodidatta della politica, un figlio di quel tubo catodico in cui é cresciuto, e a suo agio, dai tempi della Ruota della Fortuna, altro che Bersani, che sta a suo agio solo nello studio della Berlinguer. Renzi non si è accomodato sulle ginocchia di Togliatti, non ha l’età. Nemmeno Berlusconi può dargli del comunista.
Ha avuto coraggio, si direbbe, a combattere dall’interno, a scegliere uno slogan efficace, a scaldare le piazze senza schierarsi dietro le bandiere rosse. Va bene, ha sorvolato parecchio sui contenuti, la trasparenza di cui si è vantato è quella di un vetro fumé, perché il sostegno economico di qualcuno non è stato così esplicito e chiaro. Ma i suoi contendenti hanno peccati almeno di pari grado, senza nemmeno sentirsi in dovere di renderne conto: e certa stampa con loro è poco esigente. Va bene, rottamare è una parola che spaventa, in un paese per vecchi, paurosi di perdere non le battaglie ideali, ma le poltrone, anche se le si fodera con la saggezza e l’esperienza politica (Che ha fatto cosa? Che ha lavorato come?) Infine, perfino lui ha ceduto: ho suscitato incertezza, paura, ha dichiarato. Peccato, perché è la sua colpa: non aver osato abbastanza. Doveva rottamare il Pd, non i suoi notabili. Doveva rottamare un partito che da decenni cambia pelle e non umori e viscere, che sfoglia gli erbari per trovare nomi nuovi ma racconta sempre la stessa storia, oltrechè mostrare le stesse facce.
Doveva sfondare, Renzi, e farsi un suo partito. Senza chiedere di poter essere votato da tutti, senza supplicare che gli lasciassero il sostegno di qualche pidiellino pentito, di un casiniano soltanto più audace. Un partito con un candidato alle primarie, come ha fatto Vendola. In grado, anche se sconfitto, di far pesare i suoi uomini e i suoi temi, come farà Vendola. Di sbilanciare verso il centro la coalizione, dal lato opposto di Vendola. Di avere un futuro politico che temo non avrà più. Confinato sulle struggenti sponde dell’Arno, aspetterà che qualche capello imbianchi, prima che la nuova Unione che governerà il paese si sfasci e chi l’ha appoggiato una volta abbia voglia e mezzi per sostenerlo ancora, senza averci guadagnato niente.
Mentre nel Pd cominceranno le liste di proscrizione. I renziani stanno già cercandosi un lavoro, o un altro partito. Perché il più antipatico, e il più intelligente, D’Alema, non riuscirà a frenare il livore delle diverse Bindi, e sfruttare il nuovo per rendere più forte anche il vecchio. Solo questa sete di vendetta potrebbe spingere Renzi a sciogliere la reiterata promessa di collaborazione, liberarsi dal Pd, e sfondare al centro, messo malino, e a destra, messa ben peggio. Bisogna vedere quante energie e fiducia e soldi gli restano. Quanto pesa la sconfitta, sull’immaginario di chi aveva sperato l’exploit.
Certo, se la destra resta quella che appare, i suoi elettori avrebbero più di un motivo per buttarsi sul fiorentin fuggiasco, anche, purtroppo, a prescindere dai contenuti. Motivi semplici, facili da elencare. L’età, che non è poco. L’intelligente e sorridente e pungente comunicativa, a fronte della malinconica stanchezza del pur giovane Alfano, dell’oratoria tribunizia della Meloni, che pure è l’unica a saper scaldare una piazza. Il pensionamento di Berlusconi, un bel peso per mezzo arco parlamentare, che con Renzi troverebbe duro, mentre nello schema dualistico e manicheo destra- sinistra ci sguazza, e trova rinnovato vigore.
La novità, più tranquillizzante di quella rappresentata da Grillo e i grillini: l’uno fa paura, gli altri non si sa che possono fare. Va bene la protesta, ma si è più tranquilli ad affidarla a chi sceglie di spiegare, di parlare, girare, farsi conoscere, piuttosto che ai seguaci di una setta che attende imprimatur e diktat via twitter dal capo.
Più semplicemente, il centrodestra potrebbe scegliere Renzi, (qualcuno l’ha già fatto, e molti l’avrebbero fatto, se non gli fosse stato impedito) per disperazione. Non trovando altra scelta possibile. Certo, sarebbe la fine del centrodestra, come schieramento alternativo. Con il duo Bersani-Vendola, invece, l’accozzaglia di moderati (triste parola), di varia e variegata provenienza avrà forse modo e occasione di fare una sana opposizione, ricompattarsi, rinascere. Basterà attendere, ritemprando le forze, sula riva del fiume. Non ci vorrà una legislatura. Intera.