Torna una tra le imposte più odiate da sempre dagli italiani. Anche sulla prima casa. Non si chiamerà più Ici, ma Imu (Imposta municipale unica), e in essa, oltre che l’Imposta comunale sugli immobili, dovrebbe confluire anche quella sulla spazzatura e i servizi comunali. L’aliquota di base di tale imposta è stata fissata allo 0,76%, mentre per le prima casa sarà ridotta allo 0,4%. Tuttavia, i sindaci, a seconda delle proprie esigenze, avranno un margine di discrezionalità di 0,3 punti in più o in meno e dello 0,2 su quella agevolata. Non c’è da farsi troppe illusioni. Inutile pensare che i primi cittadini, salvo che non lo richiedano le ragioni elettorali, sceglieranno l’opzione con il meno. «Nel momento in cui lo Stato, sulla base di questa nuova imposta, andrà a tagliare i trasferimenti ai Comuni, essi per forza di cose, piccoli o grandi che siano, si comporteranno di conseguenza; e parametreranno i propri bisogni sulla base dei tagli subiti» spiega, interpellato da ilSussidiario.net, l’avvocato Claudio Santarelli, esperto di proprietà immobiliare.
Secondo il quale, «non siamo di fronte tanto alla semplice reintroduzione dell’Ici, quanto a una vera e propria nuova tassa. Tra le novità, oltre ai due scaglioni, il fatto che riguarderà tutto il mondo immobiliare, anche gli operatori del settore, con parametri adeguati al mondo che è cambiato». Era opinione comune che si sarebbe andati incontro a una rivalutazione degli estimi e delle rendite catastali, fermi al 1990. Ma non è stato così. «Modificare tutti gli estimi in base al valore reale sarebbe stato un lavoro immane ed estremamente lungo. Si è deciso così di rivalutare tutte le rendite del 5%. E di moltiplicarle, ai fini impositivi, di un coefficiente pari 160». Ecco in pratica, cosa significa: «Le rendite restano invariate, salvo l’incremento del 5%. Ma, nel momento in cui vengono prese in considerazione come base imponibile per l’imposta sugli immobili, sono moltiplicate per 160». Veniamo all’effetto concreto: «Non cambia nulla per il registro o per le locazioni; ma, di fatto, questo comporterà un aumento della tassazione del 60%. Resta da capire se, per il semplice cittadino, un’operazione del genere potrà essere sostenibile».
Secondo l’avvocato, va fatta un’importante distinzione: «Sicuramente – spiega – per i privati si tratta di un colpo abbastanza forte. Un po’ meno per le società; l’atto impositivo, infatti, messo a bilancio con il segno “-“, ha un peso differente. Non significa certo che le imprese ne saranno esentate. Ma, virtualmente, attraverso i meccanismi di bilancio, sono in grado di assorbire meglio il colpo».