Tutti gli occhi dei capi piddini sono puntati sulla direzione nazionale di domani e sul suo segretario. Pare, infatti, che Bersani, dopo aver ascoltato varie campane, assumerà del tutto in solitaria quella decisione che potrebbe scompaginare radicalmente le carte in tavola. Nel corso della riunione del parlamentino democratico, infatti, dirà se, entro le prossime elezioni, si faranno o meno le primarie. Di conseguenza, se lancerà o meno la sfida a Renzi. Che, salvo imprevisti, dovrebbe esser vinta a mani basse. E’ il fatto stesso di celebrare le consultazioni interne che è tutt’altro che indifferente. «Difficile dire se Bersani abbia, effettivamente, intenzione di chiederle o meno. C’è da chiedersi, invece, se ne trarrebbe convenienza. Si tratterebbe, infatti, di un bivio politico», spiega, raggiunto da IlSussidiario.net Fabrizio Rondolino, giornalista, ex dalemiano di ferro. «Fare le primarie adesso – continua – senza sapere non solo quando si voterà, ma neppure con quale legge elettorale, significa dare per scontato che lo scenario rimarrà tale e quale ad adesso. Attorno a Bersani, cioè, si raccoglierebbero Di Pietro e Vendola che, dal canto loro, hanno già dato il via libera a questa candidatura e ci si preparerebbe fin da subito alle elezioni». Va da sé che buona parte del partito la reputerebbe la peggiore delle soluzioni. «Si tratterebbe di una politica di trincea. C’è chi, invece, nel Pd, specie la parte riformista e liberale, non dà la partita per chiusa. E vorrebbe una politica non di trincea ma in movimento. Costoro ritengono che nell’attuale subbuglio politico non è detto che tutti i moderati decidano di andare necessariamente con il centrodestra. Potrebbe, invece, decidere di allearsi con il Pd». D’Alema ha messo in guardia Bersani sul fatto che, decidere di fare le primarie affosserebbe la possibilità di varare una nuova legge elettorale. L’unico tema del momento, a quel punto, sarebbe lo scontro tra Bersani e Renzi. Non ci sarebbe spazio per nient’altro. «A dire il vero – replica Rondolino – la legge elettorale, se siamo realisti, non cambierà comunque. Tutti i parlamentari con i quali ho modo di scambiare due chiacchiere off record nutrono la convinzione che, da qui alla fine della legislatura, il Parlamento continuerà a essere pressoché inesistente. E danno per scontato che non ci sarà alcuna riforma. Tutti i partiti, del resto, sono già ai nastri di partenza». Le primarie volute da Bersani, quindi, non bloccherebbero alcun processo. «Si limiterebbero a fotografare la situazione di stallo. Da parte del segretario, rappresenterebbero una forzatura per mettersi al riparo, nell’attesa di capire come evolverà il mondo politico». C’è un fatto curioso: «bisognerebbe ricordare che le primarie già sono state fatte. E fu eletto proprio Bersani. Evidentemente, quindi, con questa forzatura, cerca il plebiscito. Altrimenti, perché, attualmente, fare le primarie? Ovvero, su quale base politica, su quale progetto e in base a quali alleanze?». Forse, perché avverte la propria debolezza. «Forse sì». Strano che D’Alema non abbia colto la situazione e sia convinto che la legge elettorale, in realtà, potrebbe essere portata a termine.
«D’Alema – chiarisce Rondolino – adotta un argomento politico, probabilmente, per sottolineare che confermando la situazione attuale resterebbe aperto il problema delle alleanze che ha in mente la sinistra. Il che non è per nulla chiaro». A questo punto, non resta che capire se, contestualmente alla primarie, si potrebbe aprire anche l’ipotesi di andare a elezioni anticipate. Del resto, c’è chi sostiene che la richiesta del responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, di ricorrere alle urne a ottobre sia stata una mossa utile a sondare il terreno con Napolitano. «Il condizionamento del Quirinale sul gruppo dirigente del Pd è assoluto. Napolitano non le vuole e Bersani sa che, se le chiedesse, nonostante probabilmente le auspichi, farebbe un autogol clamoroso. D’altro canto, il partito è prigioniero del governo e spera, al limite, che siano gli altri a farlo cadere».
(P.N.)