NAPOLI — Gli ingredienti del casatiello ci sono tutti. Compreso il rischio che il pasticcio napoletano diventi particolarmente indigesto proprio quando è più frequente il suo consumo: a Pasqua, che quest’anno anticipa di poche settimane le elezioni per scegliere il nuovo sindaco del capoluogo campano.
Alla pasta cresciuta a Quarto Flegreo non manca niente per alimentare i mal di pancia di buoni e cattivi, accusati e accusatori, eletti ed elettori che s’inseguono in una girandola di sospetti, indignazioni, indici puntati e recriminazioni troppo di tutto per una cittadina di 40mila abitanti.
C’è la camorra, certo, a fare da sfondo e questo giustifica i toni accesi delle discussioni, le pagine dei giornali, i servizi delle tv, la confusione del web. E c’è un sindaco del Movimento 5 Stelle, per giunta donna, Rosa Capuozzo, che sembrerebbe vittima di ricatti da un consigliere del suo partito.
Giovanni Di Robbio, così si chiama il malamente, è indagato per voto di scambio e tentativo di estorsione. Avrebbe fatto pressioni sul primo cittadino per garantire lavori e commesse a gente poco rispettabile del posto. Il tutto regolarmente trascritto dietro intercettazioni ottime e abbondanti.
Cosicché le infiltrazioni nella casa comunale d’interessi innominabili che già due volte avevano portato il municipio allo scioglimento erompono nel fortino edificato con buone intenzioni che i pentastellati duri e puri avrebbero dovuto tenere, loro sì, al riparo da ogni tentazione.
I capi supremi Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio devono difendere la purezza della razza e scaricano il sindaco espellendola dal movimento. I tre più in vista — Luigi Di Maio, Roberto Fico e Alessandro Di Battista — spiegano su internet che occorre essere al di sopra di ogni sospetto.
La Capuozzo diventata pasionaria fa sapere che non ci sta a mollare tutto, poltrona e benevolenza dei cittadini che l’hanno votata, per colpa di una mela marcia che ha già provveduto ad allontanare e già nelle mani della magistratura. E’ una questione di responsabilità, dice a muso duro resistendo.
Scandalo. Il Partito democratico si scatena. L’europarlamentare Pina Picierno, tra gli ideatori della Leopolda all’acqua di mare battezzata Fonderia, urla che i Cinque Stelle adesso sono nudi; che hanno finalmente perso le vesti dei moralizzatori e facessero il piacere di togliersi di torno.
Anche a Roma qualcuno si agita e addirittura il presidente del partito, Matteo Orfini, auspica sia espulso anche il vice presidente della Camera Di Maio per una presunta acquiescenza ai fatti, che egli però smentisce con forza minacciando querele, sempre nel video stretto con Di Battista e Fico.
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi conclude con sollievo che adesso nessuno potrà più vantarsi di avere il monopolio della morale pubblica. Il mito della diversità è caduto una volta di più nella polvere e sarà difficile che qualcuno possa rialzarlo e ripulirlo.
Comunque andrà a finire — e a prescindere dall’esito giudiziario — nulla sarà come prima. Il casatiello sta crescendo, impastato con cattiveria e infarcito dei peggiori difetti della nostra battaglia politica: ipocrisia, populismo, pressappochismo, mors tua vita mea, mal comune mezzo gaudio.
Le conseguenze dell’indigestione e i postumi dell’ubriachezza non potranno che condizionare la futura competizione per la conquista di Napoli, per la quale l’uscente Luigi de Magistris studia con attenzione il posizionamento per non perdere la chance di farsi benedire dai grillini al ballottaggio.
Tutto fuorché occuparsi dell’accidente che sta alla base dell’incidente e che è, sì, un problema di Quarto ma a Quarto non si ferma; e sarà bene tener d’occhio e contrastare deponendo le logore armi della demagogia e imbracciandone di serie. Pochi fatti invece di tante parole.