Ma c’è o non c’è questo benedetto piano segreto Bce-Ue per salvare l’eurozona? I diretti interessati negano, ma spread e mercati ci credono, puntando tutto sulle doti persuasive del capo della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ieri sera a colloquio con Angela Merkel e sulla riunione del board Bce prevista per domani. Difficile che Mario Draghi decida per un abbassamento del tasso di riferimento di un quarto di punto, ma da più parti circolano voci insistenti di una Bce pronta a intervenire con un back-door funding nell’asta obbligazionaria prevista in Spagna per giovedì mattina, nella quale verranno offerti bond biennali, triennali ma anche decennali per un importo tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Un azzardo iberico, una sfida ai mercati che la Bce potrebbe aiutare a vincere, aumentando i prestiti alle banche spagnole, uniche acquirenti di debito iberico nelle ultime emissioni e garantendo così il buon esito dell’asta senza sfondare tassi record per centrare il pieno collocamento.
Detto questo, troppe parole in libertà e pochi fatti. Permetterete quindi che io resti molto scettico sulla strategia europea e per un giorno mi permetta un’incursione in campo italiano, dicendo la mia sul caso Generali. Altri commentatori, ben più autorevoli di me, hanno affrontato l’argomento, io mi limito a qualche considerazione e altrettante domande. Primo, non ho motivi personali, né professionali per difendere aprioristicamente Giovanni Perissinotto, né tantomeno per dubitare della capacità del nuovo Ceo del gruppo, Mario Greco, cui anzi vanno i miei migliori auguri di buon lavoro.
Parto però da due dati di fatto, ovvero le ragioni che avrebbero sancito il cambio alla guida del Leone: troppa finanza e poche polizze e il calo continuo del valore del titolo. Bene, al netto dell’innegabile bontà di queste due ragioni, occorre sottolineare che con la crisi dei debiti sovrani, quasi tutti i gruppi assicurativi europei rischiano o hanno già subito pesanti perdite, capaci di erodere la loro forza finanziaria e di scaricare i costi anche sui detentori di polizze vita. La compagnia più esposta è la belga-olandese Ageas NV, conosciuta come Fortis fino al 2010, ma pesanti esposizioni obbligazionarie sovrane gravano anche sulla tedesca Allianz SE, la francese Groupama SA e le stesse Generali.
Certo, la situazione assicurativa è meno grave di quella bancaria, visto che stando a informazioni elaborate da Barclays Capital, il settore deteneva lo scorso anno 24,1 miliardi di euro di securities governative greche contro i 47,8 miliardi in carico al settore bancario. Inoltre, è la struttura stessa a rendere le assicurazioni più in grado di reggere a repentini cali nei loro portafogli d’investimento: le banche, infatti, vivono e muoiono in base alla legge del rapido accesso al finanziamento liquido – leggi i depositi dei clienti -, fonte che può evaporare se l’istituto promana verso il pubblico l’idea di essere in difficoltà. Le assicurazioni, invece, godono di un flusso di finanziamento più solido, garantito dai pagamenti regolari dei detentori di polizze.
Nonostante questo, lo scorso luglio successe qualcosa di strano. Dopo aver abbassato il target price da 18 a 16 euro e confermato il rating “neutral”, JP Morgan è tornò a interessarsi di Assicurazioni Generali in un report a cura di Andreas de Groot van Embden e lo fece mettendo in luce debolezze e potenzialità della società definita «il miglior procuratore per il contagio», essendo «uno dei titoli più sensibili sia per la crisi del debito sovrano, sia per le implicazioni per il settore finanziario attraverso tutti i suoi portafogli d’investimento, governativo, corporate e di equity. L’esposizione sovrana di Generali è principalmente concentrata in Europa con l’Italia che pesa per la percentuale maggiore».
Insomma, nel mare magnum di compagnie assicurative ben più inguaiate del Leone, JP Morgan “fece il tagliando” al principale gruppo assicurativo italiano, a partire dalla ratio di leva 26:1 che caratterizzava il suo stato patrimoniale, con 10 miliardi di euro di capitale tangibile (esclusi i 10,7 miliardi di assets intangibili) e un’esposizione obbligazionaria in area euro pari a 262 miliardi di euro. Per la banca d’affari, insomma, Generali rappresentava nulla più e nulla meno che una scommessa al contrario rispetto alla solidità percepita del Paese, visto l’andamento discrasico tra price performance del titolo e valore del cds sul default italiano di un’emissione in dollari a 5 anni, ossia un Btp quinquennale: come sale il rischio Paese, scende il titolo Generali.
Per JP Morgan, «un ammortamento sull’esposizione al debito greco in linea con gli attuali indici non avrà alcun incremento nell’impatto sulla ratio di solvibilità del gruppo visto che il debito è già incluso a market value», ma, perché c’è sempre un ma, «ulteriori scossoni nel valore del debito sovrano, in particolare italiano e spagnolo, continueranno ad avere effetti sul Tnav (attualmente l’esposizione netta e lorda pesa per il 14%) e la solvibilità fino a quando la situazione non si stabilizzi». Insomma, l’essenza del messaggio che JP Morgan parve voler lanciare attraverso il suo report era questa: chiunque voglia scommettere sul contagio che si sta sviluppando e sul risveglio del vigilantismo obbligazionario, sia attraverso l’equity che i cds, trova in Generali il procuratore migliore, visto che finché il debito sovrano sarà il driver dei mercati, il titolo del Leone sarà un indicatore/anticipatore di tendenza.
Perché nessuno nel luglio dello scorso anno, optò per un golpe come quello consumato lo scorso weekend? Perché nessuno, lancia in resta, prese il report di JP Morgan e lo tramutò nella pietra tombale dell’epoca Perissinotto? Forse perché, nello stesso periodo in cui venne emesso il report-sentenza, il titolo del Leone restò tra i meno attivi in ambito italiano sulle dark pools, visto che gli operatori ottenevano prezzi identici sia sugli otc che sui circuiti come Borsa Italiana: la debolezza del titolo non era una questione di guida o governance, ma di situazione macro e, comunque, teneva meglio di altre blue chips italiane nelle “piscine oscure” dei biscazzieri di Londra o Wall Street. Certo, non tutti gli operatori, come ad esempio chi lavora sui cfd, prova prima il dark e se non trova il prezzo migliore si rivolge al mercato principale: i grandi players giocano solo al buio, dove immetti un ordine e vedi se questo viene eseguito senza farlo vedere agli altri, sapendo bene dove scommettere. I numeri, però, erano e restano quelli.
Al netto di queste considerazioni, mi chiedo: non sarà che quella consumata in Generali sia stata l’ennesima battaglia tutta politica, senza un minimo di costrutto finanziario ed economico, senza un principio realmente di funzionalità e meritocrazia liberista? Il valore del titolo, piaccia o meno, è da sempre legato alla situazione italiana nel suo complesso e anche la politica del “più polizze, meno finanza” vale fino a un certo punto, perché se detenere debito sovrano significa per qualcuno fare finanza spericolata e quindi basta per ottenere teste sui ceppi, allora chiudiamo e nazionalizziamo tutte le società di assicurazione e anche tutte le banche italiane e spagnole. Allianz e Groupama non fanno forse finanza, visto che lo scorso novembre il gigante assicurativo tedesco arrivò persino a proporre un proprio piano alla Bce per convertire il fondo Efsf in una polizza assicurativa sulla prima perdita e un mese dopo si è visto degradare il rating da Moody’s e il cds andare alle stelle? Forse anche per loro c’era un problema di troppa finanza e poche polizze, che ne dite?
Non sarà che, come pensano in molti, la fucilazione-lampo di Perissinotto sia stata soltanto una mossa strategica del socio forte del Leone, Mediobanca, per riguadagnare prestigio e, soprattutto, blindare l’operazione FonSai-Unipol, nella quale è in ballo più di 1 miliardo di crediti concessi alle società del socio Ligresti? Non sarà che, vendetta chiama vendetta, se Mediobanca perderà la partita del nuovo polo assicurativo, potrebbe riaffacciarsi Matteo Arpe insieme alla Palladio di Meneguzzo, sancendo di fatto la fine del duo Nagel-Pagliaro? Dubbi, per carità. Forse illazioni da tipico malpensare italico, ma forse il motto andrebbe aggiornato in “più polizze, meno politica”, visto che a occhio e croce quanto accaduto in Generali altro non è che l’ennesimo scontro tra poteri forti (o salotti buoni, decidete voi) e non certo un cambio strategico per il bene della cassaforte d’Italia e la sua mission.
P.S. Dicevamo grande entusiasmo sui mercati riguardo il fantomatico piano di salvataggio. Meno ottimismo circolava invece ieri in Portogallo, dove sono state salvate e quindi nazionalizzate tre banche – Bcp, Bpi e la già a controllo statale Cgd – con 6,65 miliardi di euro di denaro pubblico. E anche dalla Spagna arrivano segnali piuttosto contrastanti, visto che il governo di Madrid – per bocca del vice-premier, Soraya Saenz de Santamaria – ha diffuso una nota nella quale sottolineava come anche il governo statunitense fosse favorevole alla proposta iberica di prestiti dal fondo europeo di emergenza per le banche madrilene. Si scomoda Obama per tacciare la Merkel? Sempre più unita questa Europa!