«La scelta di proporre un referendum consultivo dimostra che Beppe Grillo non è realmente interessato a fare uscire l’Italia dall’euro, ma che vuole soltanto incrementare i suoi consensi. Se volesse realmente tornare alla moneta nazionale lo farebbe attraverso una strada molto più semplice». A denunciarlo è Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e alla Link Campus University di Roma. Nei giorni scorsi sul suo blog Beppe Grillo è tornato a proporre un referendum sull’uscita dall’euro: “Il Movimento 5 Stelle conferma la sua posizione: è imperativo far scegliere al popolo sovrano – all’intero popolo italiano – il destino del progetto Euro attraverso lo strumento referendario”. Per sostenere la sua tesi Grillo cita le recenti dichiarazioni del premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, secondo cui “nelle democrazie dell’Eurozona, l’ostilità verso la moneta unica sta degenerando in un’ostilità verso il più vasto progetto dell’Europa Unita e dei suoi valori costituenti”.
Professore, perché non è d’accordo con la proposta di indire un referendum consultivo sulla permanenza o meno dell’Italia nell’euro?
Anche questa volta rimango sorpreso dalle dichiarazioni di Grillo. Ultimamente le indicazioni di M5s sono state quanto mai ondivaghe, perché alcune affermazioni del passato sono state smentite e si ha la sensazione che non si abbiano le idee perfettamente chiare sull’argomento.
In che senso?
Sono dell’opinione che proporre un referendum sull’euro in Italia non sia opportuno. I nostri media hanno letteralmente bombardato i cittadini creando in loro un sentimento di paura nei confronti dell’uscita dalla moneta unica. Il voto quindi sarebbe condizionato da questo pregiudizio. Abbiamo inoltre già visto che purtroppo i poteri forti europei hanno il coltello dalla parte del manico per quanto riguarda la situazione finanziaria del nostro Paese. Potrebbero quindi attaccare l’Italia, incutendo ancora più paura nella popolazione.
Quindi siamo costretti a tenerci l’euro per sempre?
No, ma la strada per uscirne è un’altra. Anziché proporre un referendum, Grillo dovrebbe farsi promotore di un patto con gli italiani. Il suo impegno dovrebbe essere che qualora andasse al governo il suo primo provvedimento per decreto sarà fare uscire l’Italia dal’euro. Sarebbe molto più leale e opportuno se Grillo dicesse: “Datemi la maggioranza dei voti per governare e io metterò al primo punto del mio programma l’uscita dall’euro”.
Le prossime Politiche sono previste per il 2018. Un referendum potrebbe comunque accorciare i tempi?
No. Un referendum sull’uscita dell’Italia dall’euro non solo necessiterebbe di tempi lunghi, ma lascerebbe l’enorme incognita di chi poi gestirebbe un’eventuale vittoria dei Sì. Anche perché nell’ipotesi di un referendum con una vittoria dei Sì all’uscita dall’euro si porrebbe il problema se ci sia o meno un governo in grado di gestire questa uscita, e personalmente credo di no. Non vorrei che all’indomani ci ritrovassimo il “Mario Monti” di turno catapultato a palazzo Chigi, e che quindi passassimo dalla padella alla brace.
Allora perché Grillo insiste con il referendum?
La proposta del referendum sembra essere piuttosto uno slogan per raccogliere la protesta che in Italia sta montando sempre di più. La base di M5s è per la stragrande maggioranza favorevole all’uscita dall’euro. Questa sortita del referendum che puntualmente viene fuori ha quindi il sapore di tenere buona la base.
Tra l’altro un referendum sull’euro sarebbe costituzionale?
L’articolo 75 della Costituzione non prevede la possibilità di tenere dei referendum sui trattati internazionali. Come sempre in Italia, si riuscirebbe però a trovare una scappatoia per organizzare comunque una consultazione popolare. Il punto fondamentale però non è tecnico ma politico, ed è quello che le ho spiegato prima.
Che cosa ne pensa delle affermazioni di Stiglitz, usate da Grillo a supporto della sua proposta?
Sono pienamente d’accordo con la diagnosi del premio Nobel Stieglitz, anche perché sappiamo molto bene il suo valore e la sua capacità. L’unica cosa che assolutamente non condivido è la terapia proposta da Stieglitz, cioè la creazione di un euro A e un euro B. Questa soluzione non risolverebbe la situazione ma al limite la potrebbe leggermente mitigare.
Perché?
Perché rimarrebbe comunque il problema di uniformare in una stessa area valutaria economie in ogni caso diverse. Se si creasse un euro A con i Paesi del Nord Europa e un euro B con Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, questi ultimi Paesi avrebbero comunque economie completamente diverse. Il fatto di uniformarli alla stessa politica economica quindi non mi convince.
Lei quindi che cosa propone?
Posso dire con una battuta che l’ideale sarebbe sdoppiare l’euro in 19 monete, pari al numero dei Paesi che l’adottano. Ciascuno deve ritornare alla propria valuta come giusto termometro della propria economia e come strumento per determinare la propria politica economica. Tra l’altro Grillo propone di ritornare alla nostra moneta nazionale, sposando la mia tesi e trovandosi invece in contraddizione con Stiglitz.
La terapia proposta da Stiglitz avrebbe comunque il pregio di essere più graduale?
No, l’euro è un esperimento fallito e non bisogna giustificarsi nei confronti degli eurocrati che hanno fatto di tutto per massacrare l’economia di tutti i Paesi. Dall’euro bisogna uscire punto e basta. Il tempo degli esperimenti è terminato, gli eurocrati li dovrebbero fare sulla loro pelle e non su quella dei cittadini e delle imprese.
(Pietro Vernizzi)