C’è ancora tanto disordine sotto il cielo, soprattutto quello italiano, ma non per questo tutto va bene come diceva Mao Tse Tung. Se gli ultimi rilevamenti sui debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese si avvicinano sempre di più alla realtà, 120 miliardi di euro (ma vedrete che la cifra presto salirà ancora), se non si vedono tracce di una ripresa dei consumi e soprattutto la crisi continua a mordere, con previsioni amare per quanto riguarda Pil e occupazione, se il debito pubblico batte puntualmente un nuovo record, in compenso il governo di Enrico Letta, nonostante la buona volontà e un grande senso di responsabilità, comincia vacillare, al punto che qualcuno lo raffigura già come “decotto”.
Forse è prematuro l’aggettivo usato, ma indubbiamente ci sono gli “incidenti” e ci sono soprattutto delle scadenze ravvicinate che non offrono una garanzia di stabilità. L’ultimo weekend è stato caratterizzato da una dichiarazione volgare e demenziale da parte del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, nei confronti della ministra Cécile Kyenge. Calderoli è leghista e quindi il problema non riguarda la maggioranza, ma le distinzioni tra Lega Nord e Pdl sono sempre politicamente sottili a una certa latitudine. Poi, più acutamente, è letteralmente esploso il caso della cittadina kazaka Shalabayeva restituita con sua figlia, all’insaputa del governo italiano, al regime al potere in Kazakistan, nonostante si sapesse che richiedevano “asilo politico”. Sono solo segnali che creano disagi e imbarazzi, al momento, e che riempiono le cronache dei giornali con un taglio che porta discredito alla “strana maggioranza” e quindi al governo.
Da un certo punto di vista questi “incidenti” servono a chi non è affatto soddisfatto dell’azione di questo governo. Guarda caso, proprio ieri sera, il “vivacissimo” sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha subito sibilato, dopo le dichiarazioni di Angelino Alfano al Senato: “Vediamo se va bene anche a Letta…”. E’ in effetti Renzi che sembra il più incalzante, in questo momento, sull’azione del governo del suo “amico” Enrico Letta. Il sindaco di Firenze è attivissimo sul piano internazionale, sorprende tutti andando a incontrare Angela Merkel e ha in programma un incontro anche negli Stati Uniti con il presidente Barack Obama. L’impressione è che tutto questo attivismo sia finalizzato a crearsi una immagine internazionale, a stabilire rapporti internazionali che non sono direttamente collegati alla sua attività di primo cittadino di Firenze. La sensazione è che Renzi, comunque faccia appello al “bene dell’Italia”, come ama ripetere, voglia bruciare le tappe, forse consapevole che il governo abbia il fiato corto e il tempo limitato per affrontare le scadenze economiche e politiche di autunno. Non pare che ci siano dubbi su una sua eventuale candidatura in caso di caduta del governo.
Poi c’è l’ineffabile professor Mario Monti, anche lui non troppo soddisfatto per le dichiarazioni fatte dal segretario del Pd, Guglielmo Epifani, sulla “polvere lasciata sotto il tappeto” in questioni di bilancio del suo governo. Più in generale Monti non sembra affatto contento, da mesi, per come viene trattato per l’operato del suo governo, per come è stato dimenticato dagli italiani. La parabola del “professore” è stata piuttosto malinconica: da “salvatore della patria” nel novembre del 2011 a premier di un governo di “tecnici incompetenti” che ha depresso con la sua politica di austerità, in perfetto accordo con frau Angela Merkel, l’economia italiana.
Non si può affermare che la linea di Renzi sia parallela a quella di Monti. Ma non c’è dubbio che i due personaggi di spicco più critici verso l’azione di governo siano proprio il sindaco e il professore. E non si può neppure escludere che si possa creare una “convergenza parallela” in un prossimo futuro. A che cosa potrebbe portare tutto questo ? Mario Monti rimane sempre un uomo collegato alla finanza internazionale, Matteo Renzi cerca una sua caratura internazionale anche in ambito finanziario e forse l’ha già in parte ottenuta. Non è irragionevole pensare a un “percorso” comune.
Entrambi sanno che le prossime scadenze italiane sono da “filo teso nel vuoto”. Il prossimo trenta luglio, la Cassazione dirà la sua sul “caso Berlusconi”. Se la sentenza andasse male per il leader del Pdl è difficile immaginare che non ci siano ripercussioni nella maggioranza nonostante tutte le promesse di buona volontà. Poi c’è l’agosto borsistico, poi ci sono le varie tasse sospese da coprire (si parla già di una manovra per il prossimo autunno), poi c’è la situazione bancaria italiana. Infine c’è sullo sfondo il perenne contenziosi tra Stati Uniti e un’Europa a trazione tedesca. Di fronte a un simile affollamento di problemi da affrontare sia Enrico Letta sia il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, devono affrontare un autentico percorso a ostacoli. La sensazione è che il loro destino sia in tutti i casi legato ai rapporti interni alla maggioranza e alle aspirazioni di alcuni leader.