“Senza stabilità politica l’Italia non tornerà a crescere”: il messaggio che Enrico Letta lancia da Londra, dopo l’incontro con David Cameron, è forte e chiaro, soprattutto in momento in cui il suo esecutivo subisce gli scossoni provocati dalle richieste di dimissioni di Angelino Alfano, Vicepremier (e Segretario del Pdl), oltre che ministro degli Interni, a seguito del caso Shalabayeva. Richieste che paradossalmente arrivano dall’interno del partito del Premier, con i renziani pronti a votare la sfiducia, e persino dal direttore di un quotidiano, Repubblica, appartenente a quel Carlo De Benedetti a lungo accompagnato da una sorta di “titolo politico” importante: “Tessera numero 1 del Pd”. Il giornale di Ezio Mauro sembra però in “buona compagnia”, con il Corriere della Sera, La Stampa e persino Il Sole 24 Ore che non risparmiano critiche all’esecutivo. Cosa sta succedendo? Perché questo Governo è sotto attacco? Lo abbiamo chiesto a Giulio Sapelli, professore di Storia economica all’Università di Milano, che non tarda a inquadrare la posta in gioco: «Dobbiamo chiederci come saremo dopo la crisi. Saremo ancora la seconda potenza manifatturiera o no? Sta qui il punto».
Professore, cosa sta accadendo secondo lei?
Mi sembra che ci sia un “piccolo establishment” che si sta muovendo per ottenere un’integrazione subalterna dell’Italia al capitalismo franco-tedesco.
E questo cosa c’entra con il Governo?
Letta e Alfano hanno avuto un atteggiamento fermo nei confronti dell’Europa e a questi signori non piace: vogliono quindi che il governo cada.
Questo establishment di cui parla, da chi è formato?
Sicuramente da quella parte di Confindustria che fa riferimento a Montezemolo, così come da De Benedetti: basti vedere il comportamento del direttore di Repubblica che arriva a chiedere apertamente le dimissioni di Alfano.
Mi scusi, ma perché una parte di Confindustria dovrebbe voler vedere l’Italia subalterna a Francia e Germania?
Perché ormai non ha più nessuna fiducia in uno sviluppo autonomo manifatturiero del nostro Paese. Lavora e pensa a un’integrazione subalterna di ciò che rimane dell’industria italiana sotto l’ombrello protettivo franco-tedesco. In sostanza, crede che l’Italia non ce la possa fare e quindi cerca di venderla al prezzo migliore.
Come si spiega l’atteggiamento nei confronti del governo di altri giornali come il Corriere, La Stampa e Il Sole 24 Ore?
Credo che Il Sole abbia preso solo una “sbandata”. Il Corriere ha una posizione “oscillante”, però è vero che nella sua ala più “militante”, più legata alle procure, chiede di fatto la caduta di questo governo. Fiat e La Stampa stanno avendo poi un’influenza crescente su via Solferino, dove però è in atto uno “scontro”.
In che senso?
Questo atteggiamento di cui abbiamo parlato, questa linea che definirei subalterna e rinunciataria, si scontra con quella di Bazoli e Guzzetti. Quest’ultimi sanno infatti che verrebbe messo in discussione il ruolo delle banche. Grazie anche a un appoggio di una parte di Bankitalia.
In che modo Bankitalia metterebbe in discussione il ruolo delle banche nel sistema industriale italiano?
Il ministro Saccomanni, che viene da Bankitalia, martedì nel convegno sulle soluzioni al credit crunch ha aperto le porte ai credit fund, cioè allo shadow banking. Di fatto si tratta di un attacco frontale a Bazoli e a Intesa, che cerca ancora di difendere un po’ di rapporto con l’industria italiana (che è stato rappresentato anche dalla linea Passera). Non a caso anche le banche popolari, che hanno rapporti con le imprese sul territorio, sono state prese a bastonate da Bankitalia, come ho spiegato su queste pagine.
Come si spiega invece che una parte del Pd, rappresentata da Renzi, stia remando contro il Governo?
I renziani sono organici al gruppo di De Benedetti. Oltre a voler un capitalismo subalterno al sistema franco-tedesco, perseguono un altro scopo: dare una spallata definitiva alle componenti di sinistra sia cattoliche che ex Pci all’interno del Pd.
Secondo lei, quando Renzi ha incontrato la Merkel, di che cosa hanno parlato?
Mi sarei aspettato che lo avesse detto lui. Di certo non credo che abbiano parlato degli Uffizi, ma del futuro dell’Italia. Su questo incontro, D’Alema ha detto una cosa molto intelligente, quando ha auspicato che Renzi avesse detto alla Merkel che la sua politica è sbagliata. Il fatto che il sindaco di Firenze, una volta rientrato in Italia, non abbia detto nulla mi fa venire il dubbio che abbia invece offerto il suo assenso alla politica della Cancelliera.
Professore, le larghe intese, il Governo Letta, sono cose su cui il presidente Napolitano ha investito molto…
Ma è chiaro che siamo dinanzi a un attacco frontale al Quirinale! Non sono stato d’accordo con Napolitano nel suo appoggio a Monti, ma anche in quel caso perseguiva un obiettivo chiaro: un’integrazione non subalterna dell’Italia nel processo europeo, una non distruzione della nostra industria a seguito del necessario cambiamento che ci sarà dopo la crisi. A questi signori, a questo establishment, il fatto che siamo la seconda potenza manifatturiera d’Europa sembra dare fastidio.
Dunque diventa necessario far cadere il Governo…
Con questo esecutivo si erano messi insieme gli unici due schieramenti contrari all’egemonia tedesca: il gruppo sociale raccolto intorno a Berlusconi e quello che finalmente, grazie alla crisi e grazie a Letta, ha capito che l’Italia non può essere subalterna.
Ma oltre a Francia e Germania c’è qualche altra potenza straniera che ha interessi sull’Italia?
C’è anche la Cina, che ha un “ambasciatore” in Prodi: in pratica si tratta di trovare le imprese da vendere a Pechino, che sta espandendo sempre più la sua influenza in Europa. La Cina ultimamente però vacilla, è in crisi, grazie proprio al sistema dello shadow banking che Saccomanni invoca per l’Italia. Di certo questo disegno agli americani non sta bene.
Perché?
Gli Usa non vogliono un’Italia “tedesca”. La Germania è una potenza anti-americana, quindi non vogliono che aumenti il suo peso nel nostro Paese. E questo è un bene, perché non credo che l’Italia, da sola in Europa, senza gli Stati Uniti, abbia un avvenire. Penso che l’avvenire italiano sia organicamente legato al rapporto con gli Usa.
Professore, ma la Fiat ha gli stessi interessi di De Benedetti, Renzi e gli altri?
La Fiat segue un disegno tutto suo. Non fa una politica fortemente anti-governativa come De Benedetti e gli altri. La Fiat fa gli interessi degli Agnelli, che oggi vogliono diventare sempre meno italiani.
(Lorenzo Torrisi)