Nonostante i richiami all’unità del Pdl le spinte verso la frammentazione del partito non sembrano fermarsi. Al di là del dibattito animato dai possibili fondatori di liste civiche, l’ala destra del Popolo della Libertà sta infatti riflettendo sul suo futuro, sospinta dai suoi intellettuali.
«Berlusconi e Fini costituiscono inevitabilmente un ciclo concluso» ha scritto Marcello Veneziani nel suo appello, pubblicato settimana scorsa dal Secolo d’Italia, per «ricostruire un soggetto civile, prima che politico o culturale». A questo proposito Pietrangelo Buttafuoco, intervistato da IlSussidiario.net, non ha dubbi: «Che questa comunità si ritrovi dopo il disastro è assolutamente inevitabile e nella realtà dei fatti».
Secondo lei nascerà presto un nuovo soggetto di destra che andrà oltre il Pdl?
Intanto metterei ordine nelle definizioni. Questa storia ha origine nel Movimento sociale italiano, la cui storia non può essere considerata di “destra”. È nata infatti in un contesto fortemente tragico, nel Dopoguerra, raccogliendo intorno a sé l’insieme delle esperienze derivate dalla Repubblica sociale italiana.
Dal punto di vista filosofico e culturale quel deposito di valori non può perciò essere considerato interno dell’ambito del conservatorismo dell’Italia borghese o moderata. È un equivoco che si è trascinato nel tempo.
Qualcuno si è preoccupato di risolverlo?
Direi di no, è perdurato facendo collocare a destra quel tipo di esperienza, al di là delle sue varie trasformazioni prima in “Destra nazionale” e poi in “Alleanza nazionale”.
Al di là di questo però è rimasto sempre vivo un punto di vista sociale che non ha mai reso questa forza una sorta di Democrazia Cristiana solo un po’ più ancorata alla dimensione nazionale e che è rimasta un punto di aggregazione per tantissimi italiani. Una comunità di tre milioni di persone ancora presente e radicata in tutto il territorio nazionale. Si pensi alla Sicilia o alla città di Roma dove Gianfranco Fini sotto le insegne della Fiamma Tricolore poté affermarsi e prepararsi alle sfide future.
Che fine ha fatto secondo lei questa comunità politica?
Con una battuta qualche tempo fa dissi che sta tutta nella sim di Maurizio Gasparri. L’ex colonnello di An è uno dei pochi che ha saputo tenere i contatti con tutto questo mondo e, a differenza di altri dirigenti pidiellini, potrebbe contare su un amico o su un riferimento se la sua macchina andasse in panne in qualunque città del Paese.
Scherzi a parte, il radicamento è una componente importantissima in politica e in questo ambito non è mai venuta meno. Non a caso, con lo sfascio del Pdl sul campo rimangono soltanto le sezioni tramandate nel solco di questa esperienza.
La fine del Popolo della Libertà secondo lei è scritta?
Non c’è nemmeno la necessità di formalizzarla. Le dirò di più, per una comunità che ha trovato motivo di riaggregazione dopo la tragedia della Guerra mondiale, il “disastro” del Pdl è solo una piccola disavventura di un pomeriggio. Per questo motivo, la riaggregazione è inevitabile e nella realtà dei fatti, senza bisogno di dover ricostruire la ragnatela della diaspora o di fare il borsino di chi a questo punto ha dei crediti da vantare.
Si potranno superare secondo lei le divisioni di questi anni?
Se si riferisce a Fini la sua è una storia a sé, non c’entra niente con questo percorso. Anche quando venne eletto segretario, venne catapultato per via oligarchica. Una scelta che non venne mai digerita e che oggi mi permette di dire, sine ira, che non lo rimpiangerà nessuno. E comunque, non sarà questo l’ostacolo, per intenderci.
E quale sarà allora?
Il fatto che l’Italia non ha una sovranità politica. Un’azione politica come questa metterebbe in discussione gli equilibri dell’attuale status quo. Non credo che ci lasceranno alzare la testa in termini di unità nazionale.
Non confondiamo comunque questo mondo con ciò che vediamo all’estero. Le specificità di cui parlavamo all’inizio rendono questo fenomeno imparagonabile con il Front Nationale della Le Pen. Questa comunità non sposerà mai le stupidaggini della xenofobia o le scorciatoie della demagogia e del populismo.
Ma un nuovo soggetto secondo lei nascerà da una piattaforma già esistente?
Inutile fare delle ipotesi, in politica le cose accadono seguendo il loro corso. Prendiamo l’esempio di Flavio Tosi a Verona. Pur avendo contro la Lega e il Pdl si è sviluppata un’aggregazione spontanea che ha portato al successo il giovane leghista.
Visto comunque che si parla di futuro, le facce che vediamo attualmente in quella parte politica che tutti chiamano “destra” non vanno considerate.
Nessuna? Nemmeno quella di Gasparri di cui parlava prima?
Nessuna. Al massimo qualche personaggio stravagante come Nello Musumeci, cacciato dal Pdl perché prendeva più voti di Fini.
Dovrà comunque emergere un leader oppure no?
Me la cavo con la dottrina. Carl Schmitt diceva che in una situazione di crisi serve un “decisore”. E dato che questa classe politica dovrebbe averlo letto, farebbe bene a trovarlo.
(Carlo Melato)