Nella puntata precedente ci siamo chiesti come spezzare il trend negativo delle compravendite di alloggi, favorendo nel contempo l’accesso alla prima casa e rilanciando l’occupazione in edilizia con la riqualificazione del patrimonio abitativo esistente. Ecco dieci proposte per una riforma dell’edilizia, una specie di promemoria per il governo Letta, che si è impegnato a riformare il settore entro fine agosto. In questa puntata cominciamo con le prime quattro proposte, che mirano a ridurre, se non ad eliminare del tutto, alcune inaccettabili disparità di trattamento fiscale nel campo della compravendite di alloggi.
1. Eliminare la disparità fiscale tra acquisto di un alloggio da un privato o da una società. Nell’ambito della prima casa le compravendite di alloggi tra privati scontano la tassa di registro del 3% sul valore catastale mentre l’Iva è al 4% del prezzo di vendita per gli acquisti di alloggi nuovi o ristrutturati dalle società costruttrici. Questa discrasia tra una tassa di registro al 3% sul valore catastale (mediamente 3-4 volte inferiore al prezzo di compravendita) e l’Iva al 4% del prezzo di compravendita va eliminata. Come? Stabilendo un’uguale aliquota da applicare al prezzo dell’alloggio, che non dev’essere inferiore al suo valore catastale. Nelle compravendite di alloggi al di fuori dalla prima casa le aliquote complessive sono per entrambe le situazioni al 10%, ma la tassazione per chi acquista da un privato è comunque calcolata sul valore catastale.
A questo proposito va ricordato che fino a qualche anno fa la tassazione degli atti tra privati era calcolata sul prezzo e in alcuni periodi, nell’ambito della prima casa, la tassazione scontava l’aliquota del 4% sul prezzo e solo qualora questo fosse stato inferiore, sul valore catastale. Una simile proposta è perfettamente in linea con la tracciabilità dei pagamenti che da alcuni anni vanno registrati negli atti notarili. Va previsto poi il recupero della tassa di registro pagata in sede di registrazione dei preliminari, quando il successivo atto di vendita sia soggetto ad Iva.
2. Equiparazione per le imprese che acquistano immobili da privati o da enti che non agiscono in regime Iva, al fine di ristrutturarli o di demolirli o ricostruire nuovi edifici, della tassazione a Registro con quella ad Iva in modo che l’acquisto a registro non diventi costo. Questa modifica legislativa mira a eliminare uno elemento che ha frenato pesantemente l’attività di riqualificazione del patrimonio immobiliare.
3. Nel caso di vendita e di riacquisto di un nuovo alloggio, va rivisto il recupero fiscale della tassazione precedente, riducendo il credito d’imposta con il passare del tempo e vanno riviste le sanzioni nel caso di mancato riacquisto. Questa rivisitazione si rende necessaria per premiare i primi acquisti rispetto ai cambi di alloggio. Anche le sanzioni vanno ripensate perché non sempre diviene possibile il riacquisto di un nuovo alloggio a seguito di vendita di quello acquistato con l’agevolazione di prima casa. Problemi economici della famiglia o mobilità sul territorio per ragioni di lavoro o altre ragioni possono infatti impedire il riacquisto o renderlo non opportuno.
4. La fiscalità nel settore della locazione va rivista per favorire l’offerta. In questo settore negli ultimi anni sono comparsi nuovi soggetti: Fondi immobiliari, cooperative edilizie, imprese con alloggi locati in regime di social housing. Anche in questo caso la fiscalità va avvicinata a quella che grava sui privati che affittano un alloggio, per i quali è prevista la tassa di registro del 2% e la possibilità di avvalersi della cedolare secca. L’Iva al 10% sui canoni di locazione di tali alloggi è sproporzionata: va abbassata al 4%. Completeremo nella prossima puntata le nostre proposte di riforma del settore abitativo, pensate come un promemoria per il governo Letta.
(2 – continua)