Nella storia recente – senza tornare a Caligola o simili – c’è un unico uom possente che riuscì a fare “costituzionalizzare” la villa che tanto amava. Il Padre “illuminato” Presidente del Zaire Mobuto che “costituzionalizzò” la Villa di N’Selé a due ore di auto dalla capitale (dono del Governo cinese) pertinenza del Presidente a vita, che amava raggiungerla, navigando sul fiume, con il proprio presidenzial battello. Dal porto privato del Palais de la Présidence di Kinshasa. Ora pare che ce ne sia un secondo – un “mandarino” di cui nessuno vuole fare il nome (per reverenza, per timore e, a sud della Ciociaria, per scaramanzia). A Bruxelles si ride di grosso. E anche a Parigi, sede dell’Ocse. A Washington, all’associazione italo-americana Amfi, si fanno gli scongiuri.
In breve, al primo comma (posizione saliente) dell’art. 39 del disegno di legge costituzionale sulla riforma istituzionale si stipula che Villa Lubin, sede del Cnel in via di soppressione, verrebbe trasferita alla Corte dei Conti. Nessuna Costituzione di Paese moderno prevede norme simili, se non altro per la ragione pratica di evitare un complesso processo di revisione costituzionale in caso sia necessario modificare la destinazione d’uso.
Il bello è che il Presidente della Corte dei Conti afferma che sta bene dove sta e non ha alcuna intenzione di effettuare traslochi a poco tempo dalla meritata pensione. Il ministro per le Riforme si dice sorpresa (come il resto dell’universo mondo) e promette che tutto verrà rimesso a posto ed eventuali “dipendenti infedeli” puniti.
In effetti, da quando si parla di soppressione del Cnel, molti avevano posto gli occhi sulla Villa. Alti funzionari di Palazzo Chigi la vedevano bene come una sede di rappresentanza per la Presidenza del Consiglio (dato che l’attuale luogo per invitare dignitari stranieri, Villa Pamphili, è molto distante dal centro di Roma). La Scuola nazionale dell’Amministrazione si era fatta avanti, ma le è stato detto che ha già splendida sede di rappresentanza: la Reggia di Caserta. Dal ministero dell’Economia e delle Finanze si era suggerito di includerla nel programma di “valorizzazione e privatizzazione” (e pare che il Fuor Seasons Hotel abbia già mostrato interesse). Tutti progetti che potrebbero beneficiare l’erario, ma che non potranno essere attuati se la Villa viene “costituzionalizzata”.
L’innominato (o innominabile) uom possente pare abbia giocato in destrezza tutti i contendenti. E sembra che abbia fretta (alcune male lingue affermano che teme le maledizioni avute da contendenti per la Villa, nonché da numerosi altri, colleghi o persone con cui ha avuto a che fare negli ultimi anni). Inoltre, i tempi delle riforme pare si allunghino, con il rischio che non potrebbe mostrarla a parenti e amici venuti anche dalla campagna, specialmente se verrà attuato il piano del suo management di attribuirlo ad altra funzione.
Spunta, quindi, l’art. 25, comma 2, del ddl di stabilità, all’esame della Camera. A Palazzo Chigi dicono di non saperne nulla, ma da Bruxelles giungono segnali di nuova procedura di infrazione. La norma prevede che il Cnel verrà reso inoperativo vietando spese per i suoi organi (Assemblea e Commissioni), circa un milione l’anno, ma mantenendo quelle per la manutenzione della Villa (2,5 milioni l’anno) e per la struttura amministrativa e chi la dirige (8-9 milioni l’anno). Da mandarinato si passerebbe una satrapia dove un’ottantina di persone verrebbero lussuosamente retribuite per non fare alcun lavoro (non potendo avere indirizzo e guida). Ma presidiando la Villa per chi tanto la agogna.
Due giudici della Corte Costituzionale, interpellati informalmente, parlano di “micro colpo di stato” per effettuare “uno spreco di stato”. Se Theodor Adorno fosse vivo avrebbe incluso questa vicenda, più grottesca che comica, nelle sue Minima Immoralia.
Matteo, ti hanno tirato una buccia di banana. Occhio!