Neanche questa è la volta buona e, in fondo, c’era da aspettarselo: Berlusconi ha deciso che non si farà da parte e, a prescindere dal suo status giuridico, alle prossime elezioni guiderà il partito e farà campagna elettorale. Che potrebbe essere inaugurata a breve se, una volta espulso dal Senato, dovesse decidere di far saltare il governo. Resta da capire come si comporteranno i moderati del Pdl: 22 senatori alfaniani che si sono definiti “innovatori” hanno firmato un appello indirizzato al presidente del Senato, Pietro Grasso, per chiedergli di ignorare la decisione della Giunta per le elezioni e consentire all’Aula di votare la decadenza a scrutinio segreto. Contestualmente, hanno rinnovato la propria lealtà all’esecutivo. Cosa faranno nel caso in cui Berlusconi decidesse di staccare la spina? E, soprattutto, che fine ha fatto il progetto dei “governativi” di prendere in mano le sorti del Pdl, trasformandolo in un partito moderato ed europeo? Lo abbiamo chiesto a Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 ore.
Dopo la decisione di Berlusconi di continuare a guidare il partito, i moderati sono stati definitivamente sconfitti?
Sconfitti non direi. Di certo, l’operazione che stanno ipotizzando è piuttosto complicata. Si avvicina il momento in cui dovranno porsi il problema della scissione; benché essa non sia necessariamente inevitabile, è indubbio che se Berlusconi avesse accettato di farsi da parte, fosse anche in favore della figlia, avrebbe reso tutto molto più semplice. Rimanendo al comando, seppur in condizioni di minore forza rispetto al passato, potrebbe costringere gli alfaniani a fare ciò che non vogliono. Ovvero, spaccare il partito.
Perché non vogliono?
Perché si consegnerebbero ad un destino incerto.
Gli alfaniani, il 2 ottobre, costrinsero Berlusconi a votare la fiducia al governo. Allora, sembrava che intendessero dare battaglia per costruire un partito moderato ed europeo. Cos’è andato storto?
Non la vedrei esattamente in questi termini. Cambiare linea politica di un partito che è stato dominio assoluto di Berlusconi per circa 20 anni non è di certo un’operazione realizzabile dall’oggi al domani. Resta il fatto che, oggi, Berlusconi, è un uomo invecchiato, che ha sulle spalle una condanna, sta per essere espulso dal Parlamento e non sarà ricandidabile alle prossime elezioni. Per questo, non mi stupisce che sia in corso tuttora un tentativo di dare vita alla formazione un nuovo gruppo dirigente e un’altra prospettiva.
Non crede che questo tentativo sia fallito nel momento in cui è stata ricostruita Forza Italia e i vertici del Pdl sono stati azzerati?
Se il tentativo sia fallito o meno, non possiamo stabilirlo adesso. Lo comprenderemo quando si deciderà l’esclusione di Berlusconi dal Senato.
A quel punto, cosa potrebbe accadere?
Berlusconi potrebbe passare all’opposizione e gli alfaniani potrebbero seguirlo. In questo caso, per loro, si tratterebbe di un fallimento totale; oppure, potrebbero continuare a sostenere Letta. Tale operazione, benché effettuata a prezzo di una scissione del partito e di una divisione profonda nel centrodestra italiano, non rappresenterebbe più una sconfitta. Non è escluso, infine, che Berlusconi rinunci a far cadere il governo, nonostante la sua esclusione dal Senato; anche in tal caso, vorrebbe dire che ha prevalso la linea moderata, anche se, presumibilmente, con qualche ambiguità. Berlusconi resta un personaggio dall’indubbia personalità politica e molto ingombrante. Se il suo partito assume la prospettiva di Alfano, non se ne starà di certo zitto.
Che vantaggio avrebbe a far cadere il governo dato che, per gli effetti della sentenza della Corte d’Appello che lo ha condannato a due anni di interdizione dai pubblici uffici, è comunque incandidabile?
Nessuno. Si comporta così semplicemente perché è stato colpito nell’orgoglio. Non può accettare che il suo destino possa dipendere da altri, siano essi i magistrati o i parlamentari a lui ostili. E’ una mossa dettata più dalla psicologia che dalla politica.
Una quarta opzione, in cui Berlusconi toglie la fiducia al governo, gli alfaniani lo seguono, ma continuano a tentare di cambiare il partito, è possibile?
No. Questa non sarebbe la quarta opzione, ma la prima. Si tratterebbe, cioè, del fallimento dell’opzione moderata.
Il senatore Giovanardi ha sostenuto, su queste pagine, che già attualmente esistono due partiti distinti: la nuova Forza Italia e la formazione di quanti hanno deciso di restare nel Pdl.
Di fatto, effettivamente ci sono due partiti: uno è quello di Berlusconi. È la sua emanazione, e lo porta dove vuole; l’altro, seppur confusamente e in ritardo, sta cercando di darsi un’identità moderata, collegata al Ppe, ed è disposto a rompere con l’ex premier. Come quest’ultimo si comporterà, è attualmente un’incognita. Tuttavia, lo scopriremo presto, dopo il voto del Senato (palese o segreto poco importa).
I moderati del Pdl e Forza Italia potrebbero, in futuro, stare alleati nel centrodestra?
E’ un’ipotesi di cui, effettivamente, si parla. Mi pare difficilmente agibile.
L’eventuale nuovo Pdl potrebbe allearsi con Scelta civica e l’Udc nel tentativo di schiacciare Forza Italia su posizioni di estrema destra?
E un’opzione che andrà verificata nei fatti. Per non correre il rischio di fare l’ennesimo centrino, una prospettiva di questo genere necessiterà di molto tempo per riuscire a organizzarsi.
L’espulsione di Berlusconi determinerà una frammentazione politica tale da rendere necessaria una legge elettorale proporzionale, con il rischio che si torni ad uno scenario da Prima Repubblica?
La possibilità che lo scenario si evolva in tal senso è alta. Indubbiamente, servirebbe una grande determinazione – che attualmente non vedo – per dar vita ad una legge elettorale diversa. Il rischio che la Corte costituzionale sancisca l’illegittimità del porcellum e che, volenti o nolenti, ci ritroveremo con un sistema proporzionale, è elevato.
Sembra che l’unico a volere un sistema maggioritario per salvaguardare il bipolarismo sia Renzi.
Certo. Ma è necessario che qualcuno, in Parlamento, voti una legge simile. Di sicuro, anche l’eventuale partito moderato che abbiamo descritto non ha di certo l’interesse a votare con un sistema maggioritario.
(Paolo Nessi)