“Un tratto distintivo accomuna Zapatero, Renzi e Cameron. La globalizzazione ha svuotato il loro potere di incidere sull’economia, e per compensare questa debolezza hanno usato diritti civili come le unioni gay per dimostrare di saper governare”. Lo afferma Fernando De Haro, giornalista, direttore del programma La Mañana de Fin de Semana in onda sulla catena televisiva spagnola COPE. José Zapatero è stato presidente del consiglio spagnolo dal 2004 al 2011, e nel 2005 ha approvato le nozze gay.
Ritiene che con le unioni civili Renzi si sia incamminato sulla strada di Zapatero?
Tra Zapatero e Renzi ci sono una somiglianza e una differenza. La somiglianza è che in questo momento la sinistra cerca di attuare un’agenda di nuovi diritti, per il fatto che non è chiara la strada da seguire per quanto riguarda i diritti economico-sociali. Il vecchio welfare state non è più sostenibile.
Questo che cosa c’entra con le unioni civili di Renzi?
Dal momento che i politici non hanno in mano il potere reale per attuare una politica economica forte, investono i loro sforzi sui nuovi diritti. Non è però soltanto qualcosa che contraddistingue i partiti di sinistra; riguarda anche lo stesso premier inglese David Cameron. C’è un parallelismo quindi non solo tra Renzi e Zapatero ma anche tra Renzi e Cameron. Tutti i leader europei stanno andando in questa direzione, anche se ci sono gradi diversi in cui ciò avviene.
In che senso prima parlava di una differenza tra Renzi e Zapatero?
La differenza è che Zapatero ha introdotto un vero matrimonio omosessuale, mentre Renzi si vuole limitare alle unioni civili e la differenza non è solo nominalistica. In Italia infatti si ribadisce l’idea che il matrimonio è soltanto per le coppie eterosessuali.
Qual è stato in Spagna il bilancio dell’esperienza di Zapatero?
Il bilancio è molto negativo. Con la globalizzazione, i governi non hanno più in mano il potere reale. Questa situazione di debolezza comporta che la politica non abbia più come scopo quello di rispondere ai bisogni reali della gente. Non è più quindi una politica responsabile, anche se i nuovi diritti rivelano un lato interessante: c’è una soggettività che, a suo modo, cerca sempre la felicità.
Perché dice che la politica non è più vissuta in modo responsabile?
Per affrontare la questione dei nuovi diritti in modo serio occorrerebbero misure di legge molto curate ed equilibrate, frutto di una discussione interna alle forze politiche. Di fatto, per colmare la mancanza di potere da parte dei governi causata dalla globalizzazione, si evita questa discussione e si omette di compiere dei passi responsabili. E così, si usa il potere per mostrare una capacità creativa in tema di nuovi diritti rivoluzionandoli dalle fondamenta. In Spagna è accaduto proprio questo.
Che cosa ci insegna l’esperienza spagnola?
Zapatero, pur non avendo le capacità per fare realmente politica, ha esaltato la dimensione dei diritti civili intervenendo senza alcun equilibrio. Il problema è che il Partito Popolare, salito al potere dopo di lui, e che inizialmente si era opposto al matrimonio gay, oggi ha fatto suoi quei temi, tanto che la comunità omosessuale spagnola si riconosce nella destra più ancora che nella sinistra.
Come è stato possibile un simile ribaltamento nella posizione del Partito Popolare spagnolo?
Nelle società europee sono venute a mancare tante certezze prima fondamentali, e in un certo senso il diritto ha dovuto riconoscere questo stato di cose: ci sono tante coppie omosessuali ed è giusto farci i conti, anche se questo non può voler dire cambiare completamente direzione. Inoltre non si può tener conto solo dei diritti delle coppie gay e non di quelli dei bambini. Il problema è che la gente ha smarrito le certezze della mentalità cristiana, e sui diritti civili bisogna discutere tutto daccapo, dalle fondamenta.
(Pietro Vernizzi)