Trenta miliardi di euro destinati all’Italia sottoforma di finanziamenti Ue e rimasti inutilizzati. Una cifra che se non sarà assegnata entro la fine di quest’anno e spesa entro il 31 dicembre 2015 ritornerà a Bruxelles. Soldi per strade, porti e aeroporti che sarebbero il toccasana per rilanciare la nostra economia, ma che rischiamo di farci scappare di mano. Finora l’Italia ha speso soltanto il 40% dei 49,5 miliardi di euro dei fondi strutturali Ue destinati al nostro Paese per il 2007-2013. Ilsussidiario.net ha intervistato Alfred Steinherr, professore di Economia e management all’Università di Bolzano.
Per quale motivo l’Italia non riesce a sfruttare una somma così ingente erogata dall’Unione europea?
Gran parte di questi fondi sono stati stanziati per progetti precisi e dunque non a destinazione generale. Spesso per beneficiare dei finanziamenti occorre un certo livello di realizzazione entro una certa data, mentre se ci sono ritardi questi fondi non sono più disponibili. L’incapacità di sfruttare i 30 miliardi dipende dall’inefficienza dell’amministrazione pubblica e dal mancato coordinamento tra le diverse istituzioni che prendono parte al progetto.
Che cosa dovrebbe fare l’Italia per sbloccare questi fondi?
Il governo italiano dovrebbe negoziare un’eccezione e fornire le ragioni per le quali si è verificato un ritardo nella realizzazione dei progetti. Ciò si può fare e si fa normalmente: recuperare i 30 miliardi di fondi strutturali non è dunque impossibile. Anche la Grecia non ha potuto utilizzare buona parte dei fondi europei perché mancava il livello di realizzazione stabilito dagli organismi di Bruxelles, e ha quindi rinegoziato l’erogazione dei fondi con l’Ue. Per quanto riguarda l’Italia, al ritardo nella realizzazione dei lavori si è poi aggiunto un blocco di natura politica, ma non si tratta di un fatto così straordinario.
Finora per che cosa sono stati utilizzati i fondi strutturali Ue in Italia?
I fondi sono stati destinati allo sviluppo regionale, con progetti per infrastrutture pubbliche come strade, aeroporti e porti.
Che cosa rallenta la realizzazione di questi progetti in Italia?
Spesso a mancare è il coordinamento tra le varie istituzioni da parte del ministero competente. A essere coinvolti in ciascuno di questi progetti è l’ente regionale e, quando coprono una porzione importante di territorio, varie province che devono essere coordinate. Fare lavorare insieme tutte queste realtà non sempre è facile.
Perché altri Paesi come la Germania ci riescono e l’Italia no?
Quello secondo cui la Germania sarebbe sempre puntuale nella costruzione delle infrastrutture è in realtà purtroppo soltanto un mito. A Berlino esiste un progetto per la realizzazione di un grande aeroporto, e da dieci anni ci sono infiniti ritardi. Completare le grandi infrastrutture è sempre complicato, è inevitabile che ci siano ritardi e quasi sempre non hanno all’origine problemi di natura tecnica, ma la lentezza nel coordinamento politico. Non tutte le province vogliono la stessa configurazione dell’infrastruttura, per esempio ci sono dissidi su dove debba passare un’autostrada, e questa nel 90% dei casi è la ragione per la quale ci sono dei ritardi.
Quindi non è solo l’Italia ad avere dei ritardi nella realizzazione dei progetti?
Non si tratta di un problema tipicamente italiano, ma di un fatto che si verifica anche in altri Paesi. Le finanze pubbliche dell’Italia sono però già particolarmente sotto stress, e in una congiuntura economica così difficile sarebbe davvero qualcosa di deplorabile perdere i 30 miliardi, in quanto si tratta di soldi che potremmo utilizzare e che invece finirebbero sprecati.
L’Italia ha la forza politica per rinegoziare con l’Ue la scadenza per l’utilizzo d questi fondi?
Sono certo del fatto che l’Italia può rinegoziarla, è quasi impensabile che questi 30 miliardi di euro ritornino a Bruxelles. Il governo italiano deve presentarsi alle istituzioni Ue con una buona spiegazione dei fattori che hanno determinato i problemi e con delle soluzioni sul modo in cui superarli. In questo momento tutti in Europa sanno che bisogna stimolare l’economia e che il principale modo per farlo è accelerare con i progetti di infrastrutture pubbliche in preparazione. In Italia, Grecia, Spagna e Portogallo la priorità assoluta deve essere la realizzazione di strade, porti e aeroporti.
(Pietro Vernizzi)