La pubblicazione delle minute del Fomc – l’organo decisionale della Fed riunitosi lo scorso 28-29 aprile – ha confermato un consenso diffuso sul mercato: la “pazienza” di Janet Yellen e dei suoi colleghi governatori non era davvero finita come la banca centrale americana aveva ventilato all’inizio del 2015. Che il rialzo dei tassi a giugno (al Fomc del 16 e 17) sia “improbabile” – questa l’indicazione-chiave di ieri sera – ha sostenuto prevedibilmente Wall Street.
La nuova virata lessicale della Fed – più o meno percettibile o interpretabile – ha comunque rilanciato il tema della comunicazione delle due grandi banche centrali, formalmente impegnate in una staffetta sul terreno del Quantitative easing, cioè delle operazioni di politica monetaria sui mercati aperti.
Come ha segnalato ieri anche Mauro Bottarelli su queste pagine, il volume di nuove emissioni attese di titoli di Stato nell’eurozona nel mese di maggio eccede la somma di quelle in rimborso e degli acquisti mensili operati dalla banca centrale. Qualcuno sul mercato ha iniziato a preoccuparsene già da aprile, tenuto conto che la situazione greca resta sgradevolmente incerta. Prontissimi, i pompieri della Bce sono intervenuti (hanno solo questo in mente, oppure si stanno preparando ad affrontare le conseguenze di un “piano B” applicato alla Grecia?) con il via a un “intervento maggiorato” nell’immediato, che anticipa quanto avrebbe dovuto essere fatto più in prossimità della fine estate e inizio autunno, quando le condizioni di liquidità dei mercati potrebbero essere meno favorevoli e quindi operativamente meno semplici da gestire anche per la banca centrale.
Non vanno però dimenticate i recenti “agosti neri” (crisi russa, record storico del dollaro contro lira, inizio crisi dei mercati emergenti, inizio crisi del 2007/2008 con la sospensione del calcolo del valore netto patrimoniale di alcuni grossi fondi armonizzati, distribuiti al pubblico, non hedge funds, sono ricordi che potrebbero bastare), c’è da sperare che quest’anno il mese si riveli tra quelli tranquilli.
Meno tranquillizzante resta invece il signalling adottato dall’Eurotower: quanto riportato dai media era stato anticipato il giorno prima a una cena privata con un gruppo di gestori di fondi hedge, creando una disparità di informazioni a favore dei commensali. Sappiamo che il Dna della Banca centrale europea deve molto a quello della Bundesbank, da voci di mercato nota per avere consentito un analogo squilibrio informativo ai tempi dell’ uscita di lira e sterlina dallo Sme, quella volta comunicando a favore dello strategist di un hedge fund divenuto famoso proprio per la posizione assunta contro la sterlina.
Pochi anni dopo l’uscita dallo Sme di lira e sterlina, nasce Medley Global Advisors, società di consulenza molto efficace nell’ assistere i suoi clienti con le sue spesso ben focalizzate analisi. Proprio Medley rimane recente coinvolto in un’indagine che ci riporta all’argomento dell’equità di trattamento informativo sui mercati finanziari: un’analista della ormai famosa casa di consulenza incontra a più riprese tra il 2011 e il 2012 la allora non ancora governatrice della Federal Reserve, riuscendo di seguito a scrivere dei report indirizzati alla sua clientela, molto precisi rispetto alle future mosse della banca centrale (troppo precisi nell’opinione degli investigatori).
È curioso vedere che attori dell’importanza delle due banche centrali nominate seguano profili comportamentali adatti forse a tempi diversi da oggi, quando le singole aziende emittenti sono già invece fermamente attente all’equità di trattamento nella distribuzione delle informazioni alla comunità finanziaria, l’uso dei media digitali tra le aziende quotate è ormai totalmente diffuso, negli Stati Uniti la distribuzione di informazioni societarie secondo formati standard scaricabili dal sito dell’emittente ha ormai preso saldamente piede (agevolando di molto il lavoro degli analisti finanziari e degli investitori più attenti), si spera lo stesso succeda a larga scala anche in Europa.
Nonostante gli sforzi comunicativi fatti anche dal sito della Bce e con la periodica conferenza stampa del governatore accessibile a tutti nel mondo, nello stesso momento, esistono ancora sbavature del tipo di quelle qui sopra nominate che rischiano di riportarci indietro nel tempo a situazioni che conoscevamo come migliorabili.
Nel caso della Yellen, la stessa Federal Reserve ha avviato un’indagine interna sul passato comportamento del suo governatore, indagata anche per iniziativa del Senato americano. Nel caso europeo di questi giorni potrebbe essere ancora presto per valutare le conseguenze provocate dal comportamento di Couré all’interno della sua istituzione e presso il Parlamento europeo, rimane la sensazione che proprio gli istituti emittenti debbano ancora aggiornarsi al livello di molte entità da loro regolate.
È vero che un mercato “perfettamente informato” rimane un’utopia da manuale, ma se neppure le banche centrali – sia a livello “macro” che “micro” – riescono a compiere un reale salto di qualità nella comunicazione, il new normal sui mercati è ancora lontano.