L’aliquota media scelta per la Tasi dai Comuni è pari al 2,46 per mille, un dato che ci dice che la nuova tassa sulla casa è spesso ai livelli massimi. Tanto che secondo Repubblica per sette famiglie su dieci la nuova tassa è più cara dell’Imu. Su 69 Comuni capoluogo che hanno rese note le aliquote, in molti hanno scelto il tetto massimo del 2,5 per mille. Ne abbiamo parlato con Attilio Fontana, sindaco di Varese e presidente di Anci Lombardia.
Fontana, è vero che con la Tasi molti italiani pagheranno di più che con l’Imu?
La Tasi è un modo surrettizio per aumentare le tasse attraverso i Comuni. C’è qualche quotidiano, come Repubblica, che ha scritto: “I sindaci non ci dicono dove vanno a finire i soldi della Tasi”, ma la realtà è che i soldi della Tasi servono per cercare di coprire i tagli che ci sono stati fatti. Servono per pagare gli stipendi, le mense per gli asili e tutti i servizi che vendiamo ai nostri cittadini. Quando sono diventato sindaco, Varese aveva circa 20 milioni di trasferimenti a Roma e adesso ha 3 milioni e 800mila euro. I soldi della Tasi servono quindi per cercare di coprire i tagli di questi anni. Tagli che anche con le nuove tasse non ci consentono di avere le stesse risorse che avevamo in passato.
Andiamo verso un inasprimento della pressione fiscale complessiva?
Sì. In modo assolutamente subdolo stanno aumentando tutte le tasse, solo che le scaricano sulla responsabilità degli altri. Dicono che le riducono o che non le aumentano, ma in realtà costringono i Comuni ad aumentare le tasse perché gli riducono i trasferimenti. Anziché statali abbiamo delle tasse comunali, ma che compensano risorse che lo Stato trattiene per sé e non dà più ai Comuni. Quindi non cambia niente, è un vero e proprio aumento di tasse.
Perché il governo Renzi, che parla tanto di crescita, in realtà sta aumentando le tasse?
Perché un conto è parlare e un altro è realizzare. Questo governo parla di tante cose e lo fa molto bene, ma a livello concreto non mi sembra che stia dando risultati eccezionali.
L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di aziende comunali. Andrebbero ridotte?
Sono sei anni, da quando cioè faccio parte dell’Anci, che ripeto che non dobbiamo fare demagogia sulle aziende comunali. Alcune di queste ultime guadagnano e altre perdono. Secondo gli ultimi dati, quelle che perdono sono solo una su quattro, ed è giusto che siano vendute, cedute, messe in liquidazione. Se però ho un’azienda che ogni anno mi produce un miliardo di euro, e che mi serve a coprire i buchi del bilancio comunale, non vedo per quale motivo dovrei venderla. Nell’immediato mi porta a casa delle risorse, ma quando quelle risorse sono finite io non ho più le entrate che derivano dagli utili. Facciamo quindi un discorso serio ed eliminiamo solo le aziende che producono dei buchi nei bilanci comunali. Ma non costringete noi sindaci a vendere le aziende in attivo, per cercare di mettere a posti i conti statali.
In quanto sindaco, quali conseguenze ha osservato per quanto riguarda l’abolizione delle Province?
Una confusione inenarrabile e una situazione di caos devastante. Chi si illudeva che senza province avremmo risparmiato 17 miliardi dovrebbe fare ammenda. Le competenze delle Province sono trasferite a Comuni e Regioni, che si trovano a gestirle in condizioni di minore efficienza.
(Pietro Vernizzi)