Più di settanta sì per Berlusconi in meno di dodici ore. E’ un conto approssimato per difetto quello che l’agenzia Ansa ha tracciato dei parlamentari, peones e non, che via agenzia hanno fatto sapere di essere felici dal ritorno in campo del Cavaliere. Le primarie del centrodestra sono state fatte in poche ore a suon di comunicati stampa, e Berlusconi le ha stravinte, perché non aveva concorrenti.
E lo smarrimento nel gruppo dirigente pidiellino si vedeva chiaro negli occhi gonfi di Angelino Alfano, quando si è presentato nella sala stampa di Montecitorio al termine di una giornata drammatica, che ha segnato non solo il ritorno del 76enne fondatore del PDL, ma ha pure seppellito con le primarie anche l’idea di un rinnovamento pilotato dall’alto.
Berlusconi è parso indeciso a tutto per mesi, ha ventilato mille volte il suo ritorno sula scena, e mille volte ha dato la sua benedizione al nuovo corso e soprattutto alle primarie. A fine ottobre nel giro di quarantotto ore ha fatto un discorso da statista sul passo indietro e una conferenza stampa furiosa a Villa Gernetto per annunciare il suo ritorno. Due interventi pubblici che non sembravano fatti dalla stessa persona.
All’improvviso ha rotto gli indugi, imprimendo all’intera politica italiana un’accelerazione fortissima. Tanti i fattori che hanno concorso a questa svolta: ha pesato il “quid” che è mancato ad Alfano, così come la vittoria di Bersani alle primarie del centrosinistra. Se avesse prevalso Renzi, Berlusconi non avrebbe potuto riproporsi: troppo alto il rischio di apparire ridicolo in un confronto che sarebbe sembrato quello di un nonno con un nipote.
Decisivi anche altri fattori, dai provvedimenti che il governo sta prendendo in queste settimane, come il decreto sull’incandidabilità dei condannati (varato proprio ieri), sino ai sondaggi che danno il centrodestra sempre più in caduta libera. Ecco, i sondaggi, antico amore del Cavaliere sin dagli albori della sua vita politica. In mano – a Montecitorio ne sono convinti in molti – Berlusconi deve avere cifre da brivido. Cifre che condannano il PDL alla totale irrilevanza senza di lui, perché nessuno dei giovani ha il suo appeal. Con lui in campo, invece, le cose non andrebbero poi così male. E in vigenza di “porcellum” (visto che è ormai quasi certo che si voterà con l’attuale sistema elettorale), il leader del PDL potrà costruirsi liste su misura per avere nel prossimo parlamento una pattuglia di fedelissimi pronti a tutto, anche a difenderlo nei suoi interessi economici.
Chi non ci sta è cortesemente invitato a uscire, tanto – di questo Berlusconi è convinto – senza di lui di voti se ne raggranellano ben pochi. E ogni velleità per il futuro è per il momento messa cinicamente da parte: il sogno di una grande casa dei moderati, della succursale italiana del PPE per il momento può attendere. Con l’UDC le trattative sono saltate, meglio tornare al facile e rassicurante abbraccio con la Lega. Non si corre per vincere, ma per impedire ad altri di vincere troppo. Si corre per avere peso sufficiente a condizionare i futuri assetti. E con questa legge elettorale in Senato potrebbe persino accadere.
Chi la pensa diversamente, come l’ala cattolico-ciellina capeggiata da Mario Mauro e Roberto Formigoni, oppure gli ex AN di La Russa e alemanno sono davanti ad un bivio. Accodarsi, o andarsene. I filo-montiani dichiarati il divorzio l’hanno già di fatto consumato, votando sì al governo, mentre il PDL si asteneva sulla fiducia. E’ il caso di un Pisanu, di un Frattini o di un Cazzola. Altri potrebbero seguire a breve, magari per tentare di trovare rifugio sotto le bandiere di Casini e Montezemolo. Del resto, lo spazio sulla scialuppa di salvataggio è poco, e non basta per tutti. Del rischio di un big bang di un partito che solo quattro anni fa aveva raggiunto il 38 per cento il suo leader pare non preoccuparsi più di tanto.
Berlusconi ha fatto una scelta precisa: punterà a raccogliere consensi nell’area vasta degli scontenti di questo governo, e dell’Europa che ci costringe a tirare la cinghia. Un’area sinora gonfia di elettori orientati verso l’astensione, perché insoddisfatti dall’offerta politica rappresentata solamente da leghisti e grillini.
In teoria, quindi, uno spazio politico ci sarebbe. In teoria, appunto, perché è tutta da verificare la credibilità di questo ritorno. Si profila una campagna elettorale all’arma bianca, una lotta senza esclusione di colpi, nonostante che Napolitano tenterà di tutto per evitare che la situazione degeneri. Resta da vedere se agli italiani il sesto sequel della serie “Il candidato Berlusconi” risulterà gradito, o se prevarrà un senso di nausea.