Una lunga intervista su Repubblica e un colloquio registrato con Enrico Mentana. Beppe Grillo sceglie a sorpresa un grande quotidiano e uno dei volti noti della tv per lanciare la sua campagna per le elezioni europee. In qualche modo un atto di rottura rispetto alla strategia comunicativa usata finora dal Movimento 5 Stelle, che è ricorso soprattutto al blog di Grillo per tenere aperto il canale con i suoi elettori, rifiutandosi di apparire in talk show e interviste in diretta. Per Mario Morcellini, preside di Scienze della Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma, “l’incapacità di Grillo a confrontarsi con gli altri partiti ha avuto come conseguenza una perdita di vocalità da parte del Movimento 5 Stelle”.
Come valuta il cambio di strategia comunicativa da parte di Grillo?
Più che un cambio di strategia mi sembra la dichiarazione implicita di una sconfitta sul piano della comunicazione e delle precedenti strategie di attacco ai media tradizionali. Implicitamente Grillo ammette che è difficile arrivare all’opinione pubblica colta senza passare attraverso i grandi quotidiani come Repubblica o personaggi chiave come Mentana. Grillo rivela così di trovarsi politicamente in difficoltà.
Quali saranno le conseguenze nel medio-lungo periodo?
Che questo si trasformi in un cambio di strategia è presto per dirlo, perché siamo abituati a un Grillo che non è molto lineare nelle scelte politiche e comunicative. E’ molto probabile che ci sia un cambio di strategia, ma è possibile anche il contrario e cioè che il leader del M5S ritorni a un regime autarchico, cioè a una comunicazione affidata essenzialmente alla rete.
Roberto Fico presidente della Commissione di Vigilanza Rai per il M5S ha chiesto la par condicio in vista delle elezioni Ue. I grillini vogliono invadere le tv?
Che la Commissione di Vigilanza Rai all’approssimarsi della campagna elettorale raccomandi equilibrio nella narrazione politica ed elettorale è uno degli elementi più rituali del nostro sistema politico. Quanto poi siano efficaci questi richiami è un’altra questione. Più che invadere i media, il movimento di Grillo e forse anche il presidente della Commissione si preparano a dire fin da ora che il M5S è sottorappresentato nel campo della comunicazione.
Lei ritiene che sia davvero sottorappresentato?
No. Soprattutto i quotidiani di opinione hanno indagato a lungo sul Movimento 5 Stelle. Ciò è stato un fatto doveroso, perché il significato sociale, culturale e generazionale di quella protesta era stato stupidamente trascurato prima delle elezioni. I media hanno dovuto aggiornare la loro conoscenza. Non c’è stata sottorappresentazione del M5S anche perché i giornali italiani amano lo spettacolo e la semplificazione, che è proprio ciò che regala Grillo.
In che senso lei prima parlava di un M5S politicamente in difficoltà?
A essere mancata finora è stata soprattutto la capacità del M5S di discutere e confrontarsi con gli altri partiti. Che non ci sia un’apertura di ponti levatoi comunicativi alle forze politiche, soprattutto d’opposizione, rappresenta una perdita di vocalità del M5S. Nel momento in cui è entrato in Parlamento, il M5S avrebbe dovuto cambiare tono e racconto. Raccontare che loro non sono gli unici che non partecipano al banchetto, rappresenta un argomento buono in campagna elettorale, ma molto inefficace durante la governance abituale dove bisogna uscire dalle parole verso i fatti. E il M5S è rimasto trincerato sulle parole.
(Pietro Vernizzi)