Renzi può rinunciare a tutto, tranne che all’Italicum. Sul Jobs Act e persino sulla riforma costituzionale è stato a sentire e ha accettato modifiche; ma sulla legge elettorale non vuole più discussioni. Si deve approvare nella versione uscita dal Senato, quando ancora c’era il patto del Nazareno e la minoranza del suo partito non aveva ancora capito che aveva i giorni contati.
Adesso il quadro è cambiato: Forza Italia, o una buona parte di questa, non ha più interesse a votare in sintonia con i renziani e la minoranza Pd accusa l’Italicum di essere la pietra tombale della democrazia italiana. Di conseguenza, o l’Italicum si approva così, o – molto probabilmente – non si approva più.
Una legge elettorale deve garantire agli elettori un’adeguata rappresentanza dei loro orientamenti politici, e dev’essere congegnata per consentire una giusta governabilità dello Stato. Questo vuol dire che la legge elettorale non deve essere “the mirror of the Nation”, ma anche che, in nome della cosiddetta governabilità, non si metta lo Stato nelle mani di una sparuta minoranza politica, quali sono ormai i nostri partiti, compreso il Pd, o, peggio, nelle mani di un solo uomo.
L’Italicum, invece, è stato congegnato proprio per ottenere questo risultato, consentire ai leaders politici di avere un controllo pieno delle liste e, svolte le elezioni, di permettere a un leader con il 25% del consenso di avere un controllo pieno del Parlamento, del Governo e di tutte le altre cariche pubbliche.
Renzi sa bene che la posta in gioco è questa, ma – essendo giovane – è convinto che vincerà sempre, per cui asseconda la sua bramosia di potere, al di là del bene della democrazia che è il governo di tutti, che presuppone la moderazione, il rispetto degli avversari e una legislazione pensata in modo mite, più da perdenti che non da vincitori.
Del resto, in questo anno di governo, Renzi, anche se i risultati sono per lo più modesti e presentati in modo artefatto, ha concentrato potere come nessuno mai nella storia repubblicana.
Si è persino parlato di un presidenzialismo strisciante.
Ma in questa realtà non c’è nulla che si possa paragonare con il presidenzialismo e l’Italicum distrugge la forma di governo parlamentare, ben oltre ogni idea di democrazia d’investitura.
In un sistema presidenziale vige la stretta osservanza di due principi: la divisione dei poteri e il bilanciamento e i controlli tra i poteri. Nel sistema statunitense il Presidente ha il controllo dell’esecutivo, ma sul Congresso può avere solo un’influenza indiretta, persino quando la maggioranza nel Senato e nella Camera dei Deputati è del suo stesso partito. Infatti, in Parlamento siedono i maggiorenti del partito e lui non può pensare di governare contro di loro.
Quando poi il Congresso o una sola delle due camere (specialmente se è il Senato) hanno un orientamento diverso da quello del Presidente, s’instaura una “coabitazione” ben più problematica di quella che si registra in Francia, quando il Presidente e le Camere sono di orientamento diverso. È vero che il Presidente può opporre il veto alla promulgazione delle leggi del Congresso e – come si dice – conservarle “in pocket”, ma non può farsi le leggi che vuole e deve chiedere al Parlamento, organizzato secondo i principi del bicameralismo perfetto, di approvare le leggi di cui ha bisogno per governare; e se vuole nominare un alto funzionario o un giudice della Corte Suprema, può farlo solo con il parere e il consenso del Senato (with the Advice and Consent of the Senate) e se vuole stipulare un trattato occorrono i due terzi dei Senatori a favore.
Una democrazia presidenziale è una vera democrazia.
Renzi concepisce il suo presidenzialismo in un modo totalmente diverso: con la riforma costituzionale si sbarazza di una Camera, il Senato della Repubblica, e con la legge elettorale vuole diventare il padrone dell’altra Camera, quella dei Deputati: le candidature passano tutte dalle sue mani, soprattutto per la rilevante quota dei nominati senza preferenze degli elettori; e, una volta, fatte le elezioni, grazie al ballottaggio senza soglia, con 340 deputati “propri” può decidere le cariche della Repubblica, il contenuto delle leggi e, con un manipolo di sindaci che siedono in Senato, persino quello della Costituzione.
Anche Giacomo Acerbo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel 1921, che scrisse la legge elettorale a sistema maggioritario, potrebbe rivoltarsi nella tomba.
L’Italicum non è solo peggiore del porcellum, vieppiù incostituzionale, ma ha la pretesa attraverso il meccanismo elettorale di instaurare una forma di governo plebiscitaria: l’acclamazione del leader.
Renzi dovrebbe riflettere su due questioni: la prima è che non è detto che gli italiani gli conservino il suo favore; fino ad ora egli è più una speranza che non una certezza. La seconda è che subire il fascino del potere è umano, cedervi significa siglare il patto col diavolo; dovrebbe leggere il Faust di Goethe, ma anche quello di Thomas Mann basterebbe.