La crisi economica in corso ha due caratteristiche centrali: la sua natura internazionale e il profondo shock psicologico causato da un improvviso aumento dell’incertezza per le famiglie e le imprese.
Gli Stati Uniti hanno risposto con immediatezza sul piano della politica monetaria, abbassando a zero il tasso di interesse, ma ciò non è stato sufficiente: la politica fiscale è ritornata, dopo molti anni, in primo piano come strumento centrale per la contrastare la crisi.
I limiti della politica fiscale sono due: i tempi di attuazione, il che richiede una gamma di interventi discrezionali ed efficaci nei tempi brevi, il secondo è che, essendo la crisi internazionale, anche la politica fiscale dovrebbe avere natura internazionale.
Qualche elemento di fiducia nel futuro viene dal fatto che il quadro internazionale degli interventi fiscali è nel complesso rilevante e soprattutto simultaneo in un molteplicità di paesi.
Negli Stati Uniti l’amministrazione entrante del presidente Obama, ha proposto un piano biennale di 775 miliardi di dollari, che includono tagli fiscali fino a 300 miliardi e un piano specificamente dedicato ai bambini in povertà, a cui sono indirizzati 18 miliardi di dollari e che dovrebbero coinvolgere circa 5,5 milioni di bambini. Il disavanzo americano, escludendo questo piano, dovrebbe salire da 455 miliardi nel 2008 a 1.200 nel 2009, pari all’8,9% del Pil.
Il confronto internazionale più recente è stato proposto dall’IIF (The Institute of International Finance), con dati riferiti alla metà del dicembre del 2008 e mostra un quadro di coordinamento, e forse cooperazione, a livello internazionale.
Lo stimolo fiscale della Cina è infatti altrettanto ingente di quello americano, 586 miliardi di dollari pari all’8,9% del Pil, anch’esso diversificato fra interventi infrastrutturali e sostegni alle famiglie. Il Giappone, pur vincolato dal più elevato debito pubblico fra i paesi avanzati, prevede uno stimolo di 105 miliardi di dollari, pari al 2% del Pil.
In Europa l’intervento della Germania è aumentato da 31 miliardi di euro alla metà di dicembre a 81 miliardi in due anni, alla metà di gennaio 2009: in esso si prevedono investimenti infrastrutturali e significativi interventi a favore delle famiglie, incluso un’una tantum di 100 euro per ciascun bambino, e un aumento dei sussidi per i disoccupati con figli tra i 6 e i 13 anni. In Francia lo stimolo è pari a 26 miliardi, pari all’1,3% del Pil, mentre in Spagna lo stimolo è aumentato da 11 a 38 miliardi di euro.
Per l’Italia lo stimolo economico previsto è molto più contenuto e pari a circa 5-6 miliardi di euro: la questione centrale è se l’Italia possa avvantaggiarsi ugualmente di una futura ripresa internazionale, senza pagarne i costi, in termini di aumento del debito pubblico.
Ciò dipende dalla misura in cui, in assenza di stimoli, la domanda interna non compensi la diminuzione di quella internazionale, portando a una diminuzione del Pil, che secondo la Banca d’Italia potrebbe diminuire del 2% nel 2009. Di conseguenza il rapporto fra debito pubblico e Pil potrebbe aumentare al 107%, anziché diminuire.
Il problema della tenuta economica e del debito pubblico ricade quindi sulla domanda interna e gli investimenti: gli investimenti privati dipendono dalla domanda, mentre quelli pubblici sono invece il risultato di una decisione politica che potrebbe essere oggi di grande aiuto. Per quanto riguarda la domanda interna si manifesta qualche dubbio sulla efficacia della riduzione o del sostegno fiscale, perché ciò andrebbe ad aumentare il risparmio anziché il consumo: ma ciò è la conseguenza dell’aumento dell’incertezza.
Per quanto riguarda la domanda per consumi la questione centrale è infatti quella della fiducia e dell’equità, in particolare l’equità orizzontale fra le famiglie, in quanto ciò consente un maggiore moltiplicatore di spesa. A questo riguardo la manovra presenta certamente alcuni elementi di novità, ma in parte inadeguati all’obiettivo di equità orizzontale, come documentato da una recente analisi su Avvenire.
L’obiettivo dell’equità orizzontale deve poter essere funzionale a quello del recupero della fiducia da parte delle famiglie e da questo punto di visto altri provvedimenti sono altrettanto utili e necessari, in particolare gli ammortizzatori sociali che consentano alle imprese, in particolare quelle piccole e medie, di mantenere i livelli occupazionali.