Alla vigilia del Consiglio europeo di Riga, in particolare degli incontri con Merkel e Hollande, Tsipras ha ostentato ottimismo e un “accordo di reciproco vantaggio” i cui contenuti sono ancora da definire. Varoufakis è stato ancora più dettagliato: “La rottura delle trattative è fuori dal nostro orizzonte”, ha dichiarato, specificando anche che il nodo più difficile sono le pensioni. “Ci chiedono casse in pareggio con il 27% di disoccupazione”, si è lamentato il ministro delle Finanze di Atene. Né Tsipras, né Varoufakis hanno dato l’impressione di contare sull’appoggio di Renzi come mediatore o “pontiere”; si sono resi conto che nel consesso europeo il Presidente del Consiglio italiano ha problemi (da ultima gli è giunta la vera e propria “mazzata”, anche se piccola, sul reverse charge relativo all’Iva) e non è in una posizione di chiedere comprensione per altri dato che ne deve chiedere per se stesso.
A Riga la riunione del vertice europeo si è conclusa con una nuova fumata nera. Ciò non vuole dire che Atene smetta di trattare. Dato che la casse sono vuote, tra pagare con il poco che c’è stipendi agli statali e assegni ai pensionati e rimborsare i propri creditori, Governo e Parlamento preferiscono accontentare chi li ha eletti piuttosto che chi, consapevole dei rischi, ha elargito loro prestiti . Tuttavia, la strategia è molto più articolata. Scartata l’ipotesi (peraltro piuttosto fantasiosa) di emettere un “quasi-euro”, utilizzabile sono all’interno della Repubblica Ellenica.
Atene si avvierà speditamente verso una sospensione dei pagamenti del debito. Dal 5 giugno inizia infatti una sequenza infernale di versamenti che alla fine del mese ammonteranno a 1,2 miliardi. Poi, a luglio e inizio agosto altri 6 miliardi, tra Fmi, Bce e titoli di creditori nazionali in scadenza. Sono soldi che la Grecia semplicemente non ha. Il default imminente, se totale, costerà circa 4.500 euro a famiglia di quattro persone per francesi e tedeschi e attorno a 3.000 euro a famiglia italiana di pari dimensioni.
I Governi di Francia, Germania e Italia ne sono consapevoli e ciò li induce a proseguire il negoziato anche dopo l’inizio del default, il quale, naturalmente, sarà articolato sul tempo man mano che le scadenze si presentano e Atene, che, come il protagonista di una nota commedia di Edoardo De Filippo, risponde con un netto e secco Non ti pago.
Un giornalista greco, non distante da Tsipras e Varoufakis, Dimitri Deliolanes è molto esplicito a riguardo. I greci sanno che il progetto stesso di Unione europea è a un punto critico. Come indicato da IlSussidiario.net, la vittoria di Cameron in Gran Bretagna e la prospettiva stessa di un referendum britannico sui trattati Ue rafforzano la loro posizione: uno spappolamento sull’Atlantico e uno nel Mediterraneo metterebbero l’Unione in grave crisi proprio mentre i neo comunitari sono in subbuglio e l’Ucraina (nessuno ne parla, almeno in Italia) è alle soglie di un default che, bene o male, riguarda numerosi Paesi creditori della Grecia (e ai quali si prospetta, quindi, una doppia perdita).
In questo quadro, un gruppo di economisti di vari paesi europei, il “Gruppo Eiffel” (Agnes Benassy-Quere, Yves Bertoncini, Jean-Louis Bianco, Armin von Bogdandy, Henrik Enderlein, Christian Callies, Marcel Fratzscher, Clemens Fuest, Sylvie Goulard, Andre Loesekrug-Pietri, Franz Mayer, Rostane Mehdi, Daniela Schwarzer, Denis Simonneau, Maximilian Steinbeis) ha rivolto, giovedì 21 maggio, un lungo e articolato appello ai Capi di Stato e di Governo dell’Ue. L’appello si conclude con la frase: Risolvere la crisi greca è la prova definitiva di se e come il processo d’integrazione europea può funzionare e se l’Europa è in grado di raccogliere i benefici di una maggiore integrazione […]. La Grecia ha urgente bisogno di scegliere il proprio destino. L’Europa deve alla Grecia solidarietà e una prospettiva di sviluppo nell’euro […]. La sua uscita dall’unione monetaria sarebbe costosa per tutti.
L’aver riportato stralci dell’appello non indica che si è d’accordo con i suoi contenuti. Tuttavia, è un dato oggettivo che il risultato delle elezioni britanniche ha rafforzato, dal punto di vista politico, la posizione di chi intende dare una piega elastica ai trattati pur di mantenere Atene nell’euro.
In questi ultimi giorni, poi, stanno aumentando le pubblicazioni scientifiche finanziarie sui rischi di contagio in Europa (in caso di crollo della Grecia). Particolarmente importanti due di giovani economisti italiani: a) Il Safe Working Paper No,103 (ne sono autori Massimo Caporin, Luciana Pellizzon, Francesca Ravazzolo, Roberto Rigobon – le loro affiliazioni accademiche spaziano dalle Università italiane del Nord-Est, alla Norges Bank norvegese, al Massachusetts Institute of Technology); b) un saggio di Elena Perazzi dell’Università di Losanna e un lavoro di Michela Rancan, Peter Salin e Tuomas Peltoten dell’Istituto Universitario Europeo. Il tema comune è che, nonostante la sostituzione dei crediti privati con crediti sovrani per la Grecia, il sistema finanziario europeo continua a essere a rischio di forti sbalzi degli spread se la Grecia esplode.
In breve, dopo Riga, il negoziato non si è semplificato ma complicato. È verosimile che nell’immediato si opterà per una dilazione proprio per disporre di più tempo per portarlo avanti.