L’Ocse, in quel di Sydney, dice: “Going for Growth”. “Verso la crescita”, insomma, a tutto dire. Dice pure come: «Proseguire il riequilibrio della tutela del lavoro, spostandola dalla protezione del posto di lavoro a quella del reddito del lavoratore». Come? Beh, bisogna passare attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il miglioramento della rete di protezione sociale. Lì dentro sta scritta l’ipotesi di un riequilibrio tra posto di lavoro e reddito per consentire di «migliorare la produttività, in quanto favorirebbe una migliore distribuzione della forza lavoro verso utilizzi più produttivi».
Boh, non mi è del tutto chiaro. Ben più chiaro, tra le righe, si intravvede il neo-precetto: viene ribaltato l’antico principio che sia il lavoro a generare il reddito. Sì, perché quel che la crisi mostra e l’Ocse vuole contrastare sta in un maledetto garbuglio: si licenzia per ridurre la sovracapacità produttiva delle imprese; si remunera poco quel che resta del lavoro che ancora sovraproduce. Et voila: redditi insufficienti ad acquistare quanto prodotto e le sovracapacità restano intatte, anzi aumentano.
Eh già, da questo mix scellerato è nato quel processo di desertificazione industriale che ha portato, nel tempo, alla perdita di oltre 135 miliardi sui ricavi, nel giro di cinque anni. Quello che spaventa, però, non è tanto il fatto che la perdita sia stata cospicua, quanto il fatto che per riuscire a difendere i ricavi, a dispetto dei margini, il sistema industriale italiano ha registrato un cambiamento del proprio DNA: stando alle cifre di Prometeia, infatti, gli utili dell’industria italiana nel 2008 erano quasi 18 miliardi, nel 2013 si sono ridotti a poco più di 4.
Ancora eh già, quando il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa questo è il minimo che possa capitare: l’Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che, nel 2013, il reddito disponibile è stato pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988. Giust’appunto, per spezzare quel garbuglio quelli dell’ Ocse mettono in campo “il tentativo di fare azioni per rilanciare imprese e lavoro”. Intendiamoci: che questo s’abbia da fare è un conto, che lo si possa fare con un carico aggiuntivo sulla spesa pubblica credo sia difficile da sostenere. Ma c’è quel nuovo precetto, sdoganato dai Nostri, a fornire un’altra chance: sia il reddito a creare quel lavoro!
Quale reddito? Quello che il Pil mostra. Quei, pressappoco, 1500 miliardi di euro di reddito ch’eppur questa malandata economia ogni anno ancora genera. Orbene, tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera. Non è un bluff: la crescita si fa con la spesa!
Così viene generato altro reddito che serve a fare nuova spesa. Quella spesa che smaltisce quelle sovracapacità ripristinando il valore del prodotto e del lavoro che produce e, vivaddio, rimette in equilibrio il sistema.