Pd diviso dalla proposta di superare l’articolo 18. Da un lato i vicesegretari Guerini e Serracchiani che chiedono una sintesi all’interno del partito, dall’altra il presidente Orfini che reclama “modifiche importanti” criticando duramente l’emendamento al Jobs Act. La commissione Lavoro di Palazzo Madama ha approvato la delega al Lavoro, ma non si può certo dire che per il Pd sia stato un passaggio incruento. Il deputato del PdStefano Fassina è arrivato a scrivere su Twitter: “Renzi dice no a un diritto del lavoro di serie A e B. Propone che tutte le lavoratrici e i lavoratori vadano in serie C”. A stretto giro la replica tagliente del sindaco renziano di Firenze, Dario Nardella: “In merito alla riforma del lavoro penso che Fassina usi argomenti semplificati perché serve a lui nel quadro dello scontro interno del Partito democratico”.
Onorevole Fassina, che cosa risponde alle critiche di Nardella?
Gli argomenti che uso sono gli stessi che abbiamo usato in questi anni, e sono propri di chi non vuole continuare a gravare le condizioni di precarietà dei lavoratori bensì a contrastarle. Purtroppo l’emendamento del governo invece sposa la linea opposta, quella cioè delle destre europee portata avanti da Berlusconi, e che va quindi contestata.
Ha ragione quindi Sacconi a esultare e a dire che ha prevalso la linea del suo partito?
Sì, su questo ha ragione Sacconi. Sotto il governo Monti, in condizioni estremamente più difficili di quelle attuali e con lo spread a livelli molto elevati, il Pd è riuscito a fare un compromesso sul lavoro nonostante le pressioni di Bruxelles non fossero certo meno intense di oggi. Con il Jobs Act si afferma invece la linea della svalutazione del lavoro, colpendo lavoratori e precari e aggravando la recessione e la disoccupazione.
Nello specifico che cosa non le piace dell’emendamento del governo?
Avremmo dovuto introdurre un contratto a tutele crescenti che dopo tre anni consentisse di tutelare il lavoratore contro i licenziamenti ingiusti. Avevamo previsto di disboscare la giungla dei contratti precari, coprendoli con un’indennità di disoccupazione opportunamente finanziata. Invece la giungla dei contratti precari rimane e non c’è traccia di risorse aggiuntive per coprirli. L’unico intervento che si fa va a eliminare quel residuo di tutela contro i licenziamenti ingiusti.
Il ministro Poletti ha detto che ora la palla passa al Parlamento. Che cosa prevede che accadrà?
La palla passa al Parlamento, ma all’assemblea del Pd al Senato il testo dell’emendamento è stato presentato come immodificabile. La direzione è convocata dopo che il testo approda in aula al Senato, e la reputo una scelta davvero singolare. Spero vi sia la possibilità di discuterne perché il testo così non va ed è un ribaltamento rispetto alle proposte che il Pd aveva fatto a suo tempo.
In sostanza hanno ragione i sindacati? Viene “abolito” l’articolo 18?
Il problema non è soltanto l’articolo 18, ma il fatto che non si intervenga per ridimensionare il numero di forme contrattuali precarie, che per i precari non si introducano gli ammortizzatori sociali, che ci sia una generalizzazione nell’uso del voucher, che si intervenga pesantemente per quanto riguarda il demansionamento. È un insieme di interventi il cui unico obiettivo è quello di indebolire ulteriormente i lavoratori e ridurre le retribuzioni per continuare a puntare a un’impossibile competitività di costo.
Che cosa accadrà ora nel Pd? Ci sarà un confronto?
Ne discuteremo nella direzione di settimana prossima e poi certamente nel gruppo parlamentare alla Camera.
Lei che cosa ne pensa della nuova segreteria del Pd?
Un in bocca al lupo a tutti coloro che ne fanno parte. Il fatto che il segretario del partito abbia completato il suo staff non rappresenta una svolta politica, perché non abbiamo affrontato nessuno dei nodi politici di fondo. Auguro quindi buon lavoro al nuovo staff del segretario.
È davvero una segreteria unitaria come dice Renzi?
Le ripeto, è uno staff del segretario che ha scelto chi ha ritenuto opportuno coinvolgere. Non è stato quindi un passaggio di rilievo politico.
(Pietro Vernizzi)