“Il diavolo veste Merkel” è il titolo di un post pubblicato sul blog di Beppe Grillo. Dal divorzio di Tesoro e Banca d’Italia avvenuto nel 1981, che avrebbe fatto esplodere il debito pubblico, fino ai giorni nostri, il post ripercorre le principali tappe dell’euro nel nostro Paese. A Fabio Picciolini, dirigente in pensione di Banca Italia, che ha partecipato ai lavori per il passaggio all’euro, abbiamo chiesto se è ipotizzabile e cosa comporterebbe un ritorno della lira nel Bel Paese.
Grillo propone di tornare alla lira. Secondo lei, è una strada percorribile?
No, non sta in piedi. Almeno per tre motivi.
Vediamoli uno per uno.
C’è innanzitutto un aspetto formale: nessun trattato – né quello di Maastricht, né quello di Lisbona e neppure quello di Nizza – prevede formalmente l’uscita dall’euro. Sarebbe una cosa fuori da qualsiasi logica. Guardi cosa sta accadendo alla Grecia: la stanno martoriando ma non esce.
Il secondo motivo?
La riconversione in lire di tutto quello che oggi è in euro, avrebbe un costo enorme, probabilmente neppure calcolabile. Evidentemente non sto pensando solo alla stampa delle banconote, quanto al fatto che andrebbe rifatta l’intera filiera del debito pubblico, dei prezzi, dei costi: andrebbero riconvertite tutte le procedure informatiche che da 14 anni ormai sono costruite in euro. E via dicendo.
Il terzo?
È l’aspetto più importante, quello – credo – su cui punta realmente Grillo, e cioè la svalutazione del nostro debito.
Ai tempi della lira la leva della svalutazione funzionava.
Il problema è estremamente semplice: chi ha comprato i titoli di Stato, italiani o stranieri che siano, investitori o risparmiatori che siano, come potrebbe ancora fidarsi del nostro Paese?
Cosa accadrebbe?
Assieme al debito avremmo una svalutazione immediata di tutto ciò che riguarda l’Italia. Le ripeto: chi si fiderebbe più del nostro Paese? Le faccio un esempio.
Prego.
L’Argentina, che è fallita nel 2001, ancora oggi non riesce ad andare sui mercati internazionali di capitali a raccogliere prestiti. Deve rivolgersi al Giappone o a livello interno. E stiamo parlando dell’Argentina, non dell’Italia, teoricamente una delle 6-7 potenze a livello mondiale. Mi permetta di aggiungere anche un’altra cosa.
Dica pure.
Di recente si è ripreso a parlare della vendita delle nostre riserve auree: una cosa che reputo assurda. Le nostre riserve auree rappresentano una delle cose buone che l’Italia ha rispetto ad altri paesi. Molto spesso se ci salviamo è perché siamo tra i primi paesi al mondo per detenzioni d’oro, che sono una bella garanzia.
In chiusura del suo post, Beppe Grillo scrive: “Se non sarà l’Italia a reagire lo farà per lei il mercato con il suo linguaggio universale, ci sarà un prossimo rialzo degli interessi richiesti fino a rendere insostenibile il nostro debito”. Ci aspetta un altro agosto di fibrillazione come quello del 2011 con lo spread alle stelle?
Molto più di Grillo e Casaleggio mi fido di Draghi, che ha detto che ci sarà ancora un lunghissimo periodo di tassi bassi. Non mi posso fidare di chi pensa che domani ci sarà una rivolta nel nostro Paese. Chi come me ha una certa età, e le rivolte purtroppo le ha vissute, ha visto che il nostro Paese ha saputo reagire ad avversità ben peggiori.
Possiamo sperare?
Se imparassimo a fustigarci di meno e pensassimo un po’ meno a farci male da soli, probabilmente ci sarebbe uno spread più basso.