«Bisognerebbe comprarle, non prestargli dei soldi» L’opinione di Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, sulla ricapitalizzazione delle banche spagnole è fuori dagli schemi. «Invece di mettere a disposizione crediti per 100 miliardi di euro, l’Efsf (l’European Financial Stability Facility, più conosciuto come il Fondo salva Stati, ndr) dovrebbe ristrutturarle. Iniziando a eliminare le incrostazioni politiche, perché gran parte degli istituti spagnoli sono condizionati o gravitano nella sfera d’influenza dei partiti e dei vari poteri regionali. In molte delle banche spagnole, come gli istituti del credito cooperativo confluiti in Bankia, i buchi di bilancio non derivano solamente dall’aver prestato soldi alla famiglie; sono stati finanziati, ad esempio, costruttori locali che hanno realizzato impianti turistici. Andrebbe capito, anzitutto, come sono stati persi quei soldi e perché. Altrimenti prestargli dei soldi potrebbe non servire».
La vigilanza europea non basta?
Il problema è che una vera e propria vigilanza europea non c’è mai stata.
Quindi è d’accordo con Claudio Borghi che, su queste pagine, si è chiesto cosa stesse facendo l’eurosistema, invece di vigilare, quando le banche spagnole contribuivano a determinare la bolla immobiliare.
Oggi esiste l’Eba (European Banking Authority, ndr). Che, tuttavia, ha un potere puramente consultivo. Per intenderci, non può verificare i bilanci degli istituti e scoprire se ci siano buchi. Di conseguenza, il governo precedente, e in parte questo, hanno tenuto a lungo nascosta l’effettiva situazione.
Ma su questi prestiti la Germania non sembra aver posto particolari obiezioni al salvataggio.
Perché le banche tedesche e francesi vantano circa 250 miliardi di crediti nei confronti del sistema creditizio iberico e ne metteranno sul piatto molti meno.
E all’Italia quanto toccherà pagare?
Se, effettivamente, sarà adottato l’Efsf, che prevede una quota fissa nazionale, e se il finanziamento corrisponderà effettivamente a 100 miliardi complessivi (benché la Spagna ne abbia chiesti solo 40) dalle nostre tasche dovremo tirare fuori 17 miliardi. E dovremo reperirli emettendo nuovo debito. Sul quale ci toccherebbe pure pagare gli interessi.
La cifra di cui dispone il Fondo, quindi, è virtuale? Ovvero, va erogata di volta in volta?
Esatto: quel Fondo dispone potenzialmente di 700 miliardi. Ma, di fatto, non ne è ancora dotato. Solamente nel momento in cui effettua un intervento, gli Stati membri, di volta in volta, contribuiscono in base alla propria quota sul totale.
Questi soldi ci saranno restituiti?
Sì. Infatti, non vengono erogati direttamente alle banche, ma al governo spagnolo, che se ne fa carico. In caso di default, questi crediti potrebbero essere esigiti prioritariamente. Un’eventualità del tutto improbabile. Direi che l’ipotesi di fallimento spagnolo è da scartare. Almeno sul piano formale. Benché, con questa operazione, il suo debito pubblico aumenti notevolmente, rimane pur sempre uno dei più bassi d’Europa.
In ogni caso, siamo in recessione. 17 miliardi sono sostenibili per l’Italia?
Si tratta di un esborso assurdo considerando che, allo scopo di ridurre le emissioni di debito pubblico e il deficit, stiamo facendo salti mortali. Del resto, è una delle ragioni per cui lo spread è schizzato alle stelle.
Cosa intende?
I mercati temono il fatto che l’Italia debba emettere una quota di debito pubblico decisamente superiore a quella prevista.
Quali alternative ci sono?
Monti deve battere i pugni sul tavolo affinché questi soldi non entrino nel computo del rapporto debito/Pil, ma siano considerati per quello che, effettivamente, sono: una partita di giro. Non ha senso, infatti, conteggiarli nel debito pubblico. A fronte delle emissioni necessarie per finanziare il Fondo, infatti, vanteremo nei confronti dell’Ue un importo di pari ammontare.
Ieri, nella sua informativa alla Camera, Monti ha detto che se nel Consiglio europeo del 28-29 giugno sarà approvato un pacchetto credibile per la crescita, lo spread scenderà. Cosa ne pensa?
Monti parla di pacchetti per la crescita europei. Sta di fatto che, per quanto ci riguarda, del pacchetto per la crescita che sarebbe dovuto essere approvato dal Parlamento italiano non si è vista l’ombra. E che l’unico annuncio che avrebbe dato la sensazione della novità non c’è stato. Ovvero, il taglio della spesa pubblica.
(Paolo Nessi)