C’è una lettura in controluce delle nomine fatte ieri da Renzi per integrare il governo, forse non a caso a vantaggio di due personaggi politici della Campania. Il neo-sottosegretario agli Esteri Enzo Amendola, ex bersaniano oggi tiepidamente renziano, già commissario e segretario Pd campano, è tra i “premiati”. Come lo è anche il neo-sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, un ex Rifondazione confluito nell’ottobre del 2014 nel Pd, virtualmente papabile per la candidatura piddina ufficiale a Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli. Due gratificazioni non banali, queste di Amendola e Migliore. Che forse col governo e i suoi interessi c’entrano fino a un certo punto.
In queste ore si stanno facendo i giochi sulle primarie nel capoluogo partenopeo per le imminenti amministrative. E la posizione del segretario del Pd appare molto difficile. Tutte le pedine vanno giocate per recuperare posizioni. O per chiudere una serie di pendenze con i piddini napoletani che rischiano di handicappare il premier-segretario sullo scacchiere che più gli sta a cuore: il governo nazionale e le due metropoli dove pure si voterà per il sindaco, Roma e Milano.
Anche se con la rottamazione della vecchia politica e con l’Italia che cambia verso queste mosse e queste logiche non hanno molto a che vedere.
I giochi per Napoli non sono dunque ancora fatti. In pole position — ma non ancora “blindata”, a dispetto di quanto riportato dalle cronache — c’è senz’altro Valeria Valente di Rifare l’Italia, la componente Pd che fa capo al presidente del partito Matteo Orfini, già “vice” dell’ex presidente della Regione ed ex sindaco Antonio Bassolino, che ha annunciato la propria candidatura-bis alla fascia da primo cittadino. Come l’ha annunciata Luigi de Magistris, sindaco uscente, a capo di una lista di sinistra extra-Pd che dovrebbe godere dei voti grillini ma non appare avvantaggiata nei sondaggi.
La vera incognita dunque è sul nome che il Pd contrapporrà a quello, logoro ma ancora “pesante”, di Bassolino per le rituali primarie. L’ex sindaco-governatore avrebbe desiderato scendere in campo lui come candidato di bandiera piddino alle primarie del suo partito con la benedizione della segreteria, oltretutto Bassolino è stato tra i fondatori del Pd: ma il dialogo con Renzi su questa sfida non s’è mai aperto. Se Bassolino battesse la Valente alle primarie — scenario peraltro probabilissimo — la vittoria non andrebbe ascritta a Renzi. Al punto che la stessa Valente starebbe pensando di mollare, consapevole che contro Bassolino non raccoglierebbe il determinante sostegno di Gianluca Abate, maggiorente campano del Pd (ex Cgil, sinistra Pd, quasi 10mila voti a Napoli come secondo consigliere regionale eletto) né della base storica dell’elettorato piddino.
Ne consegue che se Bassolino — vinte agevolmente le primarie — dovesse prevalere su de Magistris e sul candidato indipendente di area centrodestra Gianni Lettieri, industriale, e riconquistare Palazzo San Giacomo, sarebbe per Renzi un’altra finta vittoria, un po’ come nel caso di quella ottenuta da Michele Emiliano alla Regione Puglia. Peraltro, la corsa revanchista di un de Magistris drammaticamente povero di consensi e l’invadenza di Bassolino sembrano agevolare il percorso di Gianni Lettieri, candidato di una propria lista civica in parte sostenuto da Forza Italia, che cinque anni fa vinse nettamente al primo turno, per essere poi superato al ballottaggio dalla confluenza su de Magistris dei voti piddini.
Per molti osservatori autorevoli, in realtà, Renzi avrebbe semplicemente scambiato l’appoggio della sinistra Pd a Milano e a Roma con l’abbandono al responso del caso del capoluogo campano. Da questa logica anche le due nomine napoletane al governo. Irrobustire il consenso al centro anche a costo di sacrificare qualche sfida periferica.